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Riparazione muscolare lampo: la scoperta che sorprende

Un team del Cincinnati Children’s scopre macrofagi capaci di attivare i muscoli in pochi secondi, aprendo a nuove terapie rigenerative.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 25/11/2025 alle 08:45

La notizia in un minuto

  • I macrofagi infiltranti formano contatti simil-sinaptici con le fibre muscolari danneggiate, rilasciando ioni calcio che attivano una risposta elettrica in soli 10-30 secondi
  • La scoperta del Cincinnati Children's Hospital dimostra che questo meccanismo funziona sia per lesioni acute che per condizioni degenerative come le distrofie muscolari, aumentando significativamente il numero di nuove fibre dopo dieci giorni
  • Il sistema potrebbe rivoluzionare il recupero post-chirurgico e il trattamento delle miopatie, trasformando i macrofagi in vettori terapeutici per rigenerare il tessuto muscolare

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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La riparazione muscolare potrebbe presto essere compresa – e curata – in modo radicalmente nuovo grazie a una scoperta che collega il sistema immunitario al funzionamento delle sinapsi nervose. Un gruppo di ricerca del Cincinnati Children's Hospital ha identificato un meccanismo cellulare inedito attraverso cui specifici macrofagi, cellule immunitarie tradizionalmente note per il loro ruolo di "spazzini" dell'organismo, comunicano con le fibre muscolari danneggiate utilizzando segnali rapidi simili a quelli neuronali. Lo studio, coordinato da Michael Jankowski e pubblicato su Current Biology il 21 novembre 2025, apre prospettive inaspettate sia per il trattamento delle lesioni acute sia per le patologie degenerative come le distrofie muscolari.

Il contesto di partenza della ricerca era in realtà un altro: il team guidato da Jankowski, che dirige la Divisione di Ricerca del Dipartimento di Anestesia dell'ospedale pediatrico statunitense, cercava strategie per ridurre il dolore post-operatorio nei bambini e diminuire la dipendenza da farmaci analgesici con effetti collaterali significativi. Durante questi esperimenti, condotti su modelli murini con due diverse tipologie di danno muscolare – una lesione acuta da trauma e una condizione simile alla distrofia muscolare – i ricercatori hanno osservato un fenomeno sorprendente che nulla aveva a che fare con la modulazione del dolore.

I macrofagi infiltranti, cioè quelle cellule immunitarie che giungono nel tessuto danneggiato dopo l'evento lesivo e non risiedono stabilmente in esso, formano contatti di tipo sinaptico con le miofibre muscolari e rilasciano ioni calcio direttamente alle cellule danneggiate. Questo trasferimento innesca un'attivazione elettrica misurabile nel muscolo entro un intervallo temporale compreso tra 10 e 30 secondi, un tempo di risposta paragonabile a quello delle sinapsi nervose. Come sottolinea Jankowski, "la sorpresa maggiore è stata scoprire che un macrofago possiede una proprietà simil-sinaptica capace di veicolare uno ione a una fibra muscolare per facilitarne la riparazione dopo un danno". Il ricercatore aggiunge che il processo funziona letteralmente come un neurone, operando in modalità estremamente rapida per regolare la rigenerazione tissutale.

Attivando il macrofago è possibile far contrarre il muscolo in modo quasi immediato, un fenomeno che avviene in pochi secondi

La conferma sperimentale di questo meccanismo è stata ottenuta attraverso l'uso di composti chimici designer che attivano selettivamente i macrofagi: in tempo reale, i ricercatori hanno documentato la formazione dei contatti cellulari e registrato le scariche elettriche nel tessuto muscolare lesionato. Ancora più rilevante è che lo stesso tipo di segnalazione ha dimostrato efficacia in entrambi i modelli sperimentali utilizzati, quello di lesione acuta e quello di degenerazione cronica. Dopo dieci giorni di trattamento, i topi che avevano ricevuto la stimolazione macrofagica presentavano un numero sostanzialmente maggiore di nuove fibre muscolari rispetto ai controlli non trattati.

La scoperta potrebbe rivoluzionare l'approccio terapeutico a numerose condizioni cliniche. Se confermato nell'uomo, il meccanismo potrebbe essere sfruttato per accelerare il recupero dopo interventi chirurgici, traumi sportivi e altre lesioni acute, ma anche per rallentare o invertire il declino muscolare nelle distrofie e in altre miopatie progressive. I macrofagi potrebbero inoltre fungere da vettori cellulari per terapie mirate, trasportando molecole terapeutiche direttamente alle cellule muscolari danneggiate. Tuttavia, come precisa il team di Cincinnati, rimangono molte domande aperte prima di qualsiasi applicazione clinica: è necessario verificare se i macrofagi umani si comportano allo stesso modo e, soprattutto, comprendere come modulare in sicurezza questo processo per scopi terapeutici.

Un risultato inatteso della ricerca riguarda proprio l'obiettivo iniziale dello studio: nonostante la capacità dei macrofagi infiltranti di accelerare la guarigione, questi non sembrano influenzare il dolore acuto. Questo dato potrebbe aiutare a chiarire perché circa il 20% dei bambini sottoposti a chirurgia continua a soffrire di dolore persistente nel periodo post-operatorio. Il gruppo di ricerca, che include tra gli altri Gyanesh Tripathi, primo autore dello studio, e Douglas Millay, intende ora indagare se i macrofagi possano veicolare altri tipi di segnali o materiali utili alle cellule muscolari, ampliando così le potenziali applicazioni di questa scoperta.

Il progetto, finanziato dai National Institutes of Health attraverso cinque diversi grant e dalla Cincinnati Children's Hospital Research Foundation, si inserisce in un filone di ricerca che sta progressivamente ridefinendo il ruolo del sistema immunitario nella rigenerazione tissutale. La capacità di alcune cellule immunitarie di dialogare con altri tessuti attraverso meccanismi rapidi e specifici rappresenta un'area di frontiera nella medicina rigenerativa, con implicazioni che potrebbero estendersi ben oltre il tessuto muscolare.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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