NVIDIA sta sviluppando una tecnologia di verifica geografica integrata nei suoi acceleratori AI, capace di identificare in quale paese operano i chip attraverso l'analisi della latenza di comunicazione con i server dell'azienda. Secondo quanto rivelato da Reuters, questa funzionalità rappresenterebbe un tentativo di arginare il contrabbando delle GPU AI verso nazioni soggette a restrizioni all'esportazione, sfruttando le capacità di confidential computing già presenti nell'hardware.
La tecnologia si baserebbe su un sistema software opzionale che misura il ritardo nella comunicazione tra le GPU e i server NVIDIA per stimare approssimativamente la posizione geografica dei dispositivi. Non si tratterebbe quindi di un sistema GPS integrato, ma di una triangolazione basata sulla latenza di rete, metodo che offre un livello di precisione limitato ma sufficiente per identificare il paese di operatività. L'implementazione sfrutterebbe le funzionalità di confidential computing già presenti nelle architetture Hopper e successive, pensate originariamente per garantire la sicurezza dei dati durante l'elaborazione.
Il contesto che ha spinto NVIDIA a considerare questa soluzione è quello di un mercato nero fiorente. Il Dipartimento di Giustizia statunitense ha recentemente smantellato un'operazione di contrabbando del valore di 160 milioni di dollari che coinvolgeva l'esportazione illegale di GPU H100 e H200 verso la Cina. Un'inchiesta del Financial Times ha inoltre rivelato che durante i primi tre mesi dell'amministrazione Trump sarebbero entrati nel paese asiatico acceleratori AI Nvidia per un valore stimato di 1 miliardo di dollari, nonostante i divieti di esportazione.
Dal punto di vista tecnico, l'efficacia di un sistema basato sulla latenza presenta limiti intrinseci. Le reti VPN, i server proxy e le architetture di rete complesse potrebbero facilmente mascherare o falsificare la posizione apparente di un acceleratore AI. Inoltre, un dato di latenza può al massimo fornire un'indicazione geografica approssimativa – sufficiente forse per distinguere tra continenti, ma difficilmente per individuare con precisione la città o il data center specifico. Si tratterebbe quindi più di un deterrente simbolico che di uno strumento di enforcement tecnologico robusto.
La questione solleva interrogativi più ampi sul controllo hardware e software dei componenti critici. Qualsiasi dispositivo connesso in rete è tecnicamente tracciabile attraverso l'analisi del traffico, ma integrare questa capacità direttamente nel firmware o nel software di gestione dei chip rappresenta un passo ulteriore. Per i data center europei e asiatici che utilizzano hardware NVIDIA, emerge la domanda su quale livello di autonomia operativa rimanga quando il produttore mantiene capacità di monitoraggio remoto, seppur giustificate da obblighi normativi statunitensi.
NVIDIA non ha confermato ufficialmente l'esistenza di questa tecnologia, e le fonti di Reuters rimangono anonime. L'azienda di Santa Clara si trova a bilanciare pressioni contrapposte: da un lato le richieste dell'amministrazione statunitense e del Congresso di garantire il rispetto delle restrizioni all'esportazione, dall'altro la necessità di mantenere la fiducia dei clienti globali in merito alla neutralità e sicurezza dei propri prodotti.