La sanità mentale è veramente a rischio per colpa dei Social Network ?

I social rappresentano veramente un rischio per la sanità mentale dei più giovani ? Forse sarà il caso di iniziare a prendere la questione sul serio.

Avatar di Andrea Ferrario

a cura di Andrea Ferrario

Editor in Chief

Sono ormai alcuni anni che ci si interroga su come i Social Network, e anche gli smartphone, che sono lo strumento di principale accesso e uso dei Social, stiano influenzano le menti dei più giovani. I bambini di oggi sono nati nell’era dei Social Network e, purtroppo, non è sempre semplice riuscire a capire gli effetti di qualsiasi fenomeno senza che abbia avuto il tempo di mostrare delle chiare conseguenze, richiedendo successivamente una corsa ai ripari. Non stiamo riportando tutte le notizie e gli studi che escono quotidianamente su questo argomento, in quanto ci rendiamo conto dei dubbi che possano essere correlati a queste notizie, la validità degli studi e dei sondaggi, e non vogliamo creare allarmismi ingiustificati, ma ci concediamo questo editoriale per sollevare l’attenzione, senza gridare allo scandalo.

In molti sondaggi effettuati in questi mesi, dove sono stati interrogati genitori di figli fino ai 18 anni, almeno la metà degli intervistati ha dichiarato di aver visto cambiamenti radicali nei propri figli dopo che hanno iniziato a usare i Social (Instagram, Facebook e TikTok). “I Social Network hanno l’abilità di aumentare l’ansia e la depressione nei bambini, se usati in maniera inappropriata, nonché li espongono alla possibilità di essere vittime di giudizi dolorosi e bullismo”, dichiara una pediatra psicologa del Nationwide Children Hospital.

Nell’ultimo anno il 95% dei giovanissimi usa i Social Network su base quotidiana, rileva un altro sondaggio del Pew Research Center. Tra il 1994 e il 2010 la quantità degli adolescenti che non si sentiva adeguato (secondo gli standard di bellezza e inclusione sociale dell’epoca) ha registrato una contrazione, dal 6% al 4%, certo numeri piccoli ma in trend positivo. Dal 2010 questi numeri sono raddoppiati, i giovani si sentono falliti o non soddisfatti delle loro vite. Il trend è visibile in tutto il mondo, lo studio appena citato si riferisce a numeri rilevati in un sondaggio effettuato nel Regno Unito, ma è solo uno dei tanti. Lo stesso trend si rileva oltreoceano, dove la quantità di studenti americani che hanno definito la loro vita “senza senso” aumenta costantemente. In Francia, il tasso di depressione tra i ragazzi di età compresa tra i 15 e i 24 anni è quadruplicato negli ultimi dieci anni. I segnali vanno tutti nella stessa direzione e il punto di partenza sembra essere il 2010, anno più o anno meno, quando la diffusione degli smartphone è stata massiccia e l’accesso ai social ha iniziato a essere qualcosa di normale e quotidiano.

La teoria che l’accesso ai social media, o quantomeno la possibilità di accedervi in ogni momento del giorno e della notte, sette giorni su sette, possa avere un effetto negativo sulla sanità mentale non è affatto nuova. Psicologi da tutto il mondo, come anche la professoressa di psicologia dell’Università di San Diego, Jean Twenge, autrice di molti studi su questo argomento, sostiene questa correlazione.

Se da una parte la tecnologia ha permesso a persone di tutto il mondo di accedere a possibilità impensabili solo una ventina di anni fa, o poco più, l’effetto collaterale è stata una riduzione dei contatti umani, drasticamente ridotta se confrontiamo le vecchie con le nuove generazioni. La mancanza di un contatto reale, assieme alle immagini sociali che i Social Network possono creare, ha amplificato il rischio d’influenza e il senso d’immagine distorta che si può percepire dalla società moderna, con “standard” di salute, bellezza e successo altissimi. Il rischio di stress correlato al doversi confrontare con questi standard è diventato enorme, e i più giovani, i più esposti a questo bombardamento sociale, non sempre hanno tutte le conoscenze necessarie, il supporto e il senso di giudizio tale da non farsi sopraffare.

Questo rischio sembra essere maggiormente diffuso tra le ragazze, che mediamente passano più tempo sui social rispetto ai ragazzi. Altri sostengono, dati alla mano, che passare meno tempo sui social network permette invece di migliorare le condizioni mentali, come si legge ad esempio in “The Wellfare Effects of Social Media”, uno studio di Hunt Alcott, Sarah Eichmeyer, Matthew Gentzkow e l’italiano Luca Braghieri.

Alcune piattaforme, consce di questa deriva, hanno introdotto contromisure, ad esempio TikTok ha aggiunto il limite d’uso quotidiano pari a 60 minuti per i minori di 18 anni. Molti Stati, in tutto il mondo, hanno già introdotto decreti legge e normative sul divieto d’iscrizione ai Social per i più giovani. Tuttavia è molto difficile riuscire ad applicare queste limitazioni, i giovani sono furbi, esistono modi per evitare queste restrizioni, e non esistono ancora leggi tali da impedirne veramente l’uso.

Come dovremmo comportarci ?

L’argomento è di difficile valutazione e divide le opinioni. Ogni genitore ha le proprie idee, i propri valori, e non possiamo (nemmeno sappiamo, considerando che non è qualcosa di unicamente oggettivo e condiviso) quale sia l’approccio migliore di educazione. Possiamo solo constatare, e questo è sotto gli occhi di tutti, che i Social Network oggi permettono a chiunque di auto-eleggersi a modello da seguire, senza un vero controllo. Le preoccupazioni dei genitori in era pre-Social erano principalmente la televisione, l’unico grande media, e le “amicizie”, che poteva influenzare le idee dei figli. Non ci sono dubbi sul fatto che in passato era forse più semplice, rispetto ad oggi, capire cosa potesse avere una cattiva influenza sullo sviluppo dei propri figli. Se non altro perché i rischi, che comunque ci sono sempre stati, erano circoscritti in termini di quantità rispetto ad oggi.

Non possiamo contare sul fatto che i Social Network riescano a risolvere il potenziale problema per noi. I giovani rappresentano il loro business principale, e nonostante debbano rendere conto a linee guida etiche, e anche vere e proprie leggi, cercheranno sempre di mettere meno limiti possibili, e spesso le soluzioni sono palliativi poco utili.

Dalle ragazze dai fisici perfetti che si mettono costantemente in mostra facendo sentire poco adeguate le “meno fortunate”, a chi, senza alcun tipo di formazione ed esperienza da suggerimenti di vita in qualsiasi settore, a chi ostenta ricchezza e abilità, a chi commette azioni eticamente discutibili e acquisisce successo, misurato in follower e visualizzazioni, spingendo altri a degenerare in comportamenti simili alla ricerca dello stesso successo. Non possiamo fare finta che tutto questo non esista. Non vogliamo dire che i Social siano territorio solo di elementi che potremmo considerare, in qualche modo, sbagliati, tuttavia non possiamo fare finta che non esistano. E sappiamo che non sono nemmeno pochi, e che spesso hanno un potere d'influenza di altrettanti milioni di ragazzi e ragazze invisibili, che si sentono inadeguati, perché non sono altrettanto belli, di successo o hanno meno follower.

Una classica risposta davanti alla ricerca di una soluzione per un problema di questo tipo è “educhiamo i ragazzi e i genitori”. Ma sappiamo che tutte le azioni di sensibilizzazione contro le dipendenze non hanno mai dato risultati particolarmente incoraggianti. E il problema principale è che, nonostante i Social siano in circolazione ormai da tempo, sono le nuove generazioni e i giovani di questi ultimi anni a essere maggiormente influenzati e più a rischio. Perché i risultati più gravi potremmo vederli nei prossimi anni. Sarà forse il caso di iniziare a considerarlo un vero problema ? A dare più credito agli studi che già da qualche anno hanno lanciato l’allarme ? A richiedere una vera educazione ? A limitare veramente l’uso dei Social Network ? A creare sistemi di controllo di quello che fanno gli Influencer ?

La società e i canoni di normalità dipinti sui Social non sono quelli reali con cui ognuno di noi dovrebbe confrontarsi, e su cui costruire le proprie convinzioni e desideri di vita. I social dipingono un'immagine distorta della realtà, e chi non è in grado di capirlo - capirlo veramente - è a rischio.