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a cura di Manolo De Agostini

Spesso sotto accusa negli Stati Uniti, i videogiochi violenti continuano ad essere oggetto di leggi approvate per proteggere la gioventù, delle misure generalmente limitate a pochi Stati - e molto spesso dichiarate anti-costituzionali dalla giustizia.

Così, una legge votata nell'autunno nel Michigan, che proibiva rigorosamente la vendita ai minori di titoli consigliati ai maggiori di diciassette anni (ma anche l'acquisto da parte dei genitori di questi giochi, se in realtà sono destinati ai bambini), è stato invalidato all'inizio del mese da un giudice federale, che lo ha qualificato contrario al 1° emendamento della costituzione americana, lo stesso che garantisce la libertà d'espressione.

Secondo il giudice, nessun legame serio è stato stabilito tra la violenza dei giovani e la loro pratica nel mondo dei videogiochi.

Molto attivo in questa crociata, il Michigan tenta da molti anni "di proteggere" la sua gioventù dai titoli scandalosi come Grand Theft Auto, Doom, Resident Evil o Mortal Kombat, ma non è il solo: se delle leggi simili dello Utah, dell'Illinois, dell'Indiana o della California sono state già sepolte (la maggior parte, ma non tutte, per le stesse ragioni di quella del Michigan), la Florida tenta ancora da molti mesi di integrare alla sua legislazione misure dello stesso tipo.

Le occorrerà tuttavia attendere ancora alcuni voti per poter concretizzare la proposta. Per quanto riguarda l'altro lato del Pacifico, anche in questa zona si studiano gli effetti sui giovani della violenza nei videogiochi. Il 10 aprile scorso un gruppo di lavoro, condotto dall'ex vice-governatore di Tokyo e dove partecipa attivamente la polizia nazionale giapponese, si è riunito per indagare sull'argomento.

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