Il Brasile si trova a un bivio cruciale mentre si prepara a ospitare il vertice climatico COP30 di quest'anno. Una nuova legislazione appena approvata dal Parlamento brasiliano potrebbe rappresentare il più grande arretramento ambientale del paese sudamericano dai tempi della dittatura militare, secondo gli esperti delle Nazioni Unite. La proposta, soprannominata dai critici "legge della devastazione", mira a semplificare drasticamente le procedure di approvazione per progetti di sviluppo infrastrutturale, ma rischia di aprire la strada a danni ambientali irreversibili e violazioni dei diritti umani.
Un sistema di licenze sotto accusa
Il cuore della controversia riguarda la drastica semplificazione del sistema di licenze ambientali per infrastrutture come strade, dighe, progetti energetici e miniere. La relatrice speciale delle Nazioni Unite Astrid Puentes Riaño ha espresso serie preoccupazioni alla BBC, definendo la proposta un "ritorno indietro di decenni" nelle tutele ambientali brasiliane. Secondo il nuovo regime normativo, alcune aziende potrebbero autodichiarare il proprio impatto ambientale attraverso un semplice modulo online per progetti considerati di minor entità.
I sostenitori della riforma sostengono che il sistema attuale è troppo burocratico e complesso, causando ritardi che ostacolano lo sviluppo economico del paese. La nuova legge stabilirebbe un termine massimo di 12 mesi, estendibile a 24, entro cui le agenzie ambientali devono decidere sulla concessione delle licenze per progetti strategici. Se questo termine venisse superato, la licenza potrebbe essere automaticamente approvata.
L'Amazzonia nel mirino
Le preoccupazioni maggiori riguardano l'impatto sulla foresta amazzonica, già sotto pressione per la deforestazione causata da agricoltura e attività minerarie, spesso illegali. Riaño ha espresso particolare allarme per i piani di rinnovo automatico delle licenze per alcuni progetti, dichiarando che questo "impedirà di condurre valutazioni di impatto ambientale su questi progetti, alcuni dei quali includeranno attività minerarie o infrastrutturali che richiedono una valutazione completa".
L'analisi pubblicata due mesi fa aveva già mostrato come vaste aree dell'Amazzonia fossero state distrutte nel 2024, con incendi alimentati dalla siccità che si sono aggiunti alle pressioni della deforestazione causata dall'uomo. La nuova legislazione, secondo i critici, potrebbe accelerare ulteriormente questo processo distruttivo.
Diritti indigeni a rischio
Un aspetto particolarmente controverso della proposta riguarda l'allentamento dei requisiti di consultazione delle comunità indigene e delle tradizionali comunità quilombola, discendenti degli schiavi afro-brasiliani. La nuova normativa ridurrebbe l'obbligo di coinvolgere queste comunità nei processi decisionali, limitandolo ai casi in cui siano "direttamente impattate". Gli esperti delle Nazioni Unite temono che l'accelerazione delle valutazioni possa eliminare alcune forme di partecipazione e compromettere i diritti umani fondamentali.
Il Climate Observatory brasiliano ha definito la proposta il "più grande arretramento ambientale" dai tempi della dittatura militare, quando la costruzione di strade e l'espansione agricola portarono a un aumento della deforestazione amazzonica e allo sfollamento di molte popolazioni indigene.
La sfida di Lula
Il presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha tempo fino all'8 agosto per decidere se approvare o porre il veto alla nuova legge. La sua ministra dell'Ambiente e dei Cambiamenti Climatici, Marina Silva, si è fermamente opposta al provvedimento, condannandolo come un "colpo mortale" alle protezioni ambientali. Tuttavia, la ministra in passato si è già trovata in disaccordo con il presidente su altre questioni, incluse le proposte per l'esplorazione petrolifera nel bacino amazzonico.
Anche in caso di veto presidenziale, il Congresso a maggioranza conservatrice potrebbe tentare di ribaltare la decisione. I sostenitori della riforma sostengono che essa favorirebbe lo sviluppo economico, inclusi i progetti di energia rinnovabile, stimolando la crescita dell'economia e riducendo i costi per le imprese e lo stato. Tuttavia, gli esperti legali avvertono che l'indebolimento delle protezioni ambientali potrebbe contraddire i diritti costituzionali che garantiscono un ambiente ecologicamente equilibrato, aprendo la strada a future sfide legali.