Gli Stati Uniti investono 200 milioni nei chip del futuro

DARPA e SRC hanno stanziato 194 milioni di dollari in cinque anni per finanziare ricerche ad alto tasso tecnologico, che potrebbero avere importanti ricadute nel settore dei computer.

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a cura di Manolo De Agostini

La DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) e il consorzio Semiconductor Research Corporation (SRC) hanno messo a disposizione di alcune università degli Stati Uniti la somma di 194 milioni di dollari, distribuiti nell'arco di cinque anni, per finanziarie ricerche su nuove tecnologie dedicate al settore microelettronico. 

La notizia è rilevante non solo perché si tratta di studi di altissimo livello, i cui risultati potrebbero avere ricadute enormi, ma anche perché è un investimento in ricerca, un tema che oggi più che mai dovrebbe essere al centro delle "agende" di ogni paese occidentale. L'impegno finanziario della DARPA è un esempio per tutta la nostra classe dirigente, che dovrebbe lavorare per trattenere in Italia i lavoratori più qualificati, finanziandone gli studi. In ogni euro "speso" potrebbe infatti nascondersi una ricaduta positiva per l'economia di proporzioni esponenziali. 

Gli Stati Uniti, culla della tecnologia, dimostrano di aver ben chiari questi concetti, e non è un caso che abbiano deciso di rilanciare con questo investimento, nonostante il periodo economico non favorevole. È in tempi di crisi che bisogna rischiare per assicurarsi il benessere dei prossimi 50 anni e ci preme sottolinearlo, specie in questo momento di "campagna elettorale". Questo per dire che i tagli indiscriminati non sono sempre la miglior ricetta per il futuro di un paese.

A godere dell'importante somma di denaro abbiamo sei istituti: l'Università dell'Illinois, quella del Michigan, l'Università del Minnesota, quella di Notre Dame, l'UCLA e l'UC Berkeley. I ricercatori avranno il compito di sviluppare impieghi pratici per tecnologie oggi sperimentali, come i nanomateriali e il quatum computing. Nell'arco dei prossimi cinque anni i sei atenei lavoreranno insieme su aree differenti.

La Notre Dame University ha competenze nello sviluppo di circuiti integrati potenti e con basse richieste energetiche dedicati al settore medico e militare. La UC Berkeley si occuperà invece di scalabilità. Trasformare città come New York o Austin in reti collegate tra loro potrebbe portare enormi vantaggi nella vita di tutti i giorni, sull'impatto ambientale e in caso di emergenza. La UCLA sta invece lavorando su chip basati su materiali in scala atomica. L'Università del Michigan ha ricercatori competenti in interconnessioni 3D e memorie basate su nuove strutture, che potrebbero lavorare con gli specialisti dell'Università dell'Illinois, impegnati sulla creazione di strutture in nanoscala. 

Infine, l'Università del Minnesota è attivamente impegnata nel settore della spintronica, la scienza che studia le strutture elettroniche e di spin dei vari materiali. In questo caso le ricadute potrebbero essere davvero importanti, in particolare per la creazione di soluzioni di archiviazione molte volte più capienti ed efficienti rispetto agli attuali hard disk.