Il trattamento del cancro potrebbe presto beneficiare di un approccio rivoluzionario basato su una combinazione inedita: batteri geneticamente modificati che trasportano virus oncolitici direttamente nei tumori più difficili da raggiungere. Questa strategia, sviluppata dai ricercatori della Columbia University di New York, mira a superare uno dei principali ostacoli della terapia virale, ovvero la rapida eliminazione dei virus da parte del sistema immunitario prima che possano agire. I primi test sui topi hanno mostrato un rallentamento significativo della crescita tumorale, aprendo nuove prospettive per il trattamento di neoplasie profonde che oggi pongono sfide enormi alla medicina.
L'ostacolo del sistema immunitario nella terapia virale
Attualmente esistono diverse terapie a base di virus oncolitici approvate per tumori della pelle, del cervello e della testa-collo. Queste prevedono l’iniezione diretta di virus modificati nelle masse tumorali, dove infettano e distruggono le cellule cancerose. Ma per i tumori profondi la strada è più complessa: i virus devono viaggiare nel sangue e vengono eliminati prima di arrivare a destinazione. Questo ha limitato finora l’uso della terapia virale a neoplasie più facilmente accessibili.
Per aggirare l’ostacolo, il team guidato da Zakary Singer ha sviluppato una “strategia del cavallo di Troia” basata su batteri Salmonella typhimurium resi innocui e meno riconoscibili dal sistema immunitario. Questi sono stati ingegnerizzati per trasportare il genoma del Senecavirus A, efficace nell’eliminare cellule tumorali in esperimenti di laboratorio. Una volta penetrati nelle cellule cancerose, i batteri rilasciano il materiale genetico del virus, che può così attaccare il tumore dall’interno.
Risultati promettenti negli esperimenti sui topi
Nei test, i ricercatori hanno impiantato tumori nervosi sul dorso dei topi. Una settimana dopo, metà degli animali ha ricevuto CAPPSID, il sistema batterico sviluppato, mentre l’altra metà ha ricevuto solo il virus. In un giorno CAPPSID si era accumulato selettivamente nei tumori, mentre le tracce rimaste nel sangue venivano eliminate senza effetti collaterali. I tumori trattati solo con Senecavirus A raggiungevano le dimensioni massime in 11 giorni, mentre quelli trattati con CAPPSID impiegavano 21 giorni. In alcuni casi, CAPPSID ha persino eradicato tumori polmonari umani impiantati nei topi.
Guy Simpson dell’Università del Surrey sottolinea come l’approccio potrebbe risultare ancora più efficace contro tumori a crescita lenta o particolarmente aggressivi, come quello pancreatico. Prima dell’applicazione clinica, saranno necessari ulteriori studi su topi e primati non umani per verificare l’efficacia contro un’ampia gamma di neoplasie. Se confermata, questa strategia potrebbe aprire la strada a una nuova generazione di terapie capaci di colpire tumori profondi con precisione e senza effetti collaterali gravi.