Il primo ministro svedese Ulf Kristersson ha sollevato un polverone nelle istituzioni europee chiedendo una moratoria sull'implementazione delle normative comunitarie sull'intelligenza artificiale. La sua posizione, espressa lunedì durante un incontro con i parlamentari svedesi, rappresenta la prima volta che un capo di governo europeo prende una posizione così netta su un tema che sta dividendo Bruxelles. La questione arriverà sul tavolo del Consiglio Europeo di questa settimana, dove Kristersson promette di sollevare quello che definisce un problema di confusione normativa.
La critica del leader svedese si concentra su un aspetto tecnico ma fondamentale: l'AI Act dovrebbe entrare in vigore senza che siano stati stabiliti standard comuni per la sua applicazione. Secondo Kristersson, questa lacuna rischia di creare un paradosso dannoso per l'Europa, che potrebbe trovarsi svantaggiata tecnologicamente proprio nel tentativo di regolamentare l'innovazione. Il rischio concreto è che alcune applicazioni di intelligenza artificiale non vengano rese disponibili nel mercato europeo, creando un effetto boomerang rispetto agli obiettivi originari della normativa.
L'idea di una pausa nell'implementazione dell'AI Act non è completamente nuova nei corridoi di Bruxelles. La commissaria europea per la tecnologia, Henna Virkkunen, aveva già lasciato intendere che una sospensione temporanea potrebbe essere contemplata qualora le linee guida necessarie non fossero pronte in tempo. Questa apertura da parte della Commissione ha evidentemente incoraggiato altri leader europei a esprimere perplessità simili.
Il fronte dei paesi favorevoli a un rallentamento sta crescendo silenziosamente. Repubblica Ceca e Polonia hanno mostrato aperture verso l'idea di posticipare l'entrata in vigore delle regole, anche se finora nessun governo aveva preso una posizione ufficiale così esplicita come quella svedese. Questa convergenza di vedute tra paesi del nord e dell'est Europa potrebbe rappresentare una sfida significativa per la Commissione, che aveva pianificato un'implementazione graduale nell'arco dei prossimi diciotto mesi.
La normativa europea sull'intelligenza artificiale, diventata legge lo scorso anno, si basa su standard tecnici specifici che le aziende devono rispettare in settori cruciali come la cybersicurezza e la supervisione umana dei sistemi automatizzati. Il problema è che questi standard tecnici non sono ancora completamente definiti, creando un vuoto normativo che potrebbe tradursi in incertezza per le imprese e difficoltà di applicazione pratica.
Dal Parlamento Europeo arriva un sostegno inaspettato alla posizione di Kristersson. Arba Kokalari, eurodeputata svedese conservatrice del Partito Popolare Europeo, ha applaudito l'iniziativa del primo ministro, rompendo il fronte tradizionalmente compatto dei parlamentari che fino ad ora si erano mostrati scettici verso qualsiasi interruzione del processo normativo. La sua proposta va oltre la semplice pausa: suggerisce di "fermare l'orologio" per alcune parti specifiche dell'AI Act, dando alle aziende più tempo per adeguarsi.
Kokalari ha inoltre avanzato una proposta più strutturale: includere l'AI Act nel pacchetto di semplificazione digitale che la Commissione dovrebbe presentare entro la fine dell'anno. Questa mossa potrebbe rappresentare un'opportunità per rivedere alcuni aspetti della normativa che si stanno rivelando problematici nell'implementazione pratica, senza dover rimettere in discussione l'impianto generale della legge.
La questione che si pone ora è se altri leader europei seguiranno l'esempio svedese durante il vertice di Bruxelles. La posizione di Kristersson potrebbe catalizzare un dibattito più ampio sulla tempistica dell'implementazione delle normative europee più complesse, aprendo un precedente che potrebbe estendersi ad altre aree legislative. Il rischio per la Commissione è che una pausa nell'AI Act venga percepita come un segnale di debolezza dell'Unione Europea proprio nel momento in cui cerca di posizionarsi come leader mondiale nella regolamentazione dell'intelligenza artificiale.
Il dilemma europeo riflette una tensione più profonda tra l'ambizione di essere pionieri nella regolamentazione tecnologica e la necessità pratica di garantire che le norme siano effettivamente applicabili. Se da un lato l'Europa vuole mantenere la sua reputazione di standard setter globale, dall'altro deve evitare che le sue stesse regole diventino un ostacolo alla competitività delle imprese europee nel settore dell'intelligenza artificiale.