La ricerca scientifica ha sfatato uno dei miti più persistenti sui centenari: non esiste una formula magica nascosta nei loro piatti preferiti. Mentre Maria Branyas Morera, la persona più anziana del mondo prima della sua morte a 117 anni, attribuiva la sua longevità ai tre yogurt consumati quotidianamente, e Jeanne Calment giurava sull'olio d'oliva e il cioccolato, la vera domanda che dovremmo porci non riguarda tanto cosa mangiano questi individui straordinari, quanto piuttosto cosa evitano di mangiare. Gli studi più recenti dimostrano infatti che la longevità dipende molto di più dalle rinunce alimentari che dalle presunte ricette miracolose.
La dieta occidentale: una condanna a morte precoce
Lars Fadnes dell'Università di Bergen ha analizzato il Global Burden of Disease Study, uno dei database più completi al mondo, arrivando a conclusioni allarmanti sulla tipica alimentazione occidentale. I cereali raffinati, gli zuccheri aggiunti, la carne rossa e processata, insieme ai latticini consumati in eccesso, rappresentano una vera e propria sentenza di morte anticipata per 11 milioni di persone ogni anno. Al contrario, la carenza di cereali integrali, frutta fresca, verdure, noci e pesce nella dieta standard priva l'organismo dei nutrienti essenziali per una vita longeva.
I modelli matematici sviluppati dal team norvegese rivelano scenari impressionanti: una giovane americana di vent'anni, che normalmente vivrebbe fino a 80 anni seguendo la dieta tipica del suo paese, potrebbe raggiungere gli 89 anni semplicemente rivoluzionando le proprie abitudini alimentari. Questo significa guadagnare quasi un decennio di vita eliminando drasticamente carne, zuccheri, latticini e cereali raffinati, sostituendoli con cereali integrali, frutta, verdure, noci, legumi e pesce.
Non è mai troppo tardi per cambiare
La buona notizia è che questi benefici non sono riservati esclusivamente ai giovani. Una donna americana di 60 anni che decidesse di adottare questa dieta ottimizzata per la longevità potrebbe guadagnare oltre sette anni di vita, passando da un'aspettativa di 81,6 anni a 89 anni. Persino gli ottantenni possono conquistare qualche anno prezioso in più modificando radicalmente il proprio approccio al cibo.
Fadnes ha inoltre dimostrato che anche compromessi meno drastici producono risultati significativi. Chi non riesce ad abbracciare completamente la dieta ottimale può comunque beneficiare di un regime alimentare a metà strada tra quello occidentale e quello ideale, ottenendo comunque un prolungamento della vita, seppur minore.
I segreti nascosti dei super-anziani
Zhaoli Dai-Keller dell'Università del New South Wales ha condotto un'indagine affascinante sui veri segreti alimentari di migliaia di persone oltre i 95 anni, ancora attive e indipendenti in Asia orientale, Australia ed Europa occidentale. Questi "campioni dell'invecchiamento" si sono rivelati modelli di virtù alimentare: solo un quarto consumava alcol, e la loro dieta risultava equilibrata e diversificata, ricca di frutta, verdure, carne bianca, pesce e legumi.
Un elemento particolarmente significativo emerso da questa ricerca riguarda il consumo ridotto di sale tra i centenari. L'eccesso di sodio rappresenta infatti una delle cause principali delle malattie cardiovascolari, il killer numero uno a livello mondiale. Questa scoperta conferma l'importanza non solo di cosa si mangia, ma anche di come si condisce il cibo.
Il peso della longevità
Lo studio di Anne-Julie Tessier e Marta Guasch-Ferré della Harvard T.H. Chan School of Public Health ha seguito per tre decenni oltre 105.000 persone, dalla mezza età all'inizio della vecchiaia. Solo il 10% dei partecipanti è riuscito a raggiungere i 70 anni in condizioni ottimali: liberi da malattie croniche gravi, fisicamente in forma e mentalmente lucidi. La chiave del loro successo? Una dieta mediterranea mantenuta costantemente durante la mezza età.
La ricerca di Dai-Keller ha inoltre rivelato un aspetto cruciale: circa la metà delle persone sopra i 95 anni mantiene un peso normale, mentre un terzo risulta addirittura sottopeso. Tuttavia, quando si tratta di funzionalità quotidiana, essere leggermente sovrappeso (ma non obesi) può risultare vantaggioso rispetto al peso normale, mentre essere sottopeso aumenta del 25% il rischio di compromissione nelle attività quotidiane. Questo dato suggerisce che la restrizione calorica estrema, pur prolungando potenzialmente la vita negli animali da laboratorio, potrebbe compromettere la qualità della vita negli esseri umani, rendendo più difficile svolgere le attività quotidiane fondamentali.