Aravind Srinivas, CEO di Perplexity, l'azienda che si propone come alternativa nativa AI a Google, ha lanciato un appello provocatorio: smettere di perdere tempo scorrendo infiniti feed sui social media e iniziare invece ad apprendere l'uso dell'AI. Secondo il dirigente, questa trasformazione non è solo consigliabile, ma diventerà presto una necessità per la sopravvivenza professionale.
La nuova alfabetizzazione digitale
Durante un episodio del podcast di Matthew Berman, Srinivas ha delineato uno scenario in cui l'abilità nell'uso dell'AI diventerà determinante per l'occupabilità futura. "Le persone che sanno sfruttare l'AI saranno molto più appetibili sul mercato del lavoro rispetto a quelle che non lo sanno fare", ha affermato senza mezzi termini. La sua raccomandazione è chiara: dedicare meno tempo al "doom-scrolling" su Instagram e concentrarsi invece sull'apprendimento degli strumenti di intelligenza artificiale.
Il CEO ha sottolineato come questa non sia una questione di promozione aziendale, ma piuttosto una strategia per aggiungere valore alla nuova società che si sta formando. Jesse Dwyer, responsabile comunicazioni di Perplexity, ha aggiunto una prospettiva complementare: "La storia dimostra ripetutamente che le persone di maggior successo non sono quelle con più conoscenze, ma quelle con più domande".
Il dilemma dell'adattamento tecnologico
Tuttavia, Srinivas riconosce che l'umanità sta affrontando una sfida senza precedenti. "La razza umana non è mai stata particolarmente veloce nell'adattarsi", ha osservato, evidenziando come questa situazione stia testando i limiti della capacità di adattamento umano. La velocità di evoluzione dell'AI, che si rinnova ogni tre-sei mesi, crea un ritmo di cambiamento che molte persone faticano a sostenere.
Questa pressione costante porta inevitabilmente alcune persone a rinunciare del tutto, creando un divario sempre più ampio tra chi riesce a tenere il passo e chi resta indietro. Il CEO di Perplexity prevede che alcuni lavori andranno perduti proprio a causa di questa incapacità di adattamento, ma vede anche opportunità di rinascita attraverso l'imprenditorialità.
Visioni contrastanti sul futuro del lavoro
Il dibattito tra i leader tecnologici rivela prospettive diverse sull'impatto dell'AI sul mercato del lavoro. Dario Amodei, CEO di Anthropic, ha dipinto uno scenario più cupo, predicendo che l'AI potrebbe eliminare il 50% dei lavori d'ufficio di primo livello entro cinque anni. Secondo Amodei, settori come tecnologia, finanza, diritto e consulenza sono particolarmente a rischio, e sia le aziende AI che i governi stanno "minimizzando" i rischi di eliminazione di massa dei posti di lavoro.
Geoffrey Hinton, soprannominato il "Padrino dell'AI", ha espresso preoccupazioni simili, affermando che per il lavoro intellettuale di routine, l'AI sostituirà semplicemente tutti. Le sue raccomandazioni professionali sono drastiche: evitare lavori in call center o come paralegale, e considerare invece professioni come l'idraulico, ancora relativamente al sicuro dall'automazione.
L'ottimismo tecnologico di altri leader
Non tutti condividono questa visione apocalittica. Jensen Huang di Nvidia offre una prospettiva più equilibrata, sostenendo che l'AI non eliminerà i lavori ma li trasformerà radicalmente. "Sono sicuro al 100% che il lavoro di tutti cambierà", ha dichiarato, aggiungendo che mentre alcuni posti andranno perduti, molti altri ne verranno creati. La sua speranza è che i guadagni di produttività derivanti dall'AI possano elevare l'intera società.
Demis Hassabis, cofondatore di Google DeepMind, ha adottato un approccio simile, prevedendo che l'AI creerà "lavori molto preziosi" e potenzierà le persone tecnicamente esperte che sapranno sfruttare queste tecnologie. Questa visione suggerisce che il futuro apparterrà a chi saprà integrare l'intelligenza artificiale nel proprio lavoro quotidiano.
La proposta di Srinivas di sostituire il tempo speso sui social media con l'apprendimento dell'AI riflette una realtà in cui l'adattamento tecnologico diventa una questione di sopravvivenza professionale. La sfida per individui e società sarà trovare il giusto equilibrio tra l'abbracciare l'innovazione e gestire le inevitabili disruzioni che comporta.