I lavoratori sono più contenti se il campo è una persona competente, ed è quindi preferibile promuovere internamente piuttosto che assumere da fuori.
Potrebbe sembrare un'ovvietà ma negli ultimi anni si è fatto molto per determinare anche i dettagli delle relazioni lavorative. E non bisogna dimenticare il Principio di Peter, secondo cui ci sono ragioni molto concrete che ci portano ad avere "capi incompetenti". Quello stesso principio, però, ci dice che promuovendo internamente prima o poi si va incontro proprio al problema della competenza.
Un'analisi di diversi studi sul lavoro evidenzia un fattore cruciale per la soddisfazione dei dipendenti: la competenza del proprio manager. La ricerca, pubblicata sull' Industrial and Labor Relations Review, indica che i leader in grado di svolgere operativamente il lavoro dei loro team e di supportarne lo sviluppo, generano il più alto impatto positivo sul benessere in azienda.
Anche questa è un'esperienza nota a molti: ci si sente più a proprio agio con un capo che, volendo, sarebbe in grado di fare il tuo lavoro.
Allo stesso tempo però c'è un'altra visione, piuttosto comune e di direzione contraria: quella secondo cui un "grande leader" può fare un buon lavoro a prescindere dalle sue competenze specifiche. Come se le capacità di leadership fossero una specie di super potere indipendente da tutto il resto. La preferenza per la competenza tecnica e la conoscenza dell'ambiente aziendale, invece, sembra essere un fattore di stabilità e fiducia, con implicazioni dirette sulla produttività e sulla retention dei talenti.
Il primato della crescita interna
I dati supportano con forza la promozione interna. Uno studio di Joblist ha rilevato che quasi il 70% dei lavoratori preferisce essere gestito da un veterano aziendale "che ha fatto la gavetta" piuttosto che da un talento esterno, anche se "comprovato".
Le conseguenze di una scelta esterna non sono banali. Lo stesso studio indica che il 35% dei dipendenti ha considerato di licenziarsi quando è stato scavalcato per una posizione manageriale da qualcuno proveniente dall'esterno. Questo dato evidenzia come la percezione di equità nei processi di crescita interna sia legata a doppio filo alla lealtà.
I benefici di questa strategia sono tangibili. I team guidati da manager promossi internamente riportano maggiore produttività, lealtà e una relazione migliore con il proprio capo. Gli stessi manager interni, d'altro canto, si sentono più supportati e rispettati dai loro team, che tendono a descrivere come ad alte prestazioni.
Quando l'assunzione esterna ha senso (e quando è un bias)
L'assunzione esterna non è intrinsecamente sbagliata, ma dovrebbe essere l'eccezione. Ha senso quando un dipendente essenziale con competenze specifiche e non replicabili internamente lascia l'azienda. In alternativa, può essere una leva strategica se l'obiettivo è modificare radicalmente una cultura aziendale tossica o stagnante.
Troppo spesso, però, la preferenza per il "sangue fresco" è un riflesso condizionato, forse legato agli stessi bias cognitivi che influenzano la leadership. A volte si pensa che le persone interne "non sarebbero capaci", o si teme di creare dissapori tra il personale esistente. Riconoscere questi pregiudizi è il primo passo per prendere decisioni strategiche migliori, specialmente nell'HR.
Se la cultura aziendale è ciò che i dipendenti fanno quotidianamente, introdurre figure esterne che incarnano i valori desiderati può innescare un cambiamento. Altrimenti, il rischio è quello di destabilizzare un equilibrio funzionante.
L'impatto sul business
Un sondaggio su oltre 400.000 lavoratori negli Stati Uniti ha rivelato che dove i dipendenti percepiscono i processi di promozione come efficaci e equi, la probabilità che offrano uno sforzo extra raddoppia.
Questi dipendenti sono anche cinque volte più propensi a credere che i loro leader agiscano con integrità, un fattore che Harvard Business Review collega direttamente alla salute culturale dell'intera organizzazione. I risultati sono misurabili: il tasso di turnover in queste aziende è la metà rispetto ai concorrenti.
Prima di cercare istintivamente "nuovi talenti" all'esterno, le aziende dovrebbero analizzare cosa farà realmente la persona in quella posizione. Se la competenza tecnica è chiave, allora promuovere il dipendente più efficace, come sottolineato anche in precedenza, è la scelta vincente.
Se non si riesce a trovare una figura adeguata internamente, il problema non è nel mercato del lavoro, ma nei processi di sviluppo interni. Significa che l'azienda non sta lavorando a sufficienza per formare le proprie persone, sprecando il potenziale che ha già in casa.