Lucca Comics & Games 2019: abbiamo incontrato Chris Claremont

Lucca Comics & Games 2019: abbiamo incontrato Chris Claremont, leggendario autore Marvel e fautore della rinascita degli X-Men

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a cura di Manuel Enrico

Lucca Comics & Games 2019 ha voluto aprire le danze con una figura d’eccellenza del mondo del comics supereroistico americano, un nome celebre (probabilmente tra i lettori meno giovani) che ha creato un’eredità artistica che ha trovato di andare oltre il limite della pagina a fumetti approdando anche al cinema. Se diciamo Giorni di un futuro passato o Fenice Nera, subito si può pensare ai film sugli X-Men, ma queste storie viste al cinema hanno un’origine cartacea, resa possibile dalla fervida immaginazione di Chris Claremont.

A Lucca Comics & Games 2019 abbiamo incontrato uno degli autori simbolo degli X-Men: Chris Claremont

Giustamente ribattezzato affettuosamente X-Chris per il suo fondamentale apporto al mito dei Figli dell’Atomo, Chris Claremont è riconosciuto come un secondo padre per i mutanti di casa Marvel. Quando dopo anni di difficile gestione della figura degli X-Men venne affidato a Claremont il rilancio dei pupilli di Xavier con Seconda Genesi, pochi avrebbero potuto immaginare una nuova vita così intensa e appassionante come quella che si è vissuta sotto la gestione di Chris Claremont, che ha accompagnato gli X-Men sino ai primi anni ’90.

Era quindi giusto avere un ospite del suo calibro a Lucca Comics & Games 2019, nell’anno in cui si festeggiano gli 80 anni della Casa delle Idee. Inutile girarci attorno, per chi scrive, Chris Claremont risiede di diritto nel pantheon delle divinità del fumetto, ed è quindi con un atteggiamento di venerazione che ci si è recati al press cafè lucchese dedicato a Claremont.

Un piccolo aneddoto: poco prima di iniziare l’incontro, Claremont è stato avvicinato da un bimba che gli ha chiesto un autografo su un numero di X-Men. X-Chris ha sorriso alla piccola e non la ha delusa, con un’affabilità non sempre scontata in personalità di questo calibro. Una simpatia che è stata ancora più evidente durante l’oretta trascorsa con i giornalisti presenti in sala, a cui Claremont ha risposto senza sottrarsi a nessuna domanda, rispondendo con schiettezza e ironia anche alle domande più insidiose, poste sempre con rispetto e da veri appassionati della sua opera.

Per rompere il ghiaccio, si è cominciato con una domanda non da poco. Gli X-Men sono da sempre associati all’idea dell’accettazione del diverso, all’integrazione, e ci si è chiesto a Chris Claremont quanto questo aspetto essenziale dei mutanti Marvel fosse ancora attuale e come lui lo abbia vissuto all’epoca.

“Sono ancora molto attuali, ma questa loro caratteristica per me è naturale. Vivendo in un ambiente multiculturale come New York per me era scontata vedere la diversità come normale. A New York basta passare da un quartiere all’altro, ad esempio, per assaporare una cucina diversa, da quel del nord Italia a quella del Sud Italia, dalla spagnola alla coreana. Questa varietà è uno degli aspetti migliori di New York, la sua diversità. Oddio, non si riesce a trovare una Boston Deep Dish Pizza, ma tutto sommato non è una grande perdita!”

Dopo una divertente disquisizione sui difetti della Deep Dish Pizza e il modo giusto di mangiare una pizza, Chris Claremont è tornato sul focus dell’incontro, parlando del suo ritorno sui Nuovi Mutanti, concedendosi un’altra battuta

“Tanto, tanto tempo fa in una galassia lontana, lontana… Che c’è? Ora siamo anche noi Disney, possiamo dirlo! Comunque, quando 35 anni fa io e Bill Sienkiewicz decidemmo di dar vita ai Nuovi Mutanti avevamo voglia di realizzare un qualcosa di diverso. Fu un’esperienza bellissima, Bill utilizzò la sua creatività usando uno stile surreale che si discostò molto dalla classica visione dei comics americani del periodo.

Quando Marvel ci ha chiesto, all’interno delle celebrazioni per gli ottantanni della casa editrice, di realizzare una nuova storia, la cosa più sorprendente è stata la reazione di Bill: facciamolo!”

Uno dei problemi più evidenti nel fumetto seriale, soprattutto su testate con decenni alle spalle, è la gestione della continuità, da sempre una spina nel fianco degli autori. Come ha vissuto questo dettaglio Chris Claremont e quali soluzioni propone di adottare? Dopo una risata rassegnata, X-Chris ha svelato la sua idea a riguardo

“E’ come chiedere chi ha vinto realmente le elezioni americane del 2016! Si possono desiderare molte cose nella vita, ma la realtà è che nei comics americani si lavora su commissione, è la compagnia a possedere tutto il materiale, e tutto ciò che io, o Stan Lee o Jack Kirby avremmo desiderato non ha importanza, a decidere era sempre la Marvel, che ha quindi il controllo.

Nella mia carriera ho creato più di 500 personaggi, alcuni anche di prima fascia, ma finché ero io a curare le testate ne avevo il controllo. Smettendo di scriverne le storie, questo potere è stato trasferito ad altri. Posso avere una determinata reazione come autore, ma essendo un impiegato di un’azienda ne devo avere un’altra, ed è una realtà con cui dobbiamo convivere. Quale che sia la mia decisione, a prescindere dalle mie idee, l’ultima parola è sempre di Marvel”

Inevitabile una domanda sui film degli X-Men. Per le pellicole dedicati ai mutanti si è spesso scelto di affidarsi a storie create da Chris Claremont (da Giorni di un futuro passato alla Saga di Fenice Nera o Dio ama, l’uomo uccide). Quello che ha sorpreso è scoprire come Claremont avesse una vera passione per alcuni degli attori coinvolti.

“Con il cast dei film ho lavorato per quasi vent’anni. Alla premiere del primo X-Men ho avuto il piacere di conoscere attori del calibro di Ian McKEllen (il Magneto anziano, NdR). Da giovane avevo iniziato la carriera di attore, e la recitazione di McKellen per me è sublime. Conoscerlo è stato un vero onore e sono rimasto emozionato quando lui ha detto di conoscere il mio lavoro.

Poco tempo fa a Londa ho avuto modo di incontrare anche Patrick Stewart (interprete della versione anziana di Xavier, NdR), ed è stato un altro incontro piacevole. Come? Stewart sta venendo qui a Lucca? DAVVERO? EVVAI!

Ma non ho detto cosa penso dei film. Alcuni sono davvero degli ottimi film, altri un po' meno. Giorni di un futuro passato, ad esempio, è davvero un film stupendo, per essere perfetto mancavano solo l’aggiunto dei nomi miei e di John (John Byrne, disegnatore della storia, Nd), come hanno fatto per la serie TV di Legion. A proposito, se non la avete ancora vista, fatelo, è fantastica.

Invece, Dark Phoenix è un buon film, diretto e scritto bene da Simon (Simon Kinberg, NdR), Sophie Turner (l’interprete di Jean Grey, NdR) è stata magnifica, ma quel film non è Fenice Nera. Dipendesse da me direi ‘ Proviamoci ancora!’. “

Rimane comunque da considerare che il fulcro della produzione di Chris Claremont ha una certa età ormai, ed una delle domande prende spunto da questo dettaglio anagrafico. Come è cambiato il pubblico a cui ci si rivolgono i comics? E quanto è importante la programmazione?

“Il mio obiettivo è sempre stato uno: entrare in contatto con i lettori. Voglio arrivare ai lettori di tutto il mondo, voglio tutti. Pensate, venendo qui ho incontrato una ragazzina che mi ha chiesto un autografo sulla sua copia di X-Men, questo per me è il massimo risultato raggiungibile.

Quando ho iniziato a scrivere X-Men, il mondo dei fumetti americani era ancora governato dal comics code autorithy, dovevamo seguire regole severe per poter essere letti anche dai bambini. Ma non fu un problema, anzi, ci spinse a scrivere storie profonde e che fossero leggibili a più livelli. In quelle storie sono presenti dettagli che si scoprono crescendo, che sfuggono da adolescenti ma che divengono evidenti con la maturità. Quelle restrizioni ci hanno spronato, hanno spinto me, Frank Miller o Simonson a realizzare trame profonde e narrate con sottigliezza.

Quello che mi ha sempre incuriosito non è tanto veder ciò che accade nella vignetta, ma immaginare quello che avviene nello spazio bianco tra due vignette. Ci son cose che non devono essere per forza esser rappresentate, si possono immaginare. Non mi serve veder nudo Batman per capire che si mette la sua Bat-tuta, lo vedo benissimo nella mia mente. Ecco, ora servirebbe un’ora di confessioni, ma questa è un’altra storia!

Tornando alla domanda, per me dalla mia prima pagina di X-Men sino all’ultima è tutto un’unica storia. Esattamente come la vita, compresi i momenti salienti e le lunghe pause riflessive. Se avessi scritto X-Men per 30 anni, sarebbe sempre andata così. Quello che accade ai personaggi è reale per loro, e voglio che anche i lettori percepiscano questa realtà. E quindi, proprio come accade nella vita vera, anche nelle storie a fumetti ci sono dettagli che sfuggono, o che avranno sviluppi inattesi in futuro. Giri a sinistra anziché a destra ad un bivio, e la tua vita va in un’altra direzione. Non avessi fatto lo scrittore per Marvel, magari sarei divenuto un attore, o un commesso. Non puoi mai sapere dove ti conduce la vita, devi seguire il tuo istinto.

Mi chiedete se era tutto programmato? Si. No. Insomma, puoi programmare quanto vuoi, ma è la vita che ti porta a cambiare.

Quando iniziai a lavorare con Cochrum su X-Men, il suo personaggio preferito era Nightcrawler. Assomigliava al classico demone, eppure era il personaggio più religioso. Kurt vive il suo esser mutante in quest’ottica, come se fosse un dono divino ed eccolo pensare ‘Se Dio mi ha dato questi poteri, godiamoceli, quante cose fighe posso fare!”

Byrne, invece, adorava Wolverine e non comprendeva questa complessità di Nightcrawler. Anche Byrne è canadese come il personaggio, e John ha trasformato Wolverine nel più grande spaccaculi del mondo, ma quando ho lavorato su Wolverine con Miller, invece, abbiamo trovato un’affinità, realizzando una storia che amassimo entrambi, passando ore a parlare su come svilupparlo: Benvenuto in Giappone!

Inizialmente, Wolverine poteva esser un cliché. Quando venne creato, ad esempio, i suoi artigli erano parte dei guanti, chiunque li indossava li avrebbe avuti. Io e Dave non concordavamo su questo, Wolverine non poteva esser come Tony Stark (chiunque indossi la sua armaturapuò esser Iron Man), doveva esser più unico, come Superman.

Per il numero 98, Dave mi presenta una vignetta in cui Wolverine è disegnato col pugno nudo e gli artigli sguainati. La mia prima reazione è stata di disgusto, ma poi ho subito pensato: è fighissimo. Orribile, ma comunque fighissimo.

Avete presenta la scena del primo x-Men, quando Logan e Rogue son in macchina e lei gli chiede se gli artigli fanno male? Logan risponde: Ogni volta. Quando ho visto quella scena alla premiere sono scattato in piedi urlando contento, con mia moglie che mi ha dato un pugno dicendomi ‘Siediti, ti stai rendendo ridicolo’. Ma in quella scena c’è l’identità di Wolverine, ogni volta che estrae gli artigli è come si stesse pugnalando. Immaginate che sensazione possa essere, rende il gesto un momento speciale, intenso, da non abusare, da controllare in una storia, rendendolo fondamentale. Il lettore deve percepire che è una cosa figa, ma non dimenticare mai che Wolverine non è un bravo ragazzo."

Prima di salutare Chris Claremont, l’ultima domanda riporta all’inizio di questa chiacchierata, tornando alle ispirazioni

“Sostanzialmente, si attinge alla vita reale. Ma serve anche un editore in gamba, come Simonson, che sappia esser più intelligente dell’autore. Un buon editor, quando gli si racconta la storia, sa comprendere al volo cosa funziona e cosa non va.

Quando Jack Kirby e Stan Lee lavoravano assieme su Fantastici Quattro, Jack aveva un migliaio di idee, ma Stan guardava nella storia e capiva cosa funzionasse e cosa no, potava le storie e le direzionava nel giusto verso. E Jack lo detestava, aveva la sensazione che Stan sprecasse le sue buone idee, la prese sul personale e alla fine decise di andare in DC Comics e creò i Nuovi Dei. E nel primo numero ci furono migliaia di ottime idee. Nel secondo numero? Centinaia di ottime idee. Nel terzo numero? Ancora ottime idee. MA arrivati al dodicesimo numero, Jack fece esplodere la testa ai lettori, che si mollarono perché nessuno riusciva a tenere il suo ritmo. E così la serie chiuse, Jack tornò in Marvel e la DC ha sfruttato i Nuovi Dei per 30 anni.

Editor come Lee, Goodwin, Nocenti e Simonson sapevano cogliere la giusta ispirazione di un artista e convogliarla nella giusta direzione, portare con le giuste domande alla nascita di una storia coesa. Come fece O’Neill con Miller per Daredevil. Una buona storia nasce da una sinergia di persone giuste, al momento giusto, nel posto giusto. Bisogna capire quando accade, accettarlo e divertirsi”

Su questa dichiarazione, il tempo dell’incontro con Chris Claremont termina. Rimane giusto il tempo di sfilare davanti a questo gigante del fumetto supereroistico, una veloce stretta di mano e un sorriso e rimanere con la sensazione che dietro lo sguardo di questo vivace uomo di una certa età potrebbero ancora nascondersi avventure incredibili.

Se volete conoscere l'ottimo lavoro di Chris Claremont sui mutanti Marvel, non perdete l'occasione di leggere in un volume da collezione una delle sue migliori saghe degli X-Men: La Saga di Fenice Nera.