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a cura di Andrea Pomes

Il 1925 è la prima pietra miliare della transizione

Sia Alvis in Inghilterra, che Miller negli Stati Uniti, presentano una vettura a trazione anteriore con diversi punti in comune oltre l’anno di presentazione.

Entrambe le vetture debuttano in una competizione, l’Alvis 12/50 alla cronoscalata di Kop Hill e la Miller JuniorEight alla Indianapolis 500 ed entrambe arriveranno seconde. Inoltre le vetture sono simili nella scelta tecnica con la quale hanno ottenuto la trazione anteriore.

Rispetto al “Systéme Panhard”, ruotano il motore di 180° montando il gruppo trasmissione subito dopo, senza l'ausilio dell'albero di trasmissione. Grazie a questa assenza possono abbassare il corpo della vettura e il posto di guida sul telaio a longheroni.

Finite queste similitudini iniziali, i destini delle due vetture sono molto diversi.

Partiamo dagli Stati Uniti d'America

Harold Arminius Miller è un costruttore di enorme prestigio. Anche se probabilmente non lo avrete mai sentito nominare, è la firma dietro all’83% delle auto qualificate ad Indianapolis tra il 1922 e il 1928.

Le vittorie dell’innovativa vettura da corsa a trazione anteriore lo mettono in luce agli occhi di qualcuno che ha un’idea precisa di come mettere a frutto questa nuova tecnologia: Errett Lobban Cord.

Cord è a capo di una vasta pletora di società nel campo automobilistico e non. Il tycoon vuole colmare il vuoto che c'è tra le esclusive Duesenberg e le più popolari Auburn, con un nuovo marchio il cui stendardo sarà l’innovazione. Chiama Miller, insieme al costruttore rivale Cornelius Van Ranst, e riesce a farli lavorare assieme per progettare una vettura che incarni il massimo dell’avanguardia tecnologica. La Cord L-29.

(Cord non sarà ricordato per la fantasia nel dare i nomi alle auto.)

Presentata al pubblico nel 1929, la vettura viene costruita alla Auburn e motorizzata dalla Lycoming e, oltre a riprendere il cognome del tycoon, riprende anche la stessa soluzione adottata da Miller sulle sue vetture da corsa. Il motore è ruotato di 180° con cambio e differenziale subito davanti ad esso.

La vettura è bassa, filante e desiderabile, ma è lenta, poco affidabile e l’incombente crisi economica ne affossa definitivamente il successo commerciale.

Cord ritenterà la fortuna con la stessa formula nel 1936 con il modello 810/812, ma anche questo lascia il segno più per il suo stile inconfondibile che per il suo successo.

In Inghilterra la Alvis, dopo la buona performance alla gara d’esordio, è falcidiata da prestazioni sottotono. Il team guidato da George Thomas Smith-Clarke e William Dunn sarà costantemente in lotta contro il tempo per mettere a punto le auto da corsa per le varie competizioni. Nonostante le fatiche, i ritiri saranno più frequenti di quanto il marchio si meritasse, al punto che nel 1927 la Alvis decide di abbandonare completamente la produzione di auto da corsa per concentrarsi nelle corse delle vetture sportive.

Anche se a un occhio inesperto le differenze estetiche tra un'auto da corsa e una vettura sportiva degli anni '20 potrebbero passare inosservate, la differenza di fondo è la possibilità di poter proporre al pubblico gli stessi modelli di auto usate nelle competizioni e questa sembra essere un'ottima strategia per tenere in attivo i conti e adesso l’Alvis ne ha un disperato bisogno.

Nel 1928 si presentano a Le Mans con due 12/50 a trazione anteriore che arrivano prima e seconda nella categoria, in una gara corsa finalmente senza problemi.

La stessa vettura è subito pronta per essere acquistata dagli appassionati ma, nonostante sia l’auto di gran lunga più venduta della compagnia, non basta per tenere a galla le finanze. Nel 1930 la Alvis si ritira dalle corse e le 12/50 e 12/75 a trazione anteriore scompaiono anche dal listino.

(Rispetto alla soluzione di Miller, qui i semi-assi motrici sono subito dopo il cambio e non all'estremità anteriore della vettura)

[...continua.]