Black Jack, recensione: il primo volume di un must have!

J-Pop porta (ri)porta in Italia le avventure di Black Jack, l'infallibile chirurgo nato dalla fantasia del Maestro Osamu Tezuka!

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Troppo spesso si tende a ricordare il genio di Osamu Tezuka, intramontabile Maestro della letteratura manga, attraverso opere come Astro Boy. Si tratta di un errore comune, dato dalla necessità di dover identificare un grande artista, forzatamente, attraverso quello che è uno dei suoi lavoro più importanti, se non il più importante per antonomasia. Eppure sintetizzare Tezuka attraverso una sola opera è un lavoro quanto mai riduttivo, se non proprio errato, come sa bene J-Pop che, già da qualche anno, si è lanciata nella sfida di ristampare nel nostro paese tutta, ma proprio tutta, la produzione del grande Maestro, confezionando il tutto attraverso una serie, la Osamushi Collection, con cui proporre anche al pubblico italiano l'intera opera non di un artista, ma di un vero e proprio “padre” del disegno a fumetti.

E così, su questa lunga, e forse irta, strada di pubblicazioni, arriviamo oggi al primo volume di quella che è forse una delle serie più importanti ed identificative dell'opera di Tezuka, forse l'unica che può davvero competere con Astro Boy in quanto a complessità e popolarità. Ovviamente, come i più edotti sapranno, stiamo parlando di Black Jack, serie pubblicata per la prima volta nel 1973 sulle pagine di Weekly Shonen Champion, la cui vita editoriale nel nostro paese è stata caratterizzata da una certa discontinuità, tanto che reperire le uscite originali è impresa quanto mai ardua, se non impossibile, specie perché l'esordio nostrano avvenne, più o meno a metà anni '90, sulla leggendaria rivista Comic Art, che proprio alla fine di quel decennio avrebbe poi chiuso i battenti, non prima, però, di aver portato in Italia tantissimi manga ancora inediti.

Il ritorno di un capolavoro

A distanza di oltre 30 anni, dunque, J-Pop esaudisce il desiderio dei tanti avidi lettori e fan del grande Maestro, consegnandoci in 15 volumi (ad ora è disponibile solo il primo), quello che è considerato, senza mezze misure, uno dei capolavori di Tezuka, per altro proprio degli ultimi 20 anni al centro di una riscoperta anche in terra natia, grazie prima ad una nuova serie anime, arrivata in TV nel 2001, e poi ad una serie live action del 2011, il cui successo portò, quasi contemporaneamente, alla nascita di una serie prequel, Young Black Jack, scritta da Yoshiaki Tabata e disegnata da Yugo Okuma, e per altro foriera a sua volta di una serie anime.

https://www.youtube.com/watch?v=WZOLdrXMg0A

Insomma, come capirete, Black Jack è una cosa molto seria, e va considerato non solo nel novero delle più importanti opere di Tezuka, ma nel compendio delle più importanti opere manga in assoluto, avendo anche il pregio di essere una delle primissime ad aver proposto un tema non semplice come quello della medicina. Black Jack è, a tutti gli effetti, una sorta di antesignano del “medical drama”, con la differenza che qui non c'è alcun racconto corale vissuto tra le corsie, ma un racconto scuro, buio all'insegna della clandestinità, in quella che sembra quasi una versione alternativa dell'altrettanto celebre Capitan Harlock, ma senza il contesto spaziale e fantascientifico.

Il miglior chirurgo del mondo!

La storia è quella di un chirurgo dal volto (e il corpo) sfregiati, il cui nome sarà avvolto nel mistero per molto tempo, ma la cui nomea lo ha reso popolare semplicemente col nome di Black Jack. Considerato il migliore medico del mondo, Black Jack non esercita alla luce del sole, ma in clandestinità, correndo al richiamo di chiunque possa permettersi i suoi servizi, poco importa che siano criminali o persone del tutto prive di etica. Ammantato di nero come un ladro e dall'aspetto quasi maligno, Black Jack è solo apparentemente un uomo privo di morale, ed è anzi animato da fortissime motivazioni che, tuttavia, saranno quasi del tutto ignote al lettore nelle prime battute del manga, poiché la vera storia del personaggio verrà raccontata solo molto dopo, in quella che è una pubblicazione particolarmente lunga per quelli che sono gli standard del maestro.

Poiché l'opera, come detto, è assente dagli scaffali da quasi un trentennio, o comunque poco meno se si considera una vecchia ristampa Dynit, lasceremo al piacere a voi la scoperta del passato del personaggio, limitandoci a dire che a differenza di quanto potreste immaginare, Black Jack non è un manga con una narrazione lineare e chiarissima, ed è anzi un coacervo di tante piccole storie, tutte più o meno brevi, in cui il personaggio si confronta di volta in volta con casi medici disperati e, talvolta, anche ben oltre i limiti del fantastico. Una lettura che, oggi come oggi, non è allineabile all'attuale produzione manga, fatta di una serialità con una forte linearità, ma che per la sua freschezza e curiosità riesce ancora a sorprendere ed appassionare, nella misura in cui riescono tutti i grandi “classici” dalla lunga tiratura ma dalla paginazione breve, come ad esempio l'Asterix di Goscinny e Uderzo.

Benché non ci sia attinenza alcuna (ovviamente) tra le avventure del gallo e il più cupo Black Jack, l'impostazione è più o meno simile e parimenti funzionale: un racconto senza una precisa collocazione temporale, con pochi personaggi principali, un protagonista indimenticabile, e non troppe pagine, per poterne godere anche nel giro di pochissimi minuti. Asciutto, semplice, appagante, in quella che è una narrazione perfettamente funzionale e che anzi, piano piano, comincerà ad offrire al lettore sempre più informazioni sull'enigmatico protagonista della serie che, proprio come il succitato Harlock, viene continuamente rappresentato come una leggenda vivente, più mito che uomo, capace di prodigi che sono inconcepibili al resto del mondo medico, che a Black Jack guarda con tanta ammirazione quanta diffidenza, essendo egli più un pirata della medicina, che un chirurgo comunemente inteso.

Un contesto narrativo che, insomma, non può mancare di affascinare al netto degli anni trascorsi, specie grazie alle innovazioni del tratto di Tezuka, qui sempre fedele alle sue linee morbide ed ai suoi “cattivi dai volti spigolosi”, ma anche così preciso nel rappresentare l'anatomia umana, in quello che è un lavoro che attinge appieno all'esperienza medica di Tezuka che, come i più attenti ricorderanno, conseguì la laurea alla facoltà di Medicina dell'Università di Osaka, senza tuttavia mai praticare. Ciò si traduce in una grande perizia nel disegno e nella spiegazione delle tecniche mediche, per quanto alcune situazioni – come detto – virino pesantemente verso il fantastico, Black Jack resta un manga sulla medicina a tutti gli effetti, ammantato anche di una forte critica sociale al Giappone dell'epoca e, in particolare, al dislivello socio-economico delle differenti classi in cui la nazione era divisa. Una critica che è certamente figlia del suo tempo, e che oggi è incomprensibile per il lettore italiano, come forse lo sarebbe anche per quello nipponico.

Al di la di questo, Black Jack è comunque un'opera impossibile da non leggere e amare, nella sua commistione di dramma, comicità e siparietti più tipici della letteratura di Tezuka sebbene, lo specifichiamo, il primo volume risulti, oggi più che mai, un mero antipasto a quello che è la vicenda in generale, che vede Black Jack ed il suo passato come protagonisti assoluti, in quella che è un'opera lunga, articolata e che, al netto degli anni, non fa mistero di quella che è una delle caratteristiche più squisite del Maestro, ovvero la sua voglia di sperimentare, rimestando, nel mentre, attraverso alcuni dei più bui angoli della morale umana.