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a cura di Alessandro Crea

È davvero possibile essere manipolati a nostra insaputa attraverso fake news e pubblicità costruite ad hoc sul nostro profilo, e in che misura? Lo "scandalo" Cambridge Analytica di queste settimane ha almeno un merito: aver aperto un importante spazio di riflessione sul potere del Web, dei social e dei big data. Sull'argomento sono già stati versati fiumi di inchiostro, per la maggior parte viziati in un senso o nell'altro da pregiudizi ideologici e paure millenaristiche nei confronti di tecnologie che forse non si comprendono fino in fondo.

Molte infatti sono le inesattezze propalate soprattutto dai media tradizionali, che con un po' di cinismo e ipocrisia hanno tentato di cavalcare la tigre con ricostruzioni del tutto ipotetiche e spiegazioni scientificamente indimostrabili. Si è così parlato con troppa leggerezza di "furto di dati" e di "manipolazioni dell'opinione pubblica su Brexit ed elezioni presidenziali negli USA", dipingendo Cambridge Analytica e colossi come Facebook e Google come il diavolo, come una novella banda di Inception in grado di entrare nel nostro inconscio per estorcerci informazioni e instillare in noi idee in grado di modificare il nostro giudizio sulla realtà.

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Peccato che in tutto questo si è perso di vista il contesto generale, omettendo di dire che non è solo Facebook a raccogliere i nostri dati, che si tratta di una pratica vastamente diffusa, che Cambridge Analytica è solo una delle tante aziende che promette di essere in grado di fornire profilazioni efficaci basandosi su questi dati e che nessuno li ha "rubati", semmai siamo noi che li cediamo in cambio di servizi, più o meno consapevolmente.

Ma detto questo, resta la domanda fondamentale: quanto si può davvero sapere di noi e quanto è davvero possibile influenzarci?

Psicometria e grafi, "scienze" inesatte?

Nei dati che produciamo giornalmente attraverso il nostro percorso sul Web quanto resta davvero di noi, di ciò che siamo e di ciò che pensiamo? I big data sono davvero una sfera di cristallo solo in attesa di un mago che la sappia leggere? La Psicometria, ovvero la ricostruzione dei profili attraverso l'intreccio di marketing, data analytics e psicologia, è una pratica svolta non solo da Cambridge Analytica ma da tantissime altre aziende ed ha estimatori e detrattori.

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L'unica cosa certa, come ricordato dal Wall Street Journal, è che gli stessi comitati elettorali avrebbero scartato i profili elaborati da Cambridge Analytica perché rivelatisi poco efficaci, come del resto era già emerso in un loro precedente utilizzo durante una campagna presidenziale in Africa. Anzi, cercando evidenze di un reale impiego dei dati di Cambridge Analytics, il New York Times non ha trovato nulla e CBS News ha concluso che per i Repubblicani si trattava di un semplice piano B. A dirla tutta, secondo gli stessi scienziati di Cambridge Analytica il loro volto pubblico, Alexander Nix, non comprendeva davvero il loro lavoro e vendeva ai clienti qualcosa più vicino alla "voodoo science" che alla realtà.

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Le cose cambiano, leggermente, se anziché pensare ai singoli pensiamo ai grandi numeri. Non sappiamo infatti quanto una singola idea possa influenzare un singolo individuo o quanto i dati prodotti da questo lo rispecchino fedelmente, ma la social network analysis, una scienza che esiste da ben prima dei social network, si concentra sui cosiddetti grafi, ossia ampie reti di oggetti interconnessi e sul modo in cui le informazioni, nella loro accezione più ampia, si diffondono attraverso di essi.

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A contare dunque non è il singolo ma le interconnessioni e studiando la natura dei grafi si può capire in che modo è possibile diffondere determinate idee e ottenere, statisticamente, un certo grado di manipolazione. Quanto questo sia esteso ed affidabile è però difficilmente quantificabile.

E in futuro?

Fino ad ora però abbiamo discusso del caso specifico e dello stato dell'arte di questo tipo di analisi aggiornato al 2016, ma non bisogna confondere i risultati attuali con le potenzialità e gli sviluppi futuri. L'analisi dei dati tramite algoritmi sempre più sofisticati e impiego di reti neurali e intelligenze artificiali è un campo solo agli albori e non è detto dunque che ciò che non è possibile oggi o non era possibile ieri continuerà a essere impossibile domani.

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Come spiegato da Alexander Tuzhilin, docente di sistemi informativi presso la Stern School of Business di new York, presto la terza generazione di queste tecniche sarà pronta e vedrà la convergenza di diverse discipline e tecnologie che, unite all'aumento esponenziale di dati disponibili, consentirà di affinare i risultati portandoli a livelli di precisione fino ad oggi inimmaginabili. Basti pensare al boom che conosceranno di qui a poco dispositivi IoT e assistenti digitali, sempre in ascolto (e in registrazione) e, a differenza di quanto accade sul Web, capaci di raccogliere dati all'interno del nostro privato, dove ciò che diciamo, facciamo o ascoltiamo è senz'altro più rivelatorio di un like buttato spesso a caso o senza troppa convinzione sui social.

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Il vero nodo di tutta questa vicenda dunque non è (far finta di) scandalizzarsi perché le grandi aziende raccolgono i nostri dati, li vendono a terzi o li usano per profilarci, e non è nemmeno il (maldestro?) tentativo di influenzare scelte importanti come uscire dall'Unione Europea o eleggere il presidente degli Stati Uniti.

È evidente che i risultati al momento non sono all'altezza delle aspirazioni. Il problema è che tutto ciò accada attorno a noi e che noi stessi, negli anni, abbiamo acconsentito a che tali pratiche, ma direi tale visione del mondo, prendesse piede e si diffondesse. Facebook e Google non sono (ancora) il Grande Fratello orwelliano e noi non siamo in 1984, ma continuando su questa strada potrebbe accaderci di peggio. Come nel dimenticato Dark City infatti potremmo ritrovarci un giorno in un mondo riplasmato ogni notte, un gigantesco The Truman Show di cui saremo gli inconsapevoli protagonisti.


Tom's Consiglia

Social Network Analysis è un buon punto di partenza per iniziare a comprendere implicazioni e potenzialità di questa "scienza inesatta".