Il diritto di cronaca online scade, poi censura legittima?

La Cassazione ha stabilito che il diritto di cronaca su Internet può essere soggetto a scadenza. Dopo due anni sui fatti prevale il diritto alla privacy.

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a cura di Dario D'Elia

Il diritto di cronaca, in Italia, rischia la scadenza online come i cibi deperibili. Oggi riguarda il caso di un reato contro la persona, domani potrebbe essere applicato a frodi industriali, abusi nei confronti dei consumatori e qualsiasi altro ambito degno di nota per l'opinione pubblica.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13161 del 24 giugno, ha confermato la legittimità della decisione del giudice del Tribunale di Chieti (sezione Ortona) che nel 2013 obbligò il "primo quotidiano online d'Abruzzo" – PrimadaNoi.it – a rimuovere e indennizzare un ristoratore al centro di un grave fatto di cronaca risalente al 2008.

In pratica ai tempi la testata online pubblicò un articolo riguardante i tragici accadimenti avvenuti nel ristorante abruzzese. Una storia di cronaca nera che metteva in cattiva luce il locale, considerati i protagonisti coinvolti. I tentativi di far rimuovere l'articolo dall'archivio del sito a lungo si sono scontrati con la legittima difesa del "diritto di cronaca" sostenuta dall'editore e dal direttore della testata.

censurare

Il ristoratore decise di rivolgersi al Tribunale di Ortona e il giudice gli diede ragione, poiché a suo parere a distanza di due anni e mezzo dai fatti non c'era più giustificazione per il diritto di cronaca. Il sito nel frattempo aveva già rimosso l'articolo, ma fu costretto al pagamento di un risarcimento per non essere intervenuto velocemente.

"Sembrava un caso di scuola di errore giudiziario, un macroscopico fraintendimento del diritto all’oblio, una decisione destinata ad essere cancellata dalla storia dai Giudici della Corte di Cassazione", scrive l'avvocato Guido Scorza. "Ma non è andata così".

La testata abruzzese, rivoltasi alla Cassazione con la sicurezza che il diritto di cronaca sarebbe stato salvaguardato, ha avuto un'amara sopresa. I giudici ermellini dicono nella sentenza che la portata della diffusione online "consente di ritenere che dalla data di pubblicazione fino a quella della diffida stragiudiziale sia trascorso sufficiente tempo perché perché le notizie divulgate con lo stesso potessero soddisfare gli interessi pubblici sottesi al diritto di cronaca giornalistica".

PrimadaNoi
PrimadaNoi.it

E in sintesi che "almeno dalla data di ricezione della diffida, il trattamento di quei dati non poteva più avvenire…".

Due anni e mezzo per la Cassazione sembrano rappresentare un tempo limite, oltre questa soglia dovrebbe prevalere il diritto alla privacy. "[…] chiunque, da domani potrebbe chiedere (ai quotidiani, Ndr.) non solo di disindicizzare gli articoli che lo riguardano ma di cancellarli integralmente a prescindere dalla veridicità delle notizie narrate e, addirittura, dalla circostanza che, magari, si riferiscano – come nel caso in questione – a vicende giudiziarie ancora in corso", prosegue Scorza.

"Questa sentenza invece dice che dopo un pò bisogna essere autorizzati per trattare i dati sensibili e di fatto con la deindicizzazione e la cancellazione degli articoli dal web si applica una censura", conclude il direttore responsabile della testata abruzzese, Alessandro Biancardi.

Postuma ma sempre censura è.