Telecom Italia ancora vittima delle SIM fantasma

La Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati almeno 99 persone, di cui 14 dipendenti Telecom Italia. Si tratta della coda dello scandalo SIM fantasma che colpì TIM nel 2010. L'AD Pautano è indagato in qualità di rappresentante legale - ai tempi non aveva responsabilità.

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a cura di Dario D'Elia

Telecom Italia è nuovamente indagata per lo scandalo delle SIM fantasma che esplose nel 2010: la Procura di Milano ha recapitato un avviso di garanzia all'amministratore delegato Marco Patuano. L'azienda, come nel 2008, ha precisato di essere parte offesa nella vicenda. Prova ne sia che dall'avvio delle indagini i 14 dipendenti (nessuno dei quali dirigente) "che risultavano all'epoca coinvolti e che risultano oggetto dell'attuale procedimento giudiziario" erano stati immediatamente sospesi. Per quanto riguarda Patuano è coinvolto esclusivamente in qualità di rappresentate legale - all'epoca non aveva alcuna responsabilità diretta.

La vicenda è complessa, ma il tema è sempre quello delle cosiddette SIM fantasma. Ovvero sim-card intestate irregolarmente che hanno consentito a migliaia di rivenditori TIM di ricevere premi produzione tra il 2007 e il 2008. Ovviamente da allora, anche a seguito della multa del Garante sono state create procedure per eliminare il fenomeno e giungere alla bonifica delle sim-card irregolari.

SIM card

Il problema è che il fenomeno ha riguardato circa 5,5 milioni di SIM e attirato lo sguardo di almeno 26 Procure in tutta Italia considerati anche gli effetti generati nel mercato nero. Secondo gli inquirenti non solo ne avrebbe approfittato la malavita ma anche pirati informatici per portare a compimento cyber-attacchi e truffe.

Ieri sono finite negli iscritti degli indagati almeno 99 persone, di cui 14 dipendenti Telecom Italia. Secondo i PM di Milano Massimiliano Carducci e Francesco Cajani la società avrebbe tratto un ingiusto profitto nel 2008 di circa 231 milioni di euro, in violazione della legge 231 che fa riferimento alla responsabilità di impresa. Sotto accusa sopratutto il cosiddetto "canale etnico", ovvero il ramo che curava le vendite nei centri per chiamate internazionali e intercontinentali.

La Procura ha ricostruito il meccanismo: in pratica gli indagati intestavano le schede a persone inesistenti (grazie alla falsificazione di documenti) o a persone ignare per ottenere incentivi. I rivenditori poi le vendevano a prezzi gonfiati a chi aveva interesse a rimanere "fantasma". Telecom si è dichiarata all'oscuro del meccanismo. I PM hanno comunque sottolineato che questo ha consentito all'azienda di incrementare la share di mercato e ottenere ricavi dal traffico fantasma. 

Due i presunti profili di reato: la mancata adozione di un modello di gestione adeguato per evitare la commissione di reati da parte dei dirigenti del canale etnico e la mancanza di vigilanza sui sottoposti (gli 11 indagati, appunto).

Telecom Italia ha già confermato che "si costituirà parte civile nei confronti di tutti gli imputati".