La prevalenza relativamente elevata dei disturbi dello spettro autistico nella popolazione umana moderna potrebbe rappresentare un'eredità evolutiva dei cambiamenti genetici che hanno reso unico il cervello della nostra specie. Mentre negli Stati Uniti un bambino su 31 riceve una diagnosi di disturbo dello spettro autistico e a livello globale l'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che un bambino su 100 presenti questa condizione, una nuova ricerca pubblicata su Molecular Biology and Evolution di Oxford University Press suggerisce che questa caratteristica sia strettamente legata all'evoluzione umana. Dal punto di vista evolutivo, sia l'autismo che la schizofrenia sembrano essere fenomeni pressoché esclusivi della nostra specie, raramente osservabili nei primati non umani.
La specificità umana dei disturbi neuropsichiatrici
I comportamenti associati a questi disturbi coinvolgono principalmente funzioni cognitive sofisticate come la produzione e la comprensione del linguaggio, capacità che rappresentano caratteristiche distintive dell'essere umano o che negli umani hanno raggiunto livelli di complessità senza precedenti nel regno animale. Questa peculiarità ha spinto i ricercatori a indagare più approfonditamente i meccanismi evolutivi che potrebbero aver favorito la comparsa di tali condizioni nella nostra specie.
L'avvento del sequenziamento dell'RNA a singola cellula ha rivoluzionato la comprensione della diversità cellulare cerebrale, rivelando come il cervello dei mammiferi contenga una varietà sorprendente di tipologie neuronali. Parallelamente, gli studi di sequenziamento su larga scala hanno identificato estensive modificazioni genetiche uniche nell'Homo sapiens, elementi genomici che sono rimasti relativamente stabili durante l'evoluzione mammaliana generale ma hanno subito rapidi cambiamenti nella linea evolutiva umana.
L'evoluzione accelerata dei neuroni corticali
Analizzando dataset di sequenziamento dell'RNA a singolo nucleo provenienti da tre regioni distinte del cervello mammaliano, i ricercatori hanno scoperto che i neuroni L2/3 IT, il tipo più abbondante negli strati esterni della corteccia cerebrale, hanno subito un'evoluzione eccezionalmente rapida nella linea evolutiva umana rispetto ad altri primati. Questa accelerazione evolutiva si è accompagnata a cambiamenti drammatici nei geni associati all'autismo, un processo probabilmente guidato dalla selezione naturale specifica della linea umana.
Sebbene i risultati indichino fortemente una selezione naturale per i geni associati ai disturbi dello spettro autistico, le ragioni per cui questo processo abbia conferito vantaggi evolutivi ai nostri antenati rimangono ancora poco chiare. La complessità di questa domanda deriva dalla nostra limitata comprensione di quali caratteristiche specificamente umane della cognizione, dell'anatomia cerebrale e delle connessioni neuronali abbiano fornito vantaggi selettivi ai nostri predecessori.
Il ruolo dello sviluppo cerebrale rallentato
Gli autori dello studio ipotizzano che molti di questi geni siano associati a ritardi nello sviluppo, suggerendo che la loro evoluzione potrebbe aver contribuito al rallentamento dello sviluppo cerebrale postnatale negli umani rispetto agli scimpanzé. Questa teoria trova supporto nel fatto che la capacità di produzione e comprensione del linguaggio, caratteristica distintiva della specie umana, risulta spesso compromessa nell'autismo e nella schizofrenia.
La rapida evoluzione dei geni collegati all'autismo potrebbe aver conferito vantaggi selettivi attraverso il prolungamento dello sviluppo cerebrale postnatale o l'incremento delle capacità linguistiche. Un periodo più esteso di sviluppo cerebrale durante l'infanzia si è rivelato vantaggioso per l'evoluzione umana poiché ha permesso lo sviluppo di capacità cognitive più complesse e sofisticate.
Come sottolinea Alexander L. Starr, autore principale della ricerca, "I nostri risultati suggeriscono che alcuni degli stessi cambiamenti genetici che rendono unico il cervello umano hanno anche reso gli umani più neurodiversi". Questa prospettiva evolutiva offre una nuova chiave di lettura per comprendere la neurodiversità umana non come anomalia, ma come conseguenza inevitabile dei processi che hanno plasmato le capacità cognitive eccezionali della nostra specie.