L'antro dell'orrore: l'orrore secondo Richard Corben

“L'antro dell'orrore” è un massiccio volume da ben 224 contenente l'intero ciclo di racconti usciti ad opera di Richard Corben, e ispirati da Edgard Allan Poe e H.P. Lovecraft.

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a cura di Raffaele Giasi

Senior Editor

Arriva per Panini “L'antro dell'orrore”, un massiccio volume da ben 224 contenente l'intero ciclo di racconti usciti tra il 2006 e il 2008 ad opera di Richard Corben, su ispirazione di alcuni popolari scritti di Edgard Allan Poe e H.P. Lovecraft. Un volume veramente “grosso”, sia per le dimensioni (un generoso e inconsueto formato 23x35), sia per la mole di storie, ben 19, tutte contraddistinte dal gusto di Corben per il bianco e nero, e per i giochi di chiaroscuri che così bene si adattano alla caratterizzazione dell'immaginario horror.

Caratterizzato da uno stile plastico e conturbante, Richard Corben è uno di quegli artisti che li si ama o li si odia, a seconda di quello che è un gusto meramente personale, basato non tanto su pedigree dell'artista, impressionante a dirla tutta (dalla rivista Heavy Metal, passando per la Vertigo, arrivando infine alla Marvel), e che vanta, tra le varie, anche la stima di Moebious, ma piuttosto sul suo stile peculiare e, per molti, indigesto.

I disegni di Corben sono strani, ma innegabilmente complessi. Il suo gusto per la caratterizzazione di volti espressivi e drammatici, accentuati da un uso estremo dei chiaroscuri, ha contribuito ha rendergli fama, ma anche una buona fetta di detrattori. Al netto di tutto, Corben non è un'artista semplice, per quanto i suoi lavori siano puliti e chiari, e perfettamente decodificabili.

Eppure stiamo comunque parlando di uno dei maestri dell'arte horror, che sia fumetto o illustrazione, che sia una run Marvel o la cover di un disco di Rob Zombie, Corben è innegabilmente un artista che ha segnato in qualche modo il mondo dell'illustrazione, specie quando questa vuole o deve esplorare gli anfratti più tetri dell'immaginazione, e questo è vero pur constatando quanto poco si celebri l'artista e i suoi lavori, al punto che molti di voi, probabilmente, non sapranno neanche di chi stiamo parlando.

Ecco perché l'annuncio dell'uscita di un volume dedicato ai suoi racconti ispirati ad Edgar Alla Poe e H.P. Lovecraft ci ha creato un certo entusiasmo. Considerata un punto d'arrivo per quello che è stato il lungo sviluppo della propria dimensione artistica, la serie “Haunt of Horror” nasce nel 2006, portando Corben a confrontarsi con alcuni dei più celebri racconti di Poe, disegnati e sceneggiati talvolta per ripercorrere in modo piuttosto preciso l'originale, altre volte deviando completamente dall'idea di Poe, e utilizzando il testo per la creazione di un racconto nuovo, spaziando tra orrore e fantascienza.

L'autore si replicò poi nel 2008, quando un lavoro del tutto simile fu fatto per i lavori di Lovecraft, che forse anche meglio di Poe si adattarono alla particolare esigenza dell'artista di poter utilizzare gli originali come base per qualcosa di completamente diverso. Ne sono nate, quindi, 19 storie, tutte più o meno brevi e di diversa paginazione, in cui Corben ha voluto tributare il suo grande amore per il terrore nelle sue diverse declinazioni.

Il volume “L'antro dell'orrore”, dunque, altro non è che una enorme raccolta di storie brevi, anticipate dai testi originale dei due leggendari narratori. Un lavoro sicuramente interessante, specie per chi ha una passione smodata per Poe e Lovecraft, ma che comunque non è esente da difetti, se apparentemente non sul piano tecnico, quanto meno su quello narrativo.

Se alcune storie, come il Corvo, che apre il volume, seguono più o meno (sottolineiamo il “più o meno”) fedelmente il racconto originale, scegliendo per altro di interpretarlo per mezzo di uno stile veramente calzante (cupo, ombroso, ma molto pulito nella definizione delle linee), altre come ad esempio “Il verme conquistatore” deviano pesantemente dal racconto originale, proponendo una storia fantascientifica un po' telefonata e banalotta, e con dei disegni quasi frettolosi, che non sembrano propri dell'artista delle pagine precedenti.

Se lo stile grafico di Corben, come detto, è qualcosa che si presta molto al gusto personale del lettore, che magari potrebbe non apprezzare le forme, i volti e l'uso/abuso di nero e tonalità di grigio, la questione relativa ai contenuti è diversa, e specie su storie molto brevi, si ha spesso la sensazione che manchi un po' di piglio nelle sceneggiature, specie quando si vuole forzare il riadattamento in una chiave più moderna e, idealmente, “fresca”.

“Idealmente” perché, a dirla tutta, stiamo pur sempre parlando di Poe e Lovecraft, due maestri indiscussi della letteratura, e di quella horror nello specifico, i cui scritti sono ancora oggi pregni di una tensione invidiabile e, proprio per questo, forse non così bisognosi di essere riletti e ammodernati. Certo, si potrebbe dire che forse il volume potrebbe avere il merito di avvicinare i lettori alla letteratura originale, di cui magari sono all'oscuro, ma per noi è un'idea che non regge, semplicemente perché immaginiamo che chiunque sappia o voglia avvicinarsi a Corben, ed al suo stile ultra-ricercato, sia di per sé un lettore sopra la media. E badate, non perché si voglia fare un distinguo tra fruitori di serie A e serie B, ma semplicemente perché, come ribadito, parliamo di un artista di nicchia, i cui lavori più “pop” sono relegati ad una manciata di storie, non tutte, per altro, celebrate come dovrebbero.

Così com'è, dunque, il volume è più che altro un gioco di stile o, se vogliamo, lo sfizio che lo stesso autore ha voluto soddisfare per dare soddisfazione ad un desiderio personale. Che ovviamente ci sta, ma come spesso accade in questi casi (ci verrebbe da pensare al cinema di Von Trier) non è detto che il risultato sia all'altezza dell'aspettativa o dell'ambizione/ego di chi l'opera l'ha messa in piedi. Non è un dogma, ci mancherebbe, ma L'Antro dell'orrore ne è quanto meno una riprova.

Se le storie, infatti, non riescono proprio a mantenersi costanti nel catturare l'attenzione del lettore, non di meno è lo stile artistico, che a volte sembra venire meno a quella che è la caratura (straordinaria) e più ricercata di Corben. Ci sono storie come Il Corvo, Berenice, Dagon o Il Riconoscimento che gridano fortissime l'identità dell'autore, mettendo su carta non solo lo stile, ma anche ogni straordinaria ambizione tecnica dell'artista. Altre, invece, sembrano perdersi in una certa fretta, come fatte tra un impegno e l'altro, perdendo quella carica e quell'attenzione per i dettagli che non possono che lasciare un minimo di amarezza.

È evidente che questa discontinuità artistica da parte di Corben, un artista che è generalmente molto attento e preciso, non fa che abbassare il gradimento generale del volume, facendo si che questo, di per sé non proprio fruibile a tutti, diventi un mero collezionabile ad uso e consumo o di un lettore particolarmente vorace, o di chi nutre una certa passione, se non un feticcio, per uno (o tutti) i nomi coinvolti nella serie, che sia Poe, Lovecraft o Corben stesso.

Il che è un peccato, forse un lavoro più attento, quanto meno dal punto di vista narrativo, ci avrebbe riconsegnato un volume più godibile, e non necessariamente meno “genuino” e viscerale, come certamente questo Antro dell'orrore è, visto l'amore di Corben per gli autori e il suo affrontare “di pancia” e con una certa – e calzante – follia l'arduo compito del riadattamento. Ma a volte la passione, semplicemente, non basta. E una visione, per quanto nitida, resta pur sempre una visione.