L'equo compenso è una tassa sulla copia pirata?

La Corte di Giustizia UE è stata molto chiara: l'equo compenso deve essere stabilito senza calcolare gli eventuali danni provocati dalla pirateria.

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a cura di Dario D'Elia

L'equo compenso non dovrebbe tener conto della pirateria. In Italia invece come ben sappiamo c'è un messaggio sotterraneo che accompagna sempre la questione della copia privata: salvaguardare i diritti dei detentori di copyright dall'illegalità.

Oggi però la Corte di Giustizia europea, intervenendo su una querelle tra ACI Adam BV, quale rappresentante di un gruppo di produttori/importatori di supporti ottici (CD, DVD, etc.), e la "SIAE" olandese (Fondazione Thuiskopie), ha rafforzato un principio importante. Ovvero che nella valutazione dell'equo compenso non si deve calcolare il potenziale danno provocato dalla pirateria.

Pirateria

Sebbene non esistano tecnologie perfette che proteggono l'industria dei contenuti dalla copia illegale, questo dettaglio non può essere una discriminante per l'intero calcolo. "La Corte sostiene che non possa essere tollerato che le legislazioni nazionali non facciano distinzione tra copie private legali e quelle realizzate tramite risorse contraffate o pirata", si legge nella nota ufficiale.  

Di fatto il sistema basato su equo compenso dovrebbe assicurare un corretto bilanciamento tra i diritti e gli interessi degli autori e quelli degli utenti.

A questo punto è auspicabile che il Ministro della Cultura Franceschini consideri l'indicazione nello stabilire le future tariffe, che come ben sappiamo potrebbero essere tutte corrette al rialzo.