Il chip che si ripara da solo anticipa l'avvento di Terminator

Scienziati californiani hanno realizzato un microchip capace di ripararsi da solo. Colpito con un laser, ha trovato da solo il modo di trasferire i dati usando i transistor rimasti.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

I laboratori del Caltech (California Institute of Technology) hanno sviluppato un microchip capace di autoripararsi in caso di danneggiamento. Contiene oltre 100.000 transistor che però non funzionano tutti insieme: alcuni infatti entrano in azione se quelli principali smettono di funzionare, come ha dimostrato un test nel quale il chip è stato bruciato con un laser.

L'interesse primario per una tecnologia simile sta ovviamente nel campo militare, e infatti la DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) è tra i finanziatori del progetto, che renderebbe i dispositivi più resistenti agli eventuali danni subiti sul campo di battaglia. Ma sarebbe interessante anche per l'elettronica di consumo: non ci dispiacerebbero in effetti smartphone o notebook che continuino a funzionare anche in caso di incidenti gravi, se non altro per darci il tempo di salvare i dati.

Il chip dopo il trattamento al laser

Pensando alla robotica, invece, usare chip simili avvicinerebbe le macchine alla definizione di essere vivente, perché darebbe loro la capacità di curarsi autonomamente, esattamente come accade alle forme di vita biologiche.

Quanto all'esperimento, il chip è stato colpito con un laser che ha danneggiato una parte dei circuiti, dopodiché ha trovato da solo un percorso alternativo per i dati fra i transistor rimasti e ha continuato a funzionare.

Ovviamente questo chip non è invulnerabile: se il laser colpisce dei dati "in transito" questi vanno persi, e anche il circuito dedicato alla riconfigurazione (application-specific integrated-circuit, ASIC) deve restare integro affinché si possa attivare il percorso alternativo.

L'ASIC è quindi quello che potremmo definire il "cervello" di questo chip autorigenerante, ed è interessante notare che non funziona in base ad algoritmi, ma agisce basandosi sulle risposte dei sensori interni al chip stesso. "Dici al chip che risultati vuoi ottenere e lasci che sia lui a decidere come generarli", ha spiegato Steven Bowser – uno dei ricercatori coinvolti.

Possibile applicazione di questa tecnologia

"Se un chip tradizionale si può confrontare a un circuito elettrico (rimuovendo un elemento collassa tutto il sistema) questa nuova tecnologia è più simile al cervello umano. Se un percorso diventa inaccessibile, il cervello trova nuovi modi di trasmettere l'informazione. Ovviamente si possono infliggere danni catastrofici al sistema (cervello o microchip che sia) dai quali non potrà riprendersi, ma con oltre 100.000 alternative, questi chip potrebbero mostrarsi estremamente robusti", ha spiegato Marshall Honorof su Scientific American.

"Portare questo tipo di sistema immunitario elettronico nel circuito integrato di un chip apre un mondo di possibilità" ha commentato Ali Hajimiri, professore del Caltech e firmatario della ricerca, secondo cui i chip "possono ora diagnosticare e risolvere i propri problemi senza interventi umani, facendo un passo avanti verso i circuiti indistruttibili".