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a cura di Elena Re Garbagnati

Colonizzare la Luna per arrivare a Marte. A oltre 45 anni di distanza dall'ultimo sbarco di un equipaggio sul nostro satellite può sembrare un'idea facile da mettere in pratica, ma lo è davvero? Sull'argomento hanno condiviso le loro riflessioni gli astronauti Chris Hadfield, Jeffrey Hoffman e Jim Lovell, e la risposta è che no, non è semplice, non è scontato.

Apparentemente sembra tutto logico: una base lunare permanente sulla Luna sarebbe l'ideale come deposito di carburante per le missioni nello Spazio profondo, agevolerebbe i decolli dei razzi, consentirebbe l'installazione di telescopi spaziali senza precedenti. In parole povere, renderebbe molto più facile una missione verso Marte e forse permetterebbe di risolvere misteri di lunga data sul Cosmo. Il tutto poi creerebbe un'economia florida sotto moltissimi aspetti.

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Questi sono solo alcuni dei vantaggi oggettivi e noti, che riconosce anche Chris Hadfield, l'astronauta NASA divenuto celebre per aver suonato sulla ISS Space Oddity, il capolavoro di David Bowie: "una stazione permanente sulla Luna è il prossimo passo logico, sono solo tre giorni di distanza, possiamo permetterci di sbagliare senza uccidere tutti [...] E abbiamo un sacco di cose che dobbiamo inventare e poi testare prima di poterci spingere più lontano".

Allora la domanda è: perché non l'abbiamo ancora fatto? I motivi sono molti. Il primo vero e proprio ostacolo per qualsiasi programma di volo spaziale - specialmente se si parla di una missione con equipaggio - è il costo elevato. Nel 1965, nel culmine della corsa allo Spazio, "la porzione del budget federale statunitense destinata alla NASA raggiunse il picco del 4%. Negli ultimi 40 anni è rimasta sotto all'1% e negli ultimi 15 anni addirittura allo 0,4% del budget federale" spiegò l'astronauta dell'Apollo 7 Walter Cunningham durante un intervento al Congresso nel 2015. Va da sé che "il budget della NASA è troppo basso sia per fare missioni su Marte sia per tornare sulla Luna".

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Qualcuno dirà che con Trump però è cambiato tutto: il nuovo presidente vuole un ritorno degli Stati Uniti sulla Luna, come passo concreto verso una futura esplorazione del Sistema Solare, a partire da Marte. Peccato che, come fa notare ScienceAlert, ogni volta che c'è un cambio della guardia alla presidenza degli Stati Uniti cambia tutto, il piano di Trump non è realizzabile nel suo primo mandato, e forse nemmeno nel secondo - ammesso che sarà rieletto.  

Problemi tecnici

Volare dalla Terra alla Luna è una cosa, stabilire lì una base tutt'altra. Il nostro satellite può essere una trappola mortale per gli esseri umani, e i rischi non vanno sottovalutati. Ci sono crateri e massi che possono rendere poco sicuro l'atterraggio, la polvere di Luna potrebbe essere estremamente pericolosa se inalata, quindi un conto è fare una passeggiata di un paio di giorni, altra cosa trascorrervi mesi in un habitat permanente.

Per non parlare del fatto che la temperatura sulla superficie si alterna fra +123 gradi quando è esposta direttamente ai raggi del Sole non filtrati da un'atmosfera protettiva, e -233 gradi quando non lo è. Insomma, come ha spiegato l'ingegnere aereonautico Madhu Thangavelu, "la Luna è un posto difficile e spietato in cui vivere". Resta però il fatto che la Luna è "così vicina alla Terra che non c'è posto migliore per imparare a vivere lontano dal nostro pianeta".

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Quanto ai razzi, per la Luna potrebbero essere adatti sia quelli di Boeing, sia quelli di SpaceX e Blue Origin. Il problema non è quello, è che secondo Hoffman "se vogliamo andare più lontano abbiamo bisogno di nuovi mezzi di trasporto [...] In questo momento siamo ancora nell'epoca del cavallo e della carrozza del volo spaziale".

Dalla Luna a Marte

Qui si inserisce il discorso Marte, che è ancora più complesso perché alle questioni politiche ed economiche si aggiungono quelle etiche. Hadfield ha spiegato su BusinessInsider che anche se NASA, SpaceX e Blue Origin costruiranno razzi capaci di arrivare su Marte, non è detto che saranno abbastanza sicuri, e che siano i mezzi più adatti.

Ricostruzione grafica di una tempesta solare che investe Marte  Crediti NASA

Ricostruzione grafica di una tempesta solare che investe Marte - Crediti: NASA

Il ragionamento di Hadfield è molto lineare: se avessimo voluto avremmo potuto sbarcare su Marte "decenni fa [...] la tecnologia che ci portò sulla Luna quando ero solo un bambino può portarci su Marte", e il riferimento è al lavoro di Wernher von Braun, descritto nel dettaglio dal suo libro scritto all'epoca ma ancora attualissimo. Però avere la capacità di andare non significa che sarebbe facile, sicuro, o che varrebbe il rischio della vita umana.

Questa è la questione etica: secondo l'ex astronauta "la maggior parte degli astronauti che invieremo in queste missioni non ce la farà. Morirebbero". Pessimista? No, realista, perché i rischi di un viaggio su Marte non sono molto diversi da quelli che la NASA affrontò negli anni '60 e nei primi anni '70. A quei tempi gli astronauti rischiavano la morte ogni volta, e ricordiamo che ci furono lutti scioccanti. Per non parlare dei problemi a lungo termine scoperti successivamente, come per esempio i rischi per la salute derivanti dall'esposizione alle radiazioni dello Spazio profondo. Le tecnologie che potrebbero mitigare questi problemi - come la schermatura leggera ma efficace, le capsule di ibernazione e i sistemi di supporto vitale - non esistono ancora.

Una foto scattata dopo la sciagura dell'Apollo 1

Una foto scattata dopo la sciagura dell'Apollo 1

Ecco perché Hadfield paragona il progetto di esplorare Marte ai primi viaggi oceanici via nave condotti dall'uomo, quando partivano spedizioni con centinaia di persone e ne tornavano poche decine. Il nostro problema oggi è che i razzi continuano a bruciare combustibili chimici, che "equivale a usare una barca a vela o un pedalò per cercare di circumnavigare il globo".

In quest'ottica razzi "rivoluzionari" come lo Space Launch System della NASA, il Big Falcon Rocket di SpaceX o il New Glenn di Blue Origin non sono una rivoluzione capace di cambiare le prospettive umane: "la mia ipotesi - spiega Hadfield - è che non andremo mai su Marte con i motori di nessuno di questi tre missili, a meno che non sia davvero indispensabile".

Morale: "qualcuno deve inventare qualcosa a cui non abbiamo ancora pensato"

"Forse il lavoro con l'Alpha Magnetic Spectrometer sulla ISS e con l'acceleratore di particelle del CERN ci mostrerà come possiamo sfruttare la gravità...". Se vi sembra impossibile, pensate che abbiamo capito come sfruttare l'elettricità, ai tempi questo sembrò pazzesco ma rivoluzionò la nostra vita". Alla fine torneremo sulla Luna e andremo su Marte, ma come ammette laconicamente Jim Lovell, "probabilmente non nella mia vita. Speriamo che abbiano successo".


Tom's Consiglia

Fra le tante opportunità legate al ritorno dell'uomo sulla Luna c'è il turismo spaziale. Sembra pazzesco, ma il visionario Arthur C. Clarke ci pensò molti anni fa e raccolse la sua idea nel sempre attuale libro Polvere di luna