Io utente Google, testimonial coatto delle pubblicità online

Google trasforma gli utenti dei suoi servizi in potenziali testimonial di campagne pubblicitarie.

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a cura di Dario D'Elia

Google vuole andare oltre il buzz marketing e sperimentare campagne pubblicitarie che trasformano l'utente in protagonista. A breve su Google Plus compariranno pubblicità con nome, volto e commenti degli utenti che hanno cliccato sui "+1" correlati a servizi, marchi o altro.

In pratica di fronte al prossimo banner troveremo i nostri amici che magari hanno espresso un apprezzamento sul prodotto. Basta immaginare una campagna della Nike con le faccine di conoscenti e colleghi, oppure quella di un'auto che piace a tutti i nostri compagni di calcetto. Considerando che oggi Google Plus vanta più di 390 milioni di utenti è comprensibile il potenziale.

Lo sguardo di Google sulla nostra privacy

Il "testimonial amico" però suscita non pochi interrogativi soprattutto per quanto riguarda la privacy. Va bene che i servizi di Google sono gratuiti e sempre più sofisticati, ma qual è limite alla diffusione dei propri dati personali?

Tra venerdì e sabato milioni di utenti Google del mondo hanno scoperto che la policy sulla gestione dei dati personali è cambiata. La homepage del motore di ricerca mostrava una striscia di colore blu cliccabile che verosimilmente la maggioranza ha ignorato.

Eppure nel documento linkato si parlava dell'introduzione di nuovi termini di utilizzo dei suoi servizi che dall'11 novembre permetteranno all'azienda di usare ogni informazione degli utenti maggiorenni (nome, foto, commenti, etc.) all'interno di pubblicità online.

"Il nostro problema non è tanto sapere cosa fanno le persone, ma come fornire servizi che li sfruttino a pieno senza spaventarle", ha sottolineato un ingegnere Google che lavora nel settore ricerche.

Già, perché ormai Google raccoglie una quantità industriale di dati su di noi: "legge" le nostre mail, conosce i siti che visitiamo, ricorda le nostre ricerche, etc. È anche vero però che noi concediamo questa possibilità per usare i suoi servizi. Però non siamo comunque in una posizione di forza poiché Google detiene un vero e proprio monopolio su molte attività online. Ecco spiegato il motivo per cui la Commissione Europea si sia incaponita e non voglia mollare la presa sul caso privacy.

Norme e principi

Il colosso statunitense ha deciso di essere cauto (a modo suo) su questa novità pubblicitaria e fatto sapere che "è possibile controllare l'utilizzo del proprio nome e della propria foto del profilo tramite l'impostazione Conferme condivise". Insomma, l'opzione è attiva di default, se si vogliono cambiare le cose bisogna farlo in autonomia.

Il problema come sempre è che non tutti gli utenti sono abbastanza scafati per mettere mano alle impostazioni. Ma questo aspetto è quasi secondario rispetto alla percezione del valore della privacy. La facilità con cui tutti condividono informazioni personali sui social network lascia intendere che la sensibilità nei confronti di questo diritto sia scemata del tutto.

Le istituzioni continuano a vigilare, ma come ha spiegato il presidente dell’autorità Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, a La Repubblica le novità digitali sono più veloci dei regolamenti. Basti pensare ad esempio alla recente marcia indietro di Facebook sulle impostazioni di visibilità online.

"Intendo che il diritto degli Stati nazionali non può competere con fenomeni così veloci nel mutare, gestiti da multinazionali enormi e che riguardano miliardi di persone", sostiene Soro. Perfino l'Unione europea si trova in difficoltà. Per questo la questione è ben più ampia".

Almeno in Europa, secondo Soro, Google non potrà usare le foto degli utenti per le campagne. Però questa è un'interpretazione di chi controlla, quindi non si esclude un'altra battaglia per la legalità.

"A settembre, assieme ai miei colleghi europei, abbiamo incontrato Google per chiedere chiarimenti su tre punti: modi e chiarezza di come viene chiesto il consenso sui dati personali; durata di conservazione di questi dati che non può essere eterna; incrocio delle informazioni provenienti dai diversi servizi", conclude il presidente.

"Perché ormai con un solo profilo si accede alle mail, alle mappe satellitari, ai social network, a YouTube. Ed è ovvio che Google così in grado di avere una fotografia accuratissima delle persone. Peccato che queste ultime di fatto non lo sanno".