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SHERPA, i droni al servizio del soccorso alpino

SHERPA è un progetto per la creazione di un sistema di soccorso ad alta quota composto da droni, robot ed aeromodelli in grado di coadiuvare le operazioni dei soccorritori alpini localizzando le persone disperse nella neve.

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a cura di Saverio Alloggio

Pubblicato il 02/03/2017 alle 17:46 - Aggiornato il 03/03/2017 alle 10:13

SHERPA è il primo sistema di soccorso ad alta quota che ha permesso di realizzare un apparato basato su droni, robot ed aeromodelli ad ala fissa. Il progetto è stato coordinato dall'Università di Bologna e finanziato dall'Unione Europea. Nella giornata di oggi è stato previsto il Final Review Meeting a Davos, in Svizzera.

Immagine Corpo 3 Intervista Marconi JPG
Lorenzo Marconi, Professore ordinario presso il Dipartimento di Ingegneria dell'Energia Elettrica e dell'Informazione dell'Università di Bologna

"L'idea è nata partendo da due elementi fondamentali: da una parte la crescente esigenza sociale di intervenire in maniera più efficace nei soccorsi ad alta quota, visto soprattutto l'incredibile aumento dei dispersi nell'arco alpino degli ultimi anni; dall'altra l'esigenza accademica di integrare uomo e macchina, un trend di ricerca estremamente significativo" ha spiegato a Tom's Hardware il professor Lorenzo Marconi, docente ordinario presso l'Università di Bologna e coordinatore del progetto SHERPA.

Il CAI (Club Alpino Italiano) ha diffuso numeri eloquenti in tal senso, spiegando come i dispersi per valanghe nell'arco alpino siano passati dai 1.300 del 1955 agli 8.000 del 2014. Una crescita esponenziale dovuta essenzialmente all'aumento dei frequentatori della montagna ed al surriscaldamento globale. Gli incidenti - come quello di ieri a Courmayer - sono sempre più frequenti. 

SHERPA, acronimo di Smart collaboration between Humans and ground-aErial Robots for imProving rescuing activities in Alpine environments, è stato dunque concepito con l'obiettivo di raggiungere i luoghi oggetto di slavine in pochi minuti e localizzare i dispersi travolti dalla neve, il tutto grazie all'ausilio di macchine denominate come animali: falchi (aeromodelli), asini intelligenti (rover) e vespe (droni).

Caratteristiche tecniche

Immagine corpo 1 intervista
Il drone quadricottero

Il drone quadricottero è stato costruito ex-novo su specifiche del progetto SHERPA. Ha un peso di poco inferiore ai 2 Kg a pieno carico con batterie e strumentazione. Dimensioni del telato di 300 mm in larghezza e 540 mm in lunghezza, corpo in carbonio con particolari in PVC, motorizzazione brushless, batterie LiPo. Velocità massima tra i 70 e gli 80 Km/h.

Il rover ha dimensioni di 900 mm in larghezza e 1000 mm in lunghezza, per un peso di 50 Kg ed una velocità massima di 5 Km/h. L'aeromodello è stato invece pensato in due varianti: una con apertura alare di 2 m e peso di 3 Kg, l'altra con apertura alare di 6 m e peso di 7 Kg, la cui scelta è dettata dalle condizioni atmosferiche. In entrambi i casi la velocità massima è di 35 Km/h.

Immagine corpo 2 intervista
Il rover

"Sono previste interfacce di comando remoto in stile joypad, ma nell'ambito del progetto tali piattaforme sono completamente autonome e possono solamente ricevere input di alto livello da parte del soccorritore, che noi chiamiamo busy genius, del tipo: raggiungi un punto e scatta una fotografia" ha spiegato il professor Marconi.

Funzionamento

Gli aeromodelli eseguono il primo screening della zona colpita, i rover trasportano su terra i droni in grado di fotografare le aree colpite, riportare dati utili anche in condizioni avverse grazie alle telecamere ad infrarossi e registrare i segnali radio ARVA, cioè gli impulsi del segnalatore che ogni scalatore o sciatore esperto porta con sé.

"Abbiamo pensato ad un vero e proprio sistema di intelligenza artificiale basato su una scala gerarchica tra l'uomo e la macchina. SHERPA è in grado di capire automaticamente lo stato del soccorritore. Se quest'ultimo è impegnato, i robot agiscono in maniera autonoma raccogliendo informazioni utili a semplificare il lavoro dell'operatore, viceversa le macchine sono completamente al servizio del soccorritore" ha proseguito il professor Marconi.

Autonomia e condizioni climatiche

SHERPA ha risolto le due grandi criticità presenti nei droni del mercato consumer, ovvero l'autonomia e l'effettiva funzionalità in condizioni atmosferiche estreme. La struttura dei robot è stata realizzata sulla base dei dati storici raccolti dal soccorso alpino in merito a temperature e venti tipici degli scenari montuosi di alta quota.

In particolare, il drone è stato progettato per operare in presenza di pioggia moderata e neve, con temperature fino ai -20°C e vento fino a 15 m/s. Sono stati effettuati test sul campo in presenza di neve, vento a raffiche e temperature di -15°C. L'aeromodello è stato derivato da un aliante, con specifiche e limitazioni di utilizzo legate alla particolare conformazione aerodinamica. Il rover è stato concepito invece per operare in presenza di pioggia ed utilizzato principalmente per lo scenario estivo.

"Contrariamente a quanto si possa pensare, numericamente i dispersi durante la stagione estiva sono nettamente superiori rispetto a quelli della stagione invernale che però, inevitabilmente, hanno un riscontro mediatico superiore" ha precisato il professor Marconi.

Per quanto riguarda l'autonomia, le macchine si assestano sui 20 minuti con temperature invernali, una tempistica tarata in base ai parametri effettivi di sopravvivenza di una persona sepolta dalla neve. In ogni caso, il rover è stato equipaggiato per trasportare batterie sostitutive per i droni, potendole persino sostituire autonomamente grazie alla presenza di un braccio meccanico.

Immagine corpo 4 intervista
Il team di giovani ricercatori

Le macchine che compongono il sistema SHERPA sono comunque in grado di lavorare in solitaria, senza che ci sia necessariamente la cooperazione dei tre animali. In tal senso, il drone è senza dubbio l'elemento il cui sviluppo è nello stadio più avanzato, e contiamo di poterlo fornire concretamente nei prossimi mesi al soccorso alpino".

A fare la differenza è comunque la parte software, che è stata realizzata da giovanissimi ricercatori europei coordinati dal DEI (Dipartimento di Ingegneria dell'Energia Elettrica e dell'informazione) dell'Università di Bologna, per una ricerca durata ben 4 anni, che ha visto coinvolte anche una serie di realtà didattiche ed aziendali: l'Eth di Zurigo, l'Università di Leuven in Belgio, l'Università di Napoli Federico II, l'Università di Linkopings in Svezia, l'Università di Twente in Svizzera, l'Università di Bremen in Germania, quindi due aziende (la Bluebotics di Losanna, specializzata in robotica, e l'Asla Tech di Bologna, specializzata in droni) e il Club Alpino Italiano.

Il passo successivo sarà quello di integrare SHERPA nei corpi operativi del soccorso alpino, che dovranno inevitabilmente essere addestrati ad operare all'interno di questa scala gerarchica. La speranza è di poter vedere operativo il progetto quanto prima, visti anche i recenti accadimenti seguiti al sisma del Centro Italia.

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