Le infrastrutture europee si trovano sempre più nel mirino di attacchi informatici e l'ultima vittima è stata una diga norvegese che ha subito un'operazione di sabotaggio dalle conseguenze potenzialmente devastanti.
Il caso della diga di Bremanger rappresenta un'escalation preoccupante nella guerra digitale che si sta combattendo tra Russia e Occidente, dove le armi non sono più solo malware e ransomware, ma includono il controllo remoto di infrastrutture vitali. Questo episodio dimostra come la conflittualità geopolitica si sia trasferita definitivamente anche nel dominio digitale, trasformando dighe, centrali elettriche e sistemi idrici in potenziali campi di battaglia virtuali.
L'attacco che ha aperto le paratoie da remoto
I dettagli dell'operazione rivelano una capacità tecnica sofisticata da parte degli aggressori, che sono riusciti ad accedere ai sistemi di controllo industriale della diga e ad aprire le paratoie in modo completamente automatizzato. Per circa quattro ore consecutive, l'impianto ha rilasciato 500 litri d'acqua al secondo senza che nessuno se ne accorgesse, un volume che avrebbe potuto causare danni significativi a valle se l'attacco fosse durato più a lungo. La scoperta dell'intrusione è avvenuta solo quando il personale tecnico ha notato anomalie nei flussi idrici, evidenziando le vulnerabilità dei sistemi di monitoraggio automatico delle infrastrutture critiche.
Gli autori dell'attacco non si sono limitati al sabotaggio, ma hanno rivendicato pubblicamente l'operazione attraverso un video di tre minuti pubblicato sui social media proprio nel giorno dell'attacco. Il materiale video conteneva chiari riferimenti e loghi di gruppi cybercriminali filo-russi, suggerendo una volontà precisa di attribuire politicamente l'azione piuttosto che mantenerla nell'anonimato tipico di altre operazioni cibernetiche.
La strategia del terrore digitale
Beate Gangås, responsabile del Servizio di Sicurezza della Polizia norvegese (PST), ha utilizzato questo episodio per illustrare quella che definisce una strategia russa di destabilizzazione psicologica attraverso il cyberspazio. Secondo la sua analisi, l'obiettivo primario di Mosca non sarebbe tanto il danno materiale quanto la creazione di un clima di insicurezza e paura tra la popolazione civile occidentale. "Il nostro vicino russo è diventato più pericoloso", ha dichiarato mercoledì Gangås, sottolineando come questi attacchi mirino deliberatamente a "influenzare e causare paura e chaos tra la popolazione generale".
L'attribuzione ufficiale dell'attacco alla Russia da parte delle autorità norvegesi si basa su elementi investigativi che vanno oltre le rivendicazioni social. Gli individui identificati come responsabili dell'operazione erano già noti ai servizi di intelligence per il loro coinvolgimento in precedenti attacchi informatici contro obiettivi occidentali, suggerendo l'esistenza di una rete organizzata di operatori specializzati in questo tipo di sabotaggio digitale.
I paesi nordici nel mirino della pressione russa
La risposta di Mosca alle accuse norvegesi è arrivata attraverso i canali diplomatici tradizionali, con l'ambasciata russa a Oslo che ha bollato le dichiarazioni di Gangås come "infondate" e parte di un tentativo di "sostanziare la minaccia mitica del sabotaggio russo contro le infrastrutture norvegesi". La replica russa ha accusato il PST di aver "inventato" questa minaccia in un rapporto pubblicato a febbraio, cercando ora di trovare prove a posteriori per giustificare le proprie valutazioni.
Il contesto geopolitico rende tuttavia questi dinieghi poco credibili, considerando l'intensificarsi delle minacce russe verso i paesi che supportano l'Ucraina e la pressione specifica esercitata sui paesi nordici per scoraggiarli dall'adesione alla NATO. Finlandia e Svezia hanno ricevuto avvertimenti espliciti contro l'ingresso nell'Alleanza Atlantica, avvertimenti che si sono rivelati inefficaci dato che entrambi i paesi sono ora membri a pieno titolo dell'organizzazione.
La particolare vulnerabilità di Norvegia e Finlandia deriva anche dalla loro posizione geografica, essendo gli unici paesi nordici a condividere confini terrestri diretti con la Russia. La Finlandia si trova a gestire una frontiera di oltre 1.300 chilometri con il vicino orientale, mentre la Norvegia deve sorvegliare circa 200 chilometri di confine artico, creando sfide uniche in termini di sicurezza nazionale e protezione delle infrastrutture critiche.