La raccolta di dati personali per l'addestramento dell'intelligenza artificiale sta assumendo forme sempre più creative e dirette, con aziende che pagano direttamente gli utenti per ottenere contenuti specifici. Il caso di Eufy, marchio di telecamere di sicurezza (che potete acquistare anche su Amazon) della cinese Anker, rappresenta un esempio emblematico di come le società tecnologiche stiano monetizzando la partecipazione degli utenti alla creazione di dataset per i loro algoritmi. L'iniziativa, che prevedeva il pagamento di 2 dollari per ogni video di furto caricato dagli utenti, solleva interrogativi significativi sul bilanciamento tra incentivi economici e tutela della privacy.
L'iniziativa che trasforma gli utenti in attori
La proposta di Eufy aveva una caratteristica particolare: incoraggiava esplicitamente la creazione di contenuti finti per addestrare l'AI. Sul sito web dell'azienda, gli utenti venivano invitati a "fingere di essere ladri" per creare eventi simulati che potessero essere utili per l'addestramento degli algoritmi di riconoscimento. La campagna, attiva dal 18 dicembre 2024 al 25 febbraio 2025, puntava a raccogliere 20.000 video di furti di pacchi e altrettanti di tentativi di effrazione di automobili.
Il sistema di ricompense era strutturato in modo da massimizzare l'efficienza: un singolo evento simulato poteva essere ripreso contemporaneamente da due telecamere esterne, permettendo agli utenti di guadagnare rapidamente. Chi si cimentava nella simulazione di un furto d'auto poteva arrivare a guadagnare fino a 80 dollari, rendendo l'attività economicamente interessante per molti partecipanti.
Numeri impressionanti e partecipazione di massa
I dati emersi dalla piattaforma di Eufy rivelano una partecipazione sorprendentemente alta al programma di "donazione" video. La classifica degli utenti più attivi, visibile attraverso una "Honor Wall" nell'applicazione, mostra che l'utente più prolifico ha contribuito con oltre 200.000 video. Più di 120 persone hanno pubblicamente dichiarato la loro partecipazione alla campagna attraverso i commenti sulla pagina di annuncio dell'iniziativa.
L'azienda ha successivamente ampliato il programma, introducendo un sistema di ricompense più articolato che va dai semplici badge virtuali fino a telecamere gratuite e buoni regalo. Attualmente, il Video Donation Program continua a essere attivo, focalizzandosi esclusivamente su contenuti che coinvolgono persone, mentre un'iniziativa separata riguarda anche i video registrati dai baby monitor dell'azienda.
I precedenti che alimentano la diffidenza
La credibilità delle promesse di Eufy sulla tutela della privacy viene messa in discussione da episodi passati che hanno coinvolto l'azienda. Nel 2023, The Verge aveva rivelato che l'azienda aveva tentato di nascondere il fatto che i flussi video delle telecamere, pubblicizzati come crittografati end-to-end, erano in realtà accessibili in forma non crittografata attraverso il portale web della società.
Dopo un confronto serrato con la testata tecnologica, Anker ha ammesso di aver fuorviato gli utenti e si è impegnata a risolvere il problema. Questo precedente solleva dubbi legittimi sulla trasparenza dell'azienda riguardo al trattamento dei dati degli utenti, specialmente considerando la sensibilità dei contenuti ora raccolti per l'addestramento dell'AI.
Un fenomeno in espansione con rischi crescenti
Il caso Eufy non è isolato nel panorama tecnologico attuale. L'esempio di Neon, un'applicazione che offriva denaro in cambio di registrazioni e trascrizioni delle chiamate telefoniche, dimostra come questa tendenza possa nascondere vulnerabilità di sicurezza significative. L'app è stata costretta a chiudere temporaneamente dopo che TechCrunch ha scoperto una falla che permetteva agli utenti di accedere ai dati di altri utilizzatori.
Questi episodi evidenziano come la corsa alla raccolta di dati per l'intelligenza artificiale stia spingendo le aziende a sperimentare nuovi modelli di coinvolgimento degli utenti, spesso senza considerare adeguatamente le implicazioni per la sicurezza e la privacy. La disponibilità degli utenti a condividere contenuti personali in cambio di compensi economici modesti crea un mercato in cui i dati diventano una merce di scambio diretta, trasformando radicalmente il rapporto tradizionale tra utente e servizio tecnologico.