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Dogmadrome: intervista all'autore Lorenzo Mò

Abbiamo intervistato LOrenzo Mò, lo straordinario talento dietro "Dogmadrome", bellissima graphic novel pubblicata da Eris Edizioni.

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Avatar di Raffaele Giasi

a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Pubblicato il 29/04/2019 alle 12:25 - Aggiornato il 09/08/2022 alle 13:27

Influenzato dal passato, e padrone di uno stile che lo ha subito imposto alla nostra attenzione, Lorenzo Mò è un artista di cui proprio recentemente abbiamo parlato, grazie alla pubblicazione, per Eris Edizioni, del suo eccezionale "Dogmadrome", una graphic novel il cui segno pare scaturire direttamente dalle influenze cartoon degli anni ’30 e ’40.

Leggi anche Dogmadrome, la recensione: l'arte che scaturisce da disordine e follia

Un artista eclettico e straordinario, il cui talento esplosivo sta, giustamente, riscuotendo il successo che merita, grazie anche ad un'opera, Dogmadrome per l'appunto, che riesce non solo a catturare l'immaginazione, ma anche a trascinare il lettore in un viaggio indietro nel tempo. Un tempo strettamente personale, quello della gioventù a base di dadi, matite e Dungeons & Dragons. 

Abbiamo avuto l'occasione di chiacchierare con Lorenzo e, quel che ne è uscito, è questa intensa intervista in cui abbiamo cercato di capire da cosa scaturisce l'intuizione, l'idea e soprattutto il bellissimo stile di questo promettente talento nostrano.

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Dogmadrome è un lavoro giocato tutto sul tema della fantasia e dell'immaginazione, se dovessi 
raccontarlo a chi è all'oscuro del tuo lavoro, come lo presenteresti?

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Dogmadrome narra la vicenda di Edo, Fede e Gianni, tre adolescenti che si ritrovano a impersonare dei bizzarri avatar all’interno di un misterioso gioco di ruolo chiamato Struggle Runner
. L’intera storia e l’intero mondo che li circonda, sono creati e pilotati dal loro amico Paro che ricopre la posizione di Gamemaster: una sorta di deus ex machina che tiene le redini di tutta l’avventura, almeno finché le cose non cominciano ad andare molto male.

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Il tuo stile è forte dell'eredità dei grandi maestri del fumetto e dell'animazione degli anni '30 e '40, pensiamo a Iwerks, ma soprattutto a Gottfredson. Come lo hai sviluppato? Come è arrivata l'intuizione che ti ha fatto dire: “disegnerò così!”?

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Dietro al mio modo di disegnare c’è un percorso lunghissimo dove agli studi fatti al Liceo Artistico e in Accademia di Belle Arti, si somma tutto l’immaginario che mi ha influenzato durante il periodo dell’infanzia e dell’adolescenza. Quello che so fare, affonda le radici proprio nell’animazione: penso a Disney con maestri del calibro di Ward Kimball e Milt Kahl, e per l’appunto anche Floyd Gottfredson che ha portato Topolino nei fumetti. Tra le mie influenze ci metterei anche Tex Avery, Bob Clampett,Robert McKimson e Chuc k Jones per citare la Warner Bros, ma anche artisti come Jack Kirby, Akira Toriyama, Benito Jacovitti, molto dell’underground francese, americano e italiano e gran parte della produzione dello Studio Ghibli. Vorrei poterti dire di aver avuto un’intuizione ed essere arrivato un giorno a dire: “Disegnerò così!”, ma sarebbe troppo stato facile. Inoltre non basta nutrirsi dei grandi maestri, ma occorre digerirli, rielaborarli e fare i conti con i propri punti deboli e i punti di forza, sia sul disegno sia sul colore.

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Nel raccontare il tuo libro, abbiamo fatto riferimento ad una certa frangia dell'arte moderna, e più propriamente della street art, che fonde le linee e le formule dell'animazione e dell'illustrazione anni '30 con colori e rielaborazioni più moderne ed ardite. Noi abbiamo citato,ad esempio, KAWS, tu hai fatto riferimento a qualcosa o a qualcuno di simile nello sviluppo del tuo immaginario?

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Apprezzo la street art, ma non è uno dei miei punti di riferimento. I miei disegni li penso sempre funzionali a un qualcosa di più grande, li visualizzo sempre in movimento e quindi inevitabilmente immersi in una storia: quindi mi devo ricollegare a tutti i rimandi di cui parlavo prima.

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Che cosa ci dici delle citazioni più squisitamente nerd? Immaginiamo che tu sia un grande giocatore di Dungeons e Dragons! Possiamo supporre che Dogmadrome sia nato durante una sessione di gioco?

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Sono stato un avido giocatore di Dungeons&Dragons, mi hai beccato. Ma devi sapere che all’epoca, la passione mia e della mia vecchia e unica compagnia, ci aveva portati oltre. Avevamo voglia di inventare qualcosa che fosse totalmente nostro, con delle regole diverse, e così arrivammo ad affinare un gioco con un phanteon fatto di nuovi supereroi con un tipo di narrazione da parte del nostro Gamemaster, molto più violenta e avventurosa rispetto a quello che si poteva leggere tra le pagine di un albo Marvel
o DC. Tanto violenta e innovativa da aver creato una sorta di presente distopico che si discostava dalla situazione sociale e politica dell’epoca man mano che si procedeva: una vera bomba!

Tutto questo però non c’entra nulla con Dogmadrome: all’interno del libro, il gioco di ruolo rappresenta un imput per scrivere un racconto di avventura fantasy ancorato alla nostra realtà e avere allo stesso tempo, il tono di una storia di crescita; per vedere infine, come la pura evasione dal quotidiano possa avere dei risvolti tremendamente pericolosi. Dogmadrome è fatto di citazioni che provengono da vecchie campagne, parlo più che altro del modo di comunicare che hanno i quattro protagonisti, ma la storia non ha nulla a che vedere con quello che è successo all’interno delle nostre vecchie avventure.

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Basta un colpo d'occhio per capire quanto il tuo disegno sia complesso e stratificato, dalla dinamica dei corpi, al feticismo per i fondali (in cui non mancano elementi piazzati lì in stile cartoni animati Warner... o Jacovitti se preferisci), e dunque: quanto tempo hai impiegato per sviluppare completamente Dogmadrome? Qual è stato, in particolare, l'aspetto che ti ha richiesto più tempo?

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Dogmadrome è nato nel gennaio del 2015, quando cominciai a buttare giù qualche spunto anche solo per visualizzarmi i personaggi muoversi all’interno di un mondo nel quale le regole erano ancora tutte da decidere. Nell’estate dello stesso anno ho proposto il progetto ai fenomenali ragazzi di Eris Edizioni con i quali avevo collaborato nel 2014 per l’anotologia Novel, edita da loro insieme ad Albertina Press. A tutti gli effetti però, mi sono messo sotto con la sceneggiatura solamente nell’estate dell’anno dopo, perché nel frattempo uscirono piccole collaborazioni e altri lavori. La parte più lunga mi viene da dire che sia stata la colorazione, ma forse perché sono un feticista cromatico e non mi accontento tanto facilmente.

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Merendino, pubblicato su Linus, è stato un esempio delizioso di quello che era il tuo potenziale prima dell'esplosivo avvento di Dogmadrome, com'è stato lavorare con Igort e contribuire al rilancio di una rivista storica del mondo del fumetto?

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Ci tengo a precisare che Merendino arriva nel momento in cui Dogmadrome è prossimo alla conclusione, pertanto all’interno delle storie del mio cagnetto spaziale ho riversato tutte le capacità sul disegno e sul colore che fino a quel momento avevo maturato con la mia esperienza con Eris. In ogni caso lavorare con Igort all’interno delle pagine di Linus, è stato tanto bello ed entusiasmante, quanto molto diverso rispetto all’approccio che ho avuto per il libro: Dogmadrome è una storia di ampio respiro, dove in termini reali ci si possono permettere dilatazioni spaziotemporali (parlo di aggiunta o diminuzione della quantità di tavole e così via).

Per la stesura di un libro hai bisogno di molto tempo per pensare, per scrivere, per cambiare cose che all’ultimo possono non piacere, e sono tutti passaggi che vanno fatti, vista la mole del lavoro che devi affrontare. Di fronte a una realtà come Linus, i ritmi sono naturalmente più serrati, ci si deve concentrare in un ritaglio di spazio fatto di due, massimo quattro tavole per raccontare un microcosmo che avanza inesorabilmente. Come potrai capire, sia lavorare con una realtà autoriale importante come quella di Eris, sia con Igort all’interno di una rivista storica come Linus, mi ha fatto e mi fa stare molto bene.

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Parlando proprio di Merendino, se Dogmadrome ha in sé una forte influenza derivata dai giochi Pen & Paper, a cosa hai fatto riferimento per l'immaginario spaziale del tuo cagnolino antropomorfo?

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Il punto di riferimento per Merendino credo sia tutto il mio amore innato e incondizionato per la letteratura di fantascienza. È un genere questo, che attraverso tutte le pieghe che può prendere, ti permette di spaziare su più piani e di esplorare mondi e situazioni che sono ancora sconosciuti: perciò lì, in quella parte inesplorata, la mente può creare qualsiasi cosa.

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Tornando a Dogmadrome: hai scelto di concludere l'avventura dei tuoi personaggi con un finale aperto, e per certi versi anticlimatico. Senza fare spoiler a chi non lo ha ancora letto, diresti che ci hai suggerito un sequel?

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Dogmadrome è concepito come volume a sé stante, è una storia di crescita, al cui interno, i personaggi acquisiscono una maggiore consapevolezza di se stessi. Il finale anticlimatico è una porta aperta verso l’ignoto, un po’come lo è la morte all’interno della vita reale stessa; e come per la morte, di fronte a una chiusa del genere il lettore è costretto a domandarsi cosa potrebbe esserci dopo il gioco, oppure chiedersi in che modo potrebbe evolvere il rapporto tra Edo, Fede e Gianni con il loro Master.

Allo stesso modo mi piace pensare che il lettore possa immaginarsi la vita e l’aspetto dei protagonisti prima che si mettessero a giocare a Struggle Runner. Non escludo che un giorno possa riprendere in mano questi tre personaggi ma potrò farlo solo ed esclusivamente se avrò qualcosa d’importante da raccontare.

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Al di la del sequel o non sequel, ora che Dogmadrome è finalmente sugli scaffali, a cosa ti dedicherai? Hai altri progetti, brevi o lunghi che siano, a cui vuoi dare sostanza?

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Al momento sto chiudendo un lavoro più piccolo, ma sempre molto colorato, di cui non posso parlare, e per le mani, anzi per la testa, ho due progetti abbastanza grossi dei quali non voglio parlare: sono un tipo molto scaramantico.

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Se le tue derivazioni grafiche ci sono abbastanza chiare, quali sono state invece le tue influenze letterarie? Abbiamo subito pensato, ad esempio, al recente “La Stanza Profonda” di Vanni Santoni. Lo hai letto? Ti sei ispirato anche ad altro?

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Amo moltissimo quei cicli narrativi dove la realtà di tutti i giorni, si fonde insieme con qualcosa di totalmente fantastico e avulso dalla quotidianità. In questo senso mi viene da pensare che tutta la serie dei libri di Harry Potter sia stata una delle saghe più importanti per il mio immaginario, così come lo sono stati –per ragioni diverse- i libri di Roald Dahl, di Sebastiano Ruiz Mignone, di Stefano Benni, di Italo Calvino, dei fratelli Strugackij, ma anche i racconti di J.G. Ballard e alcune trovate di Philip K.Dick. Mi affascinano anche moltissimo quegli autori che riescono a mettere in piedi un microcosmo, fatto di rimandi e personaggi che nascono come comprimari, e che ritornano come protagonisti in libri successivi: penso al grandissimo Kurt Vonnegut e al suo Kilgore Trout, autore di fantascienza per alcuni geniale e profetico, e per altri semifallito, le cui storielle fanno da semplice riempitivo per le pagine di riviste pornografiche di bassa lega.

Vorrei poterti dire di aver letto “La Stanza Profonda”, ma purtroppo non è così: il libro di Vanni Santoni fa parte della mia altissima pila di volumi che ho accumulato da due anni a questa parte, e che pian piano sto cercando di accorciare leggendone anche tre alla volta. A livello inconscio forse sono stato anche influenzato da film come L’Armata Brancaleone, il suo seguito Brancaleone alle Crociate e Amici miei.

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Giusto per chiudere con una curiosità personale: ma hai giocato a Cuphead? Che ne pensi?

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Non ho mai giocato a Cuphead, ma lo conosco. Mentre chiudevo Dogmadrome, mi sono Guardato l’analisi che ne fa il bravissimo Dario Moccia su Youtube, dove spiega molto accuratamente tutti gli easter eggs e le citazioni dal mondo dei cartoons anni trenta.

Definire Cuphead una bomba penso che sia riduttivo, m non ho molte alter parole Per descrivere un’opera così minuziosamente citazionista sotto il punto di vista grafico e tecnico.

Dogmadrome è un'opera straordinaria, propria di uno stile artistico che vi farà davvero innamorare! Se non lo avete ancora fatto dovreste decisamente correre ad acquistare il libro!
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