Provider e file-hoster sono responsabili per la pirateria UE?

La giustizia tedesca e quella francese se si occupano di pirateria sembrano agli antipodi nella valutazione delle responsabilità per provider e file-hoster. La Commissione UE non a caso ha indetto una consultazione pubblica per occuparsi dell'argomento.

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a cura di Dario D'Elia

L'Europa sembra essere mossa da spiriti anti-pirateria contrapposti che prima o poi giungeranno allo scontro: da una parte l'intransigenza tedesca, dall'altra l'equilibrismo francese. L'Italia al momento risulta non pervenuta poiché non vanta ancora una legislazione all'avanguardia. In pratica una serie di recenti sentenze hanno confermato che in Germania si sta puntando a rendere (parzialmente) responsabili i fornitori di servizi di file hosting di ogni file pirata scambiato dai clienti. La Corte Federale tedesca la settimana scorsa ha dato ragione ad Atari su una querelle con Rapidshare riguardante "Alone in the Dark".

Dibattito UE

Nel 2008 dopo la segnalazione di una versione pirata del gioco sui server della società tedesca, come vuole la prassi è avvenuta la cancellazione di ogni file. Il problema è che l'editore si aspettava da parte di Rapidshare la caccia a ogni versione del titolo presente sulla sua piattaforma e non solo un'azione a raggio limitato. In pratica si chiedeva di attuare una sorta di filtro e analisi continua del traffico.

La Corte Federale su quest'ultimo punto ha passato la palla alla Corte di Appello per determinare eventuali negligenze e possibili soluzioni. Il giudice ha riconosciuto che Rapidshare ha rispettato le leggi e agito di conseguenza, dovrà però decidere ancora quali debbano essere le precise responsabilità dei fornitori di servizi online.

Insomma è sufficiente che un operatore agisca a richiesta oppure è giusto che prevenga anche gli eventuali abusi? In Francia la giustizia si è già espressa al riguardo: in un caso analogo che riguardava gli Internet Service Provider, la decisione è stata di lasciare all'utente finale ogni responsabilità. Per evitare rischi di conflitto con la Direttiva UE sull'e-commerce del 2000 e la normativa nazionale del 2004 sulla Digital Economiy la Corte ha stabilito che un ISP debba rimuovere i contenuti illegali su richiesta dei detentori di copyrigh, ma niente di più. Ogni ulteriore attività può essere considerata azione di "filtering" e quindi tacciata di illegalità.

La questione però in sede europea non è ancora chiusa. La Commissione Europea ha avviato infatti una consultazione pubblica sulle procedure per la notifica e la rimozione di contenuti illegali. Quando si giungerà a una sintesi tutti i paesi dovranno adeguarsi di conseguenza. Vincerà lo spirito teutonico o l'esprit francese?