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Robert Johnson: recensione di una storia blues

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a cura di Manuel Enrico

In sintesi

Jacopo Masini e Francesco Paciaroni ci guidano alla scoperta della misteriosa vita di Robert Johnson, il bluesman per antonomasia.

A volte è incredibilmente difficile distinguere quali siano i confini tra realtà e mito, comprendere quando un uomo smette di esser carne e assurge al ruolo di leggenda. Nel mondo attuale in cui tutto sembra scorre rapido, al ritmo di un click, la presenza di nomi leggendari sembra esser divenuta quasi un retaggio epico. Eppure, ancora oggi ci sarebbe spazio per questi personaggi, eroici o maledetti che siano, capaci di segnare profondamente la loro epoca e influenzare, in modo sottile ma innegabile, le generazioni successive. Personalità come Robert Leroy Johnson, una delle figure immortali del blues, protagonista del volume a fumetti Robert Johnson, pubblicato da Edizioni Inkiostro e firmato da Jacopo Masini e Francesco Paciaroni.

Un’esistenza tra mito e realtà, quella di Robert Johnson, che può esser compresa solo se ci ricordiamo che tutta la sua vita si è mossa al ritmo del blues. Quando si parla di blues, si entra in un contesto musicale intenso, che affonda le sue radici nello schiavismo delle popolazioni di colore, sfruttate nelle sconfinate piantagioni di cotone del sud degli States. E’ in questi campi che la vita spietata degli schiavi veniva alleviata dalle work song e dagli spiritual, è alla Cotton Belt che bisogna guardare quando si cercano le origini di questo canto sofferto e acido, in cui le voci graffianti cercano un riscatto, lasciando emergere la sofferta voglia di rivalsa di una popolazione. Una tendenza che arriva in tempi più moderni, al punto di trasparire anche in un’ambientazione più leggera e divertente come quella di The Blues Brothers.

Robert Johnson: biografia di una leggenda del blues

Se si parla di blues e delle personalità che ne hanno fatto la storia, si deve trasmettere questa essenza. Un aspetto essenziale che non si è perso con la fine della schiavitù, ma che si è anzi radicalizzato proprio alla fine di questo periodo oscuro della vita della comunità afroamericana, che è rimasta prigioniera di stereotipi razzisti che ancora oggi segnano profondamente la società americana.

E il blues si è trasformato nella voce di questo malessere, riuscendo a vincere le barriere di razza appassionando anche quei bianchi che rimanevano ammaliati da queste note, estasiati dalle voci roche di Ma Raney e Bessie Smith (oltre che dai loro testi piuttosto espliciti), non comprendendo quanto ci fosse di viscerale e intimo in quei brani di ‘musica nera’. Mancava la comprensione di cosa fosse realmente il blues, che lo stesso Robert Johnson aveva chiaramente espresso in Preachin’ Blues:

“Well, the blues, is a low-down shakin’ chill […] the blues, is a achin’ old heart disease”

Ecco la radice del blues: un brivido nelle viscere, un cuore malato. Robert Johnson aveva trovato la sua affinità al blues in questi due elementi. Ed è da questi due punti fermi della sua esistenza che si deve partire, se si vuole comprendere l’uomo dietro il mito, compito che si è prefisso Masini per questa sua biografia a fumetti del musicista americano.

Johnson non è un semplice musicista, però, è più che umano per gli amanti del blues. È la quintessenza di questa musica struggente, è l’uomo che vendette l’anima al diavolo per diventare il migliore bluesman della storia. La leggenda vuole che il suo primo contatto con il blues sia stato un disastro, un’esibizione per cui venne deriso in una di quelle bettole di fortuna, le juke joint, in cui la popolazione nera del Delta del Mississippi si riuniva per annegare le cicatrici di una vita spietata tra musica, alcol e passioni fugaci. Una delusione che allontanò Johnson dalla musica per un anno, mesi in cui si persero le sue tracce e che finirono quando tornò in scena dimostrando non solo di suonare il blues, ma di possederlo. Perché come diceva un’altra storica voce del blues,  B.B. King:

“Il blues è una medicina per ciò che ti affligge. Potrei suonare il blues e non esser più triste”

E Johnson in sé aveva questo blue, questa sofferenza, la musica era il suo modo di lenire le ferite, di cacciare fuori dal corpo quel veleno che gli inacidiva l’anima. Masini dimostra di comprendere questa essenza del blues, e sceglie di ritrarre Johnson andando a scavare nella sua anima tormentata, facendo emergere un’umanità sofferta e non lusinghiera, figlia di una vocazione che contrastava con quello che era la sua vita. Se da un lato si può simpatizzare con Johnson e la sua voglia di seguire il suo blues, dall’altro la fuga dalla responsabilità e il rinunciare alla sua famiglia lo rendono anche un uomo egoista.

Il bluesman tra leggenda e storia

Nel ritrarre le cadute umane di Johnson, il suo legame quasi ossessivo con il blues, Masini lo rende un interprete perfetto di questa musica, non solo musicalmente, ma anche umanamente, inserendosi nel novero di coloro che identificano Johnson come lo spirito autentico del blues. Non a caso, infatti, uno dei migliori ritratti di Johnson viene fatto da Eric Clapton, che di musica nata dalla sofferenza ne sa qualcosa:

"Per me Robert Johnson è il più importante musicista blues mai vissuto. Non ho mai trovato nulla di più profondamente intenso. La sua musica rimane il pianto più straziante che penso si possa riscontrare nella voce umana"

Robert Johnson diventa quindi una biografia viva di questa figura leggendaria. Non solo si trova un equilibrio tra narrazione storica e ritratto emotivo del bluesman, ma si contestualizza alla perfezione il vissuto di Johnson nell’America del periodo, mostrando aspetti imprescindibili della vita sociale dell'epoca (dai juke joint ai viaggi ferroviari clandestini), intrecciando il tutto tramite il racconto in flashback della vita di Johnson, svelata da un’altra figura chiave del blues, Eddie ‘Son’ House, quasi fosse una canzone.

Il mito di Johson si lega alla sua prematura scomparsa, che lo rende il primo membro del Club dei 27, quella ristretta cerchia di grandi artisti morti giovani e divenuti miti immortali, come Jim Morrison, Janis Choplin o Amy Winehouse. Non a caso, Robert Johnson è il primo volume di Club 27, collana di Edizioni Inkiostro dedicata alle biografie di questi musicisti maledetti.

A Masini va anche tributato il merito di avere colto un registro lessicale che rispecchia il linguaggio della popolazione di colore. Elemento centrale, visto che il blues ha una propria anima che si incarna in un vocabolario preciso, un’identità vocale e gergale che Masini ripropone, nei limiti del possibile, all’interno dei dialoghi. Sono quei piccoli dettagli che fanno la differenza, che rendono ancora più vividi e vitali i protagonisti di questo pezzo di storia della musica.

Una visione del blues che traspare nei disegni di Francesco Paciaroni, che nelle sue tavole infonde con il vissuto emotivo di questi colossi della musica, mostrando volti in estasi mentre suonano esorcizzando la loro sofferenza o ritraendo le loro esperienze di vita. Sottile il modo in cui Paciaroni ritrae il presunto patto demoniaco, dando sostanza alle parole di Masini.

Robert Johnson è una lettura appassionante, capace di affascinare anche coloro che non conoscono il mito di questo leggendario cantante, offrendo una storia a cavallo tra realtà e mito, ma che in ogni pagina racchiude il vero spirito del blues.

Voto Recensione di Robert Johnson