La sonda Juno della NASA ha ridimensionato letteralmente Giove, rivelando che il gigante gassoso del nostro sistema solare è più piccolo di quanto gli astronomi abbiano creduto per oltre quattro decenni. Le nuove misurazioni, condotte attraverso tecniche avanzate di radioccultazione, hanno sottratto ben 8 chilometri dal diametro del pianeta, ridisegnando la nostra comprensione della sua struttura fisica. Questa scoperta non rappresenta solo un aggiustamento numerico, ma apre nuove prospettive per comprendere i meccanismi interni di uno dei corpi celesti più enigmatici del sistema solare.
Quando la tecnologia moderna corregge il passato
Le ultime misurazioni precise del raggio di Giove risalivano alle missioni Voyager e Pioneer, lanciate più di quarant'anni fa. Quelle sonde pionieristiche utilizzavano onde radio attraverso l'atmosfera gioviana per calcolare la pressione del gas a determinate altezze, una tecnica chiamata radioccultazione che funziona in modo simile a come misuriamo il livello del mare sulla Terra. Tuttavia, la tecnologia dell'epoca permetteva solo sei occultazioni radio totali tra entrambe le missioni.
Eli Galanti dell'Istituto Weizmann di Scienze in Israele e il suo team hanno ora sfruttato le capacità superiori della sonda Juno, in orbita attorno al gigante gassoso dal 2016. I ricercatori hanno effettuato 13 diverse radioccultazioni, più del doppio dei dati raccolti dalle missioni precedenti, combinandole con misurazioni precise delle velocità dei venti gioviani per calcolare il diametro del pianeta.
Un gigante più schiacciato del previsto
I risultati presentati al Congresso Scientifico Europlanet di Helsinki rivelano dimensioni riviste: 142.976 chilometri di diametro all'equatore e 133.684 chilometri ai poli, considerando il gas alla pressione di 1 bar, equivalente a quella dell'atmosfera terrestre al livello del mare. La riduzione non è uniforme: mentre all'equatore il pianeta risulta circa 4 chilometri più piccolo, ai poli la differenza è molto più marcata.
Questa maggiore obliquità di Giove significa che il pianeta appare più appiattito ai poli di quanto precedentemente calcolato. "Dalle radioccultazioni di Juno scopriamo che la dimensione di Giove è minore, più oblata, perché all'equatore il cambiamento è di circa 4 chilometri in meno", ha spiegato Galanti durante la sua presentazione al congresso finlandese.
Implicazioni per la comprensione interna
La precisione di queste nuove misurazioni va oltre la semplice correzione dimensionale. Come sottolineato da Oded Aharonson, sempre dell'Istituto Weizmann ma non coinvolto direttamente nell'analisi, comprendere esattamente dove si trova il raggio planetario significa penetrare nei meccanismi interni del gigante gassoso. L'interno di Giove rimane infatti misterioso e difficile da sondare attraverso altri metodi.
Questi nuovi vincoli dimensionali potrebbero consentire agli scienziati di costruire modelli interni più accurati del pianeta. La differenza nelle misurazioni polari ed equatoriali fornisce infatti indizi cruciali sulla distribuzione della massa interna e sui processi dinamici che governano la rotazione e la forma del gigante gassoso. Per gli astronomi italiani, abituati a studiare i corpi celesti attraverso gli osservatori avanzati delle nostre montagne, questa ricerca dimostra come le missioni spaziali continuino a rivoluzionare la nostra comprensione del cosmo, correggendo anche le certezze più consolidate.