Un tirocinante di Shanghai, inviato a Suzhou per un roadshow di Nvidia, ha vinto una scheda grafica RTX 5060 del valore di circa $422 partecipando a un gioco a premi. Pochi giorni dopo, l’azienda per cui lavorava ha preteso la restituzione del premio, giustificando la richiesta con il fatto che l'azienda aveva pagato il viaggio. Il giovane ha rifiutato e si è licenziato, tenendosi la scheda video.
Pare che nella vicenda c’entri anche un “collega invidioso” che avrebbe comunicato i fatti alla dirigenza, ma il dibattitto importante riguarda i principi soggiacenti. Quali sono i principi legali a cui appellarsi in un caso del genere? E se l’azienda può legalmente chiedere la consegna dell’oggetto, non sarebbe più vantaggioso lasciare al tirocinante, se non altro per evitare danni d’immagine per un oggetto relativamente poco costoso?
La decisione di pretendere la restituzione di un premio, vinto in un momento non direttamente legato all'esecuzione delle mansioni, apre una questione legale di non immediata soluzione. E sicuramente lascia intendere una logica di controllo eccessivo e miope da parte del management.
L’oggetto infatti è stato vinto in una sorta di lotteria quindi per pura casualità; difficilmente lo si può considerare una ricompensa per il lavoro svolto. Né siamo al corrente di policy interne all’azienda che regolino scenari simili. Se l'azienda non aveva policy scritte e chiare in merito alla gestione dei premi aziendali, la sua pretesa è infondata.
Quanto al valore, una RTX 5060 vale, in Cina, l’equivalente di circa 400 euro. Non proprio una cifra per cui vale la pena sollevare un polverone mediatico, di sicuro troppo poco per giustificare il costo in termini di capitale umano e reputazione.
La questione del premio, in realtà, è stata l’occasione per far emergere un certo tipo di cultura aziendale tossica, sottolineando come la micro-gestione e la sfiducia siano un deterrente per il talento. In questo caso, la situazione è sfuggita al controllo, degenerando fino al punto in cui l'ufficio HR ha suggerito al tirocinante di "cercare altre aziende", un'azione che ha formalizzato l'ostilità dell'ambiente.
Crearsi un problema per 500 euro
L'epilogo della vicenda vede il tirocinante dimissionario, ma in possesso della sua RTX 5060, e l'azienda con un danno reputazionale. Probabilmente non ne valeva la pena, e il desiderio di applicare una forma ossessiva di controllo ha portato a problemi ben più “cari” delal GPU in questione.
Una condotta del genere è autolesionista. Ciò che serve è darsi linee un codice etico solido, impegnarsi sul tema della trasparenza e nel creare dinamiche lavorative che facciano sentire tutti apprezzati e al sicuro. Si tratta, in poche parole, di costruire una cultura aziendale che funziona: mettersi a fare storie assurde per una scheda da pochi soldi è invece l’esatto contrario.
La risoluzione di un rapporto di lavoro per un gesto di petite tyrannie aziendale ci deve interrogare sulla priorità che le imprese assegnano al rispetto individuale rispetto a una contabilità spicciola. Scegliere di creare un clima di conflitto per una scheda grafica è un segnale di debolezza manageriale che non può essere compensato da alcun progresso tecnologico.