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a cura di Manuel Enrico

Nati agli albori della Silver Age dei comics americani, i mutanti di casa Marvel non ebbero inizialmente il successo che oggi li contraddistingue. Dopo una prematura chiusura, le avventure degli X-Men ebbero una seconda chance quando nel 1975 tornarono alla ribalta con un nuovo corso, inaugurato con Seconda Genesi. Un ritorno in azione che venne definitivamente consacrato dall’opera di Chris Claremont, che rese il mondo mutante una delle serie di punta di casa Marvel, al punto da espanderla in una collana parallela nei primi anni ’80: i Nuovi Mutanti.

La comparsa della nuova X-squadra arriva in un momento particolarmente importante per il mondo mutante marveliano. Forte della nuova guida di Claremont, il mondo dei mutanti si sta presentando finalmente come uno dei prodotti di punta della Casa delle Idee, grazie anche alla possibilità di potersi concentrare su tematiche più adulte e mature, gradita eredità degli ultimi sprazzi della Silver Age.

I mutanti alla conquista al mondo

In questa atmosfera, Claremont cala un asso non da poco, Dio ama, l’uomo uccide. Seconda graphic novel Marvel, dopo La morte di Capitan Marvel, e uno dei picchi narrativi più emozionanti della storia dei mutanti, in un momento in cui nella serie regolare arrivano archi narrativi del calibro della Saga di Fenice Nera e Giorni di un futuro passato.

Questo rinascimento mutante diventa un segnale per Jim Shooter, all’epoca editore in capo Marvel, che i mutanti siano la nuova punta di diamante della casa editrice, portandolo a spingere affinché si ampli l’offerta delle loro avventure. L’idea di Shooter è semplice: se la gente vuole più mutanti, diamogli più mutanti. Si è già visto come una delle nuove leve del periodo post-Seconda Genesi, Wolverine, stia riscuotendo successo, al punto che subito viene messa in lavorazione un ciclo di storie basate su di lui, ovviamente affidato a Claremont, ma non è sufficiente, il mondo mutante deve espandersi.

Una decisione che, in un certo senso, spaventa sia Claremont che la sua editor, Louise Simonson. Entrambi, infatti, sono dell’idea che il successo degli X-Men sia dovuto al loro essere un gruppo ristretto, emarginati che fanno gruppo per resistere ad un mondo che non li comprende, ma anzi li teme.

Ampliare troppo il loro gruppo, creando nuove squadre, non pare a Claremont e Simonson la scelta corretta, tanto che manifestano la loro perplessità a Shooter. Ma l’editor è irremovibile: va fatto, con o senza di loro. La speranza di Shooter, con questo diktat, è di fare leva sul senso di possesso di Claremont per i suoi mutanti, che spera sia la leva giusta per spingerlo a scrivere nuove storie per nuove testate mutanti. Come ricordò la stessa Simonson:

“Né io né Chris volevamo farlo realmente. Volevamo che X-Men fosse speciale e unico, ma Shooter ci disse che se non eravamo intenzionati a collaborare per creare una nuova serie sui mutanti, lo avrebbe fatto qualcun altro”

Scommessa vinta, quella di Shooter. Claremont non solo era geloso dell’universo mutante che aveva contribuito a creare, essendone essenzialmente il padre adottivo (con buona pace di Lee e Kirby), ma era intenzionato a renderlo un suo mondo. A ben vedere, all’interno del Marvel Universe, la gestione mutante di Claremont è il primo esempio di narrazione ampia, la costruzione di un contesto narrativo su più livelli interconnessi, di cui i Nuovi Mutanti divennero un tassello essenziale.

Dopo Dio ama, l’uomo uccide, Claremont replica il successo con un secondo graphic novel sui mutanti, ma non sui protagonisti della serie regolare, bensì su una squadra di giovani allievi della scuola di Xavier: i Nuovi Mutanti. Il nome venne preso dalla prima idea di Kirby per la testata mutante del 1963(The Mutants), disegni di BobMcLeod, che pur non interpretando pienamente lo spirito della storia di Claremont, consentono di ottenere un ottimo successo commerciale e ribadire, nemmeno fosse necessario, lo stato di grazia del mondo mutante. Ma c’è un altro segnale, nascosto dietro le avventure dei Nuovi Mutanti: c’è spazio per altri mutanti. La conferma che Shooter ci aveva visto lungo.

Soprattutto, il successo di questa seconda graphic novel mutante ribadisce come al momento ci fosse un solo autore capace di raccontare al meglio le storie dei Figli dell’Atomo: X-Chris Claremont.

Una nuova generazione di mutanti

Con i Nuovi Mutanti, Claremont vuole segnare anche un passo generazionale. All’epoca, erano presenti due generazioni di X-Men: la squadra originaria delle prime storie degli anni ’60 e quella resa celebre da Seconda Genesi e divenuta la più nota. Sono ancora lontani i tempi delle tante squadre mutanti, e solo decenni dopo sarò narrata la pagina oscura della squadra perduta, con Genesi Letale di Brubaker.

Si può però già notare nelle storie dei mutanti un tratto essenziali, reso identificativo degli X-Men: il trattare il diverso. Facile associare con Ciclope e compagni un simbolo dei reietti della società, rendendoli perfetti per raccontare temi come omosessualità, razzismo e fanatismo religioso. Esempio classico, il citato Dio ama, l’uomo uccide. Claremont, però, non si limita a questo, ma costruisce anche un nuovo modo di raccontare il ruolo dei personaggi femminili nei comics, che si tratti di mostrare l’animo di Tempesta o mostrare l’evoluzione di Jean Grey nella Saga di Fenice Nera.

Con i Nuovi Mutanti si fa un ulteriore passo avanti. Se ai tempi di Seconda Genesi la nazionalità variegata dei personaggi era dettata da una necessità puramente commerciale, con la sua nuova X-testata Claremont punta a rendere questo tratto più centrale e focalizzato. Per l’epoca fu un azzardo inserire tra i protagonisti una giovane vietnamita (Xi’an Coy Manh, alias Karma), in un periodo in cui l’America stava affrontando i postumi della guerra del Vietnam, eppure ecco che questa adolescente fa la sua apparizione nella serie. E non è la sola protagonista femminile, anzi la nuova formazione ha una maggioranza di eroine, rispetto alla controparte maschile.

Claremont, conscio del contesto tradizionale degli X-Men, non dimentica di valorizzare anche i tratti tipici degli allievi di Xavier all’interno delle storie dei Nuovi Mutanti. Il manifestarsi dei poteri in età puberale, la metafora delle difficoltà adolescenziali  e le relative complicazioni appaiono ancora, venendo anzi esplorate con maggior intensità, affrontando anche temi scottanti, come la violenza sui minori, seppure in modo lieve. È un’apertura comunque interessante a tematiche adulte e sotto attenzione in quel periodo, segno che la Marvel, dopo storie come Il demone nella bottiglia, non ha più timore di confrontarsi con i mali della società.

Per garantire ai Nuovi Mutanti il successo, però, è necessario trovare una nuova identità, per non farli risultati un semplice more of the same, nonostante le indicazioni di Shooter. Se gli X-Men erano animati da storie pseudo-scientifiche e da un tono fantascientifico, complice la voglia di sci-fi generata dall’uscita in quel periodo di Star Wars, i Nuovi Mutanti dovevano battere nuove strade.

Claremont decise quindi di discostarsi nettamente dai temi tipici della formazione principale del mondo mutante. Cogliendo al balzo l’occasione offerta dall’apparente scomparsa degli X-Men, rapiti dagli alieni all’insaputa di tutti, Claremont spinge Charles Xavier a creare una nuova squadra di mutanti, che prenda il posto dei suoi pupilli.

Verrebbe da dire che la genesi delle X-squadre pecchi di originalità, considerato come ogni nuova squadra nasce dalle ceneri della precedente, ma nel caso dei Nuovi Mutanti subentra un nuovo elemento: il senso di pericolo. Questa abitudine di Xavier si scontra, per la prima volta, con una reticenza delle persone a lui vicine, un’eco che troverà piena concretezza solo anni dopo nel citato ciclo di Genesi Letale.

Ai Nuovi Mutanti, però, vengono associati poteri di matrice differente rispetto ai predecessori. Danielle Moonstar è una sciamana indiana con il potere di generare illusioni realistiche, Rahne Sinclair sembra una licantropa e Xian Mahn è capace di possedere mentalmente il corpo altrui. Si tratta di poteri che hanno una radice quasi ‘magica’, specchio di una narrativa differente, che vede i giovani mutanti affrontare sfide che hanno un tono più vicino al fantasy e  al sovrannaturale. Tanto che ben presto il tono delle storie assumerà anche una radice simil-horror e verranno introdotti personaggi dotati di poteri magici, come Yliana ‘ Magik’ Rasputin.

Nuovi modi per raccontare i mutanti

Dal punto di vista narrativo, i Nuovi Mutanti segnano quindi un cambio di passo all’interno delle storie mutanti. Si abbandonano i toni della fantascienza e del fumetto supereroistico canonico per entrare in un contesto più magico, in cui la scoperta di mondi ulteriori e di diversi piani dell’esistenza apre ad una nuova stagione delle X-storie, riagganciandosi anche a vecchi concetti già presentati nel corso della vita dei mutanti.

Se dal punto di vista del racconto Claremont riesce a trovare un’appassionante cifra stilistica, meno incisivi sono i disegni delle prime apparizioni dei Nuovi Mutanti. Abituati a vedere i mutanti ritratti da Byrne, i disegni di McLedo risultano quasi leziosi e statici, privi di una vitalità necessaria a storie così complesse, al punto che la stessa scrittura di Claremont si appesantisce, complice la sensazione di X-Chris di coprire le mancanze del disegnatore lanciandosi in spiegazioni superflue e ridondanti.

Fortunatamente, l’arrivo di nuovi artisti, come Smith e Romita Jr, consente a Claremont di dare maggior verve alla sua scrittura, ma la sinergia migliore si manifesta con l’entrata in scena di Sienkiewicz, con cui Claremont trova una felice affinità, che gli consente di sviscerare al meglio il lato più oscuro delle avventure dei Nuovi Mutanti, che Sienkiwicz ritrae con un stile unico e vitale, abbandonando rispetto di proporzioni e prospettiva e puntando ad una racconto grafico fortemente virato all’emotività. Una scelta che rappresenta il fulcro del successo dei Nuovi Mutanti.

Se volete conoscere i Nuovi Mutanti vi consigliamo la lettura di una delle loro avventure più celebri: Caccia Mortale