Uber è illegale per i taxisti, ma la Giustizia non sente

Sabato i taxisti hanno interrotto la presentazione di Uber durante il Wired Next Fest 2014, mentre domenica sono andati in sciopero. Tom's Hardware ha sentito Francesco Artusa, Presidente FAI Trasporto Persone, per comprendere le ragioni della protesta.

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a cura di Dario D'Elia

Uber, il servizio 2.0 di auto a noleggio con conducente, è diventato il nemico numero uno dei taxisti milanesi (e non solo). Pare che le sue attività siano totalmente illegali. "Pare" è il termine più adatto perché fino ad oggi non si è vista ancora una denuncia o un esposto. Eppure i taxisti si sentono paladini della giustizia: sabato hanno bloccato la presentazione di Uber durante il Wired Next Fest 2014 e domenica hanno indetto uno sciopero non programmato.

"La seconda età delle macchine porta progresso e miglioramento, ma ha in sé anche squilibri, contrasti, sofferenza. È la storia del mondo. Ma se vince la paura, non c’è spazio per nient'altro", scrive il direttore di Wired, Massimo Russo.

La protesta dei taxisti

"Non possiamo chiudere l’applicazione, serve un meccanismo per regolare e capire chi rispetta o meno le regole. Il Comune darà sanzioni, come ha sempre fatto, ai singoli conducenti", ha dichiarato dal palco l'assessore ai trasporti Pierfrancesco Maran. In pratica i taxisti danno per scontato qualcosa che le stesse istituzioni hanno difficoltà a maneggiare. Il Ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, comunque incontrerà i sindacati mercoledì 21 maggio.

Tom's Hardware ha sentito Francesco Artusa, Presidente FAI Trasporto Persone (Associazione di Categoria NCC). Ovviamente a sua parere soprattutto il ride-sharing di Uber, l'ultimo servizio sbarcato a Milano che consente corse low-cost con auto di privati cittadini, è illegale.

"L'ha dichiarata illegale mezzo mondo, non solo il Belgio ma anche Svezia, Francia, Cina, presto Spagna. Perfino negli States uno alla volta arrivano gli stop di Arizona, California, Florida e via via", ci ha detto Artusa.

"Perché? Perché le assicurazioni non pagano, come nel caso della morte di un nonno e nipotina la notte di capodanno. Perché non ci sono garanzie per gli utenti contro stalking o stupri o aggressioni (tutto già successo) e perché in fondo è semplice: per fare il tassista serve un taxi. Serve una autorità che certifichi le credenziali e non un privato che si oppone ai controlli".

Qualche momento di tensione

In linea di massima il rappresentante di categoria ha ragione, ma è anche vero che si riferisce a molteplici Paesi, svariati regolamenti e servizi differenti.

"Quella di UberPop è (o almeno auspicano sia così) una flotta di tassisti abusivi. Gli automobilisti non hanno un posto libero in auto, ne hanno quattro. Sostano in giro per Milano in attesa che il passeggero li chiami, vanno a prenderlo e lo portano dove vuole lui per una tariffa calcolata con un tassametro digitale", prosegue Artusa. Non sarebbe un "facilitatore" per far incontrare domanda e offerta.

"Approva chi può e chi no, concede un iPhone allo scopo in comodato o su cauzione, fissa le tariffe, sposta le macchine a seconda della probabile domanda o della concentrazione (se vedono dalla "centrale operativa" che sono troppo vicine, li chiamano suggerendo, ordinando, di spostarsi), versa incentivi per tot numero di servizi effettuati (400 euro per 25 servizi in un weekend), incassa il lordo dei pagamenti che trattiene per una settimana (milioni di cash flow ogni settimana) e infine paga gli autisti dedotto il 20%. Se questo è un facilitatore mi chiedo cosa debba fare un capo".

Anche sul fronte fiscale vi sarebbero non poche magagne.

"Il confronto è tra un lavoratore autonomo che paga tasse e un privato cittadino che non le paga. Solo la mia assicurazione costa il 150% in più di quella di un privato a parità di classe. L'individuo non condivide un bel nulla. L'auto è sua e fa l'autista. Si rende conto che oltre a mettere delle persone nelle mani di sconosciuti (il killer toscano, fino a ieri era incensurato) questi mettono a rischio addirittura di galera chi cade in questa menzogna? Dicono di pagare con le tabelle Aci per i rimborsi spesa, peccato che l'ACI abbia tabelle chilometriche e non al minuto"

"Inoltre, un rimborso spesa è per tecnica e per logica legato ad una attività. Se il suo giornale la manda in giro con la sua auto per un articolo, le passerà lo stipendio E il rimborso spese. Conosce qualcuno che viene pagato con rimborsi spese? Gli stagisti svolgono prestazioni gratuite. Non mi pare ci sia alcuno stage in essere fatto da Uber. Quindi quando questi signori percepiscono il salario sotto forma di rimborso spese compiono una frode fiscale che è un reato penale. Non pensa sia il caso di tutelare chi legge i suoi articoli o non è compito dell'informazione?".

Uber

In questo caso Artusa chiama in causa anche noi, però sembra che non gli sia chiaro che la tutela di cui parla riguarda la giustizia e le istituzioni. Il nostro compito è riportare i fatti cercando di interpretare al meglio la realtà. Se a distanza di quasi un anno dallo sbarco di Uber a Milano non si registra ancora una denuncia, una procedura di infrazione o altro è evidente che qualcuno non la racconta giusta. Al momento la giustizia ordinaria si sta occupando solo delle denunce contro ignoti depositate da alcuni autisti Uber, vittime di aggressioni.

Francesco Artusa comunque ne ha anche per Benedetta Arese Lucini, general manager di Uber Italia. A suo parere dice falsità sui servizi. "Il codice della Strada individua il trasporto dietro corrispettivo come esclusiva dei soggetti muniti di autorizzazione e patente superiore. La Cassazione ha stabilito che per il trasporto di cortesia (quello gratis) è necessario il requisito della amicizia o altro nobile sentimento. Difficile che io paghi 50 centesimi ad un amico per darmi un passaggio, non trova? Il Comune li ha definiti irresponsabili, ma tanto finché i media riportano le sue balle senza verifiche la Signora continuerà a dirle", prosegue il rappresentante NCC.

E ancora ricorda Artusa, come se fosse la stampa a dover essere garante della giustizia e della legalità dei servizi.

In tutto questo grande calderone abbiamo capito due cose. La prima è che i taxisti non hanno fiducia nelle istituzioni e nella giustizia ordinaria, quindi si affidano a proteste eclatanti e comunicazioni pubbliche. La seconda è che il mercato dei taxisti e NCC è difficile da maneggiare: si gioca tutto sul filo del rispetto delle regole e della tolleranza di vecchie prassi ormai consolidate.