Telecom Italia e gli altri incumbent vogliono tassare Google

ETNO, l'associazione che raccoglie gli ex monopolisti TLC come Telecom Italia e Deutsche Telekom, ha proposto la tassazione dei service provider che generano alto traffico.

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a cura di Dario D'Elia

Gli operatori TLC europei, rappresentati dall'associazione ETNO, vorrebbero che i service provider come ad esempio Google o Apple pagassero una tassa per il traffico dati generato. La proposta è giunta ufficialmente negli uffici dell'International Telecommunications Union (ITU), l'agenzia dell'ONU che si occupa di definire gli standard nelle telecomunicazioni e nel mobile wireless. La decisione finale sull'argomento spetterà ai governi nazionali che parteciperanno alla World Conference on International Telecommunications di Dubai - organizzata per dicembre. L'European Telecommunications Network Operators Association non potrà votare ma avrà diritto di esprimersi e far pesare le proprie posizioni.

Attualmente le interconnessioni fra i vari network internazionali non prevedono alcun pagamento ma con il modello di business basato su "sending party network pays" (SPNP) il settore potrebbe essere investito da una rivoluzione. Di fatto si sta parlando di tassare i content provider responsabili di generare un altissimo livello di traffico dati. Si pensi ad esempio a YouTube oppure iTunes. La coincidenza vuole che siano poi tutti statunitensi.

Una bella fetta di torta

Il motivo di tutto questo è semplice: le Telco hanno bisogno di individuare nuovi fronti di reddito perché non riescono a coprire adeguatamente i costi infrastrutturali con i ricavi provenienti dai servizi consumer. La transizione alle reti IP per traffico voce, dati e video è sempre più costosa: l'unica via di uscita per i vecchi monopolisti TLC è quella di spremere i colossi d'oltreoceano.

Il discorso è quello di sempre: gli idraulici che si occupano delle tubature vogliono guadagnare qualcosa dall'acqua trasportata. Anche perché all'aumentare della domanda sono costretti e mettere mano al portafoglio per migliorare le infrastrutture. La teoria non è proprio folle, ma un po' garibaldina. Come ha spiegato l'ONG Internet Society, che si batte per promuovere una Rete aperta a favore della popolazione mondiale, il modello SPNC è pericoloso. "Mette a rischio la diversità e la competizione del mercato dei servizi di comunicazione che hanno favorito per primi la crescita dell'Internet commerciale", si legge nel documento di critica firmato dall'ISOC.

Sotto il profilo tecnico poi si pone la questione dell'analisi del traffico poiché i pacchetti dati di un'unica trasmissione possono provenire contemporaneamente da sorgenti diverse. L'unica soluzione sarebbe quella di obbligare i service provider a canalizzare univocamente. In secondo luogo nei paesi emergenti le tasse cannibalizzeremo i pochi ricavi.

Insomma, il progetto ETNO fa un po' acqua. E giocando un po' con i paralleli idraulici viene da pensare che nessuno si sia preoccupato di analizzare la qualità dei network. Gli operatori come Telecom Italia e Deutsche Telekom dimenticano che i servizi a cui si deve il successo della Rete - e quindi alimentato la domanda di contratti di fornitura - operano in un mercato competitivo che bada alla qualità. Un provider, ancor di più ex-monopolista, può infischiarsene della qualità del servizio che offre perché di fatto il consumatore finale non ha alternative. E certamente non può sperare, almeno in Italia, nell'aiuto delle Authority.

Anche l'esperto IT Stefano Quintarelli ha espresso qualche perplessità sull'iniziativa, citando lo studio della società di consulenza tedesca WIK "Revising the ITRs: A European policy perspective". Ebbene non la proposta dovrebbe essere bocciata. In pratica nel documento si sostiene che bisognerebbe lasciar fare ai meccanismi di mercato a meno che non si rilevino pericoli imminenti.

A beneficiarne sarebbero solo i grandi operatori resti alle spese dei piccoli e dei content provider. "Sfortunatamente considerato l'impatto negativo sulla competizione, i benefici per le reti che ricevono traffico non fluirebbero completamente verso gli utenti finali che ricevono i dati", si legge nel rapporto. "L'aumento dei costi di transazione per implementare il nuovo sistema tenderebbe a degradare ulteriormente il benessere sociale".

E poi chi ha detto che l'aumento dei ricavi generato dagli ISP si trasformi automaticamente in investimento per le reti?