Trappola di Cristallo: il più atipico dei film natalizi

Trappola di Cristallo: stroria di un insolito film natalizio.

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a cura di Manuel Enrico

Una colossale rapina in uno dei grattacielli più alti di Los Angeles può esser lo spunto per realizzare un film natalizio? Difficile credere che John McTiernan avesse in mente questa natura per Trappola di Cristallo (Die Hard), pellicola cult che nel 1989 raccontò il primo capitolo delle avventure del poliziotto John McClane, divenuto uno dei volti simboli degli action movie del periodo. In effetti, considerata la quantità di bossoli sparati e di cadaveri disseminati per il Nakatomi Plaza, lo spirito natalizio è l’ultima cosa che assoceremmo al film di McTiernan, eppure negli ultimi anni si è creato un vero e proprio dibattito intorno a questa insolita caratteristica.

Di certo, quanto il regista immaginò il suo film, l’ambientazione natalizia era più che altro un’esigenza narrativa, funzionale alla sua storia. Anche perché le ispirazioni di McTiernan erano tutt’altro che festose, considerato che la trama di Trappola di Cristallo è legata a un concept poliziesco, con sfumature hard boiled se volgiamo arrivare alle radici più autentiche dell’impresa natalizia di John McClane.

Dal romanzo all’action movie

Arrivare alla realizzazione di Trappola di Cristallo, vuol dire fare un passo alla fine degli anni ’60, quando un ex-poliziotto, Roderick Thorp, scrive un romanzo, The Detective, che nel 1968 diventa un film con protagonista Frank Sinatra. Il successo della pellicola spinge la Fox ad acquistare anche i diritti del suo secondo romanzo, Nothing Last Forever, dato alle stampe nel 1978. Ispirato allo scrittore dalla visione del disaster movie Inferno di Cristallo (The Towering Inferno, 1974), questo romanzo dovrebbe esser l’ispirazione di un nuovo film della Fox, ma misteriosamente rimane in stand-by.

A riesumare Nothing Last Forever fu lo sceneggiatore Jeb Stuart. A corto di idee e con qualche debito di troppo, Stuart è alla ricerca di un’ispirazione per un nuovo film che lo riporti al successo, necessità che spinge il suo agente a contattare Lloyd Levin, responsabile degli sviluppi di una sussidiaria della 20th Century Fox, la Gordon Company. Fu proprio Levin ad affidare a Stuart il compito di trasformare Nothing Last Forever in un film d’azione, intenzionato a cavalcare l’interesse del pubblico del periodo. A dare questa percezione era il successo di Rambo, l’eroe action per eccellenza di quegli anni, tanto che nelle prime idee di Stuart il progetto era pensato come una sorta di Rambo in un palazzo di uffici.

Stuart, che non aveva precedenti esperienze nella scrittura di film d’azione, si trovò a dover gestire un incarico pesante, che lo portò al limite dell’esaurimento nervoso, condizione che si riflettè anche sul suo matrimonio. Fortunatamente, verrebbe da dire, perché fu proprio una discussione con la moglie a dargli l’ispirazione per l’elemento scatenante del film, ossia i difficili rapporti tra John McLean e la moglie Connie. Attingendo dalla propria esperienza e dai racconti dei conoscenti, Stuart trovò le ispirazioni per costruire il suo protagonista e motivare la sua presenza a Los Angeles: riconciliarsi con la moglie prima che fosse troppo tardi.

La sceneggiatura iniziale di Stuart mancava però di mordente per essere un film d’azione, motivo che spinse la produzione ad affidarne la riscrittura a Steven de Souza, che aveva mostrato di saper creare una perfetta sintonia tra elementi action e comici. L’idea di de Souza fu semplice: cambiare il punto di vista della storia, immaginando che il protagonista non fosse McClane, ma Hans Gruber.

“Se Gruber non avesse pianifica la rapina, McClane sarebbe semplicemente andato alla festa, e si sarebbe riconciliato con la moglie, o forse no. In certi momenti, invece, bisogna guardare la storia dal punto di vista del cattivo per comprendere dove stia puntando la narrazione”

Un’impostazione che coinvolse anche John McTiernan, scelto dalla produzione dopo il suo ottimo lavoro con Predator, che vide in questo approccio una chiave di lettura di Trappola di Cristallo dinamica e avvincente, in cui poter inserire quegli elementi di comicità irriverente che intendeva far emergere da questa avventura. Non a caso, la sceneggiatura venne più volta rielaborata, al punto che alcune delle scene più note e apprezzate del film nacquero quasi per caso, da idee avute improvvisamente sul set e che contrastavano con quanto invece scritto nella sceneggiatura.

La stessa scansione temporale della storia fu pesantemente rivista, passando dai tre giorni immaginati da Stuart alla night run finale, intuizione avuta da McTiernan  dopo aver assistito a una messa in scena di Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare.

McTiernan fu autore anche di altri cambiamenti, come il rendere i terroristi dei criminali, o la definizione finale di McClane, passato dall’essere un investigatore ‘tradizionale’, a poliziotto con una particolare ostilità verso l’autorità e con uno spiccato senso dell’umorismo. Una definizione che necessitava di un attore in grado di incarnare al meglio questo ruolo, che per la produzione non poteva che esser affidato a uno dei volti più amati di Hollywood del periodo, ma la cui assegnazione si rivelò invece una sorpresa per tutti.

Due protagonisi esordienti

La scelta del cast di Trappola di Cristallo fu una vera scommessa. Nonostante la major volesse nomi celebri per interpretare il protagonista, la lunga sequela di rifiuti di attori come Charles Bronson, Tom Berenger, Mel Gibson e Stallone costringe la produzione a puntare a un volto emergente, che stava dimostrando una certa personalità sul piccolo schermo nella serie Moonlight: Bruce Willis.

Scelta coraggiosa, considerato che all’epoca Willis non aveva esperienze cinematografiche di rilievo, eppure la 20Th Century decise di investire su di lui, con uno stratosferico ingaggio di cinque millioni di dollari, ponendolo allo stesso livello di altre affermate star del periodo. Una scelta che Willis commentò molto chiaramente:

“Mi hanno pagato quanto pensavano che valessi per il film, e per loro”

In effetti, prendere un attore di serie tv e trasformarlo nel nuovo action hero poteva sembrare una follia, eppure Bruce Willis si rivelò una scommessa vincente. Per prepararsi alla parte, Willis frequentò anche alcuni poliziotti di Los Angeles, scoprendo un umorismo cinico tipico delle forze dell’ordine che cercò di trasmettere al suo alter ego, dando vita a una delle interpretazioni più iconiche del periodo. A rendere avvincente il personaggio fu il fatto che, contrariamente ad altri eroi come Rambo o i muscolosi eroi interpretati da Schwarzenegger, McClane era un poliziotto ‘normale’, costretto ad affrontare un calvario natalizio per salvare la moglie e gli ostaggi di una banda di criminali. Curiosamente, i rapinatori di origine tedesca in realtà erano quasi  tutti americani che parlavano un tedesco alquanto maccaronico, tanto che vennero doppiati in un secondo momento, mentre l’unico a conoscere davvero bene il tedesco era Bruce Willis, considerato che è figlio di un militare americano di stanza alla base di Idar-Oberstein e di un giovane tedesca.

Bruce Willis ha quindi un debito non indifferente con il film di McTiernan. Le intuizioni di de Souza e del regista lo hanno messo in condizione di interpretare uno dei grandi action hero del cinema, capace di affrontare e sgominare una banda di criminali completamente solo e di non venire fermato nemmeno quando si tratta di correre scalzo sopra delle schegge di vetro. Scena che venne realizzata grazie all'utilizzo di protesi di gomma modellate sui piedi dell'attore, un effetto speciale artigianale perfettamente riuscito.

Per quanto venga universalmente riconosciuto come il primo film di successo di Bruce Willis, che ne avviò la carriera cinematografica, un altro attore molto amato dal pubblico ottenne venne tenuto a battesimo da Trappola di Cristallo: Alan Rickman. Il compianto interprete di Severus Piton, infatti, venne scoperto dal produttore Joel Silver mentre interpretava a Broadway una messa in scena de Le relazioni pericolose, dove prestava il volto al villain de Valmont, interpretato talmente bene che convinse il produttore a preferire l’attore inglese alla prima scelta, l’americano Sam Neil. La scelta si rivelò particolarmente felice, considerato che Rickman non si limitò a interpretare Hans Gruber, ma diede preziosi consigli a McTiernan, come il vestire il capo dei criminali in modo ricercato, in modo da rendere possibile la scena in cui Gruber si finge un ostaggio, immaginata da McTiernan dopo avere sentito Rickman simulare un convincente accento americano. Momento particolarmente inteso tra McClane e Gruber, un criminale che si cerca di non inquadrare quando vengono utilizzate le armi, dato che Rickman aveva il terrore degli spari e tendeva a chiudere gli occhi e voltare di scatto il volto sentendo le armi in funzione.

Per Rickman, questo ruolo fu particolarmente impegnativo. Nei primi giorni di riprese si infortunò a un piede, tanto che gran parte delle scene in cui recita in piedi sono girate in modo da non riprenderlo a scena intera per non mostrare che rimane in equilibrio solamente su una gamba, per non sforzare quella ferita. Una condizione che non gli impedì, però, di recitare una scena madre del film: la caduta di Hans Gruber. Considerata la particolarità della scena, con la macchina da presa che inquadra dall’alto la caduta del criminale, era necessario che fosse lo stesso Rickman a effettuare la caduta, che venne realizzata lasciando cadere l’attore da un’altezza di nove metri, facendolo atterrare su un apposito materasso. La sua espressione convincente, ironicamente, è stata ottenuta a tradimento: lo stuntman che lo tratteneva, infatti, lo lasciò andare prima del previsto.

Fortunatamente si riuscì a realizzare questo momento drammatica al primo tentativo, visto che Rickman aveva acconsentito a fare un solo tentativo, ma fortunatamente si riuscì a mantenere il focus della camera sul suolo volto per il tempo necessario. Una scena,inoltre,  che lega, in un certo senso, i due ruolo più noti di Rickman, se ripensiamo che quando il suo Piton uccide Silente in Harry Potter e il principe mezzosangue, il rettore di Hogwarts viene ripreso dalla telecamera nello stesso modo con cui venne seguita la caduta di Hans Gruber.

Un action movie atipico

Trappola di Cristallo, pur essendo considerato come uno dei grandi action movie del perido, si contraddistingue per alcune caratteristiche che lo rendono un unicum. Mentre i grandi nomi del genere come Stallone o Schwarzenegger interpretavano personaggi che fossero un simbolo di eroi macho apparentemente invincibili, il John McClane di Bruce Willis mostra tratti fuori dall’archetipo. Non è in cerca di  vendetta, ma sta cercando di riconquistare l’amore della moglie. Non è convinto di esser un eroe invincibile, ma al contrario non manca di far emergere i dubbi su alcuni sue idee decisamente poco sagge (“pensa prima di agire” è un suo ritornello) e non manca di far emergere le sue difficoltà nell’affrontate questi criminali senza scrupoli. Emblematico in tal senso lo scambio di batture con Hans Gruber, dove il criminale lo paragona a Rambo o John Wayne, mentre McClane si professa più un tipo alla Roy Rogers, personaggio meno eroico e più amichevole, per quanto avventuroso, da cui McClane prese anche il suo celebre motto: Yippie-Ki-Yay. Roy Rogers terminava con kids, ma vista la situazione possiamo comprendere come McClane si conceda un finale meno edulcorato.

Soprattutto, la moglie di McClane, Holly (Bonnie Bedelia) è tutto fuorchè una damsel in mistress. Fedele alla prima sceneggiatura di Stuart, infatti, Holly viene presentata come una donna moderna, capace di attraversare il paese pur di preservare la propria identità durante la lite con il marito, non temendo di presentarsi al modo con il suo nome da nubile, Gennaro, ma capace anche di mostrare con orgoglio di esser la moglie di McClane. E non dimentichiamo come anche nel capitolo seguente, 58 minuti per morire (Die Harder), ribadisca la sua grinta tutt’altro che scontata.

La più grande storia di Natale

Nonostante sia uscito in piena stagione estiva, il 12 luglio 1988, Trappola di Cristallo è considerato uno dei più amati film di Natale. A cominciare dalla Fox, che nelle festività natalizie del 2018 lo presentò come The Greatest Christmas Story.

Quando questa insolita caratteristica di Trappola di Cristallo ha cominciato a divenire un aspetto sorprendente, è stato chiesto a uno degli interpreti, Reginald Vel Johnson, alias il sergente Al Powel, ha risposto in modo schietto:

“Mentre giravamo Trappola di Cristallo, non avevo assolutamente idea che potesse esser un film di Natale. Ero conscio che ci sarebbe stata un’atmosfera natalizia, ma non la vedevo come l’aspetto principale del film. E non ho mai compreso questa sua peculiarità sino a quando non mi è stata fatta notare dal pubblico, così ho cominciato a pensare che se per tutti è un film natalizio, va bene così, pensiamolo come tale se vi spinge a vederlo. E a quanto pare funziona, visto che hanno cominciato a farlo vedere a ogni Natale!”

A ben vedere, difficilmente si potrebbe associare a una storia così violenta i tipici buoni sentimenti natalizi, eppure in Trappola di Cristallo sono presenti dei tratti che lo rendono una pellicola perfetta per il nostro Natale, inserendosi in una tradizione cinematografica che dopo averci deliziato con storie come La vita è meravigliosa può accogliere anche le prime due avventure di McClane, il grande classico Una poltrona per due o la strana coppia protagonista del primo Arma Letale. D’altronde, in Trappola di Cristallo siamo in pieno periodo natalizio, come ci ricorda un ricco campionario di canzoni a tema (con le immancabili Jingle Bells e Let it snow) o l’ironia con cui McClane deride i criminali citando nientemeno che Babbo Natale. Su un piano più emotivo, va riconosciuto a McClane di esser pronto a tutto pur di ricongiungersi con la sua famiglia, come nelle migliori tradizioni natalizie.