Un nuovo meccanismo molecolare attraverso cui i tumori disattivano le cellule immunitarie deputate alla loro distruzione è stato identificato dai ricercatori del Weill Cornell Medicine di New York. La scoperta, pubblicata il 17 novembre sulla prestigiosa rivista Nature Immunology, rivela come le masse tumorali non si limitino a eludere il sistema immunitario, ma siano in grado di riprogrammare attivamente i linfociti T, rendendoli progressivamente incapaci di combattere. Questa comprensione potrebbe aprire nuove strade terapeutiche per superare i limiti delle attuali immunoterapie oncologiche, che non funzionano in tutti i pazienti e perdono efficacia nel tempo.
Il fenomeno al centro dello studio è noto come esaurimento dei linfociti T, una condizione in cui queste cellule immunitarie mantengono la capacità di riconoscere le cellule cancerose ma perdono la loro funzione citotossica. Come spiega il dottor Taha Merghoub, professore di oncologia e farmacologia presso il Weill Cornell Medicine e co-autore senior dello studio: "Sono preparate, ma non uccidono più". Questo stato di inattività funzionale, sebbene dannoso nella lotta contro il cancro, rappresenta un meccanismo evolutivo che previene l'infiammazione incontrollata e la sepsi durante infezioni croniche.
Gli studi precedenti avevano identificato nella proteina di superficie PD1 un importante mediatore dell'esaurimento linfocitario. I farmaci inibitori dei checkpoint immunitari che prendono di mira PD1 hanno già dimostrato efficacia nella riattivazione dei linfociti T in tumori come il melanoma. Tuttavia, molti pazienti non rispondono a queste terapie o sviluppano resistenza nel tempo, suggerendo l'esistenza di ulteriori meccanismi di soppressione immunitaria ancora da scoprire.
Il team di ricerca ha concentrato l'attenzione su CD47, una molecola presente sulla superficie delle cellule tumorali già nota per funzionare come un segnale "non mangiarmi" che impedisce ad alcuni tipi di cellule immunitarie di fagocitarle. La sorpresa è arrivata quando i ricercatori hanno osservato che i linfociti T stessi esprimono CD47. "Quando i linfociti T vengono attivati, esprimono CD47. E quando diventano esausti, aumentano CD47 a livelli molto elevati", ha dichiarato Merghoub.
La chiave del meccanismo è emersa studiando l'interazione tra CD47 e trombospondina-1, una grande proteina secreta dalle cellule tumorali metastatiche. Quando i ricercatori hanno ingegnerizzato geneticamente topi privi di trombospondina-1, i loro linfociti T hanno mostrato significativamente meno segni di esaurimento. "È stato quello il vero momento eureka", ha sottolineato Merghoub. "Ci ha dimostrato che CD47 e trombospondina sono chiaramente attori chiave, perché eliminare l'uno o l'altro produce lo stesso effetto".
Per validare il potenziale terapeutico di questa scoperta, il gruppo di ricerca ha utilizzato un peptide sperimentale chiamato TAX2, progettato per bloccare specificamente l'interazione tra CD47 e trombospondina-1. I risultati negli esperimenti preclinici sono stati inequivocabili: TAX2 ha mantenuto l'attività dei linfociti T e rallentato la progressione tumorale in modelli murini di melanoma e cancro colorettale. Le cellule T negli animali trattati rimanevano più attive, rilasciavano maggiori quantità di citochine immunostimolatorie e dimostravano una capacità superiore di infiltrare le masse tumorali.
Un aspetto particolarmente promettente emerso dallo studio riguarda la possibilità di combinare l'inibizione del pathway CD47-trombospondina con le terapie anti-PD1 esistenti. Nel modello murino di tumore colorettale, TAX2 ha potenziato significativamente l'efficacia dell'immunoterapia basata su PD1. Secondo il dottor Jedd Wolchok, direttore del Sandra and Edward Meyer Cancer Center e co-autore senior dello studio: "Bloccando questo pathway, possiamo aiutare i linfociti T esausti a recuperare la loro forza e far funzionare meglio le immunoterapie esistenti per più pazienti".
Il dottor Chien-Huan Weng, primo autore dello studio e ricercatore in farmacologia, ha delineato i prossimi passi della ricerca: "Abbiamo utilizzato il peptide TAX2 come prova di concetto per confermare che l'interruzione del dialogo molecolare tra TSP-1 e CD47 previene l'esaurimento dei linfociti T nei topi con tumori. Il prossimo obiettivo è studiare sia i modulatori a monte che a valle che regolano il pathway TSP-1:CD47 e sviluppare mezzi per interrompere selettivamente, efficacemente e in modo sicuro questo pathway per migliorare l'immunoterapia oncologica basata sui linfociti T".
La ricerca è stata sostenuta da importanti finanziamenti nazionali e privati, tra cui il National Institutes of Health (grant R01-CA249294), il National Cancer Institute, il Dipartimento della Difesa statunitense, il Ludwig Institute for Cancer Research e il Parker Institute for Cancer Immunotherapy. Esperimenti preliminari sui modelli animali suggeriscono che l'inibizione combinata di PD1 e CD47 genera linfociti T significativamente più efficaci nella distruzione delle cellule cancerose. Questa strategia terapeutica duale rappresenta un'area di sviluppo prioritaria per il team di ricerca, con l'obiettivo ultimo di rendere le immunoterapie oncologiche accessibili ed efficaci per tutti i pazienti, anche quelli che attualmente non rispondono ai trattamenti disponibili o sviluppano resistenza.