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Altro che sole: i lettini UV devastano il DNA cutaneo

Una ricerca su Science Advances mostra che i lettini UV causano mutazioni diffuse del DNA, aumentando fino a 3 volte il rischio di melanoma.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 15/12/2025 alle 08:50

La notizia in un minuto

  • I lettini abbronzanti causano danni al DNA su quasi tutta la superficie cutanea, il doppio delle mutazioni rispetto all'esposizione solare naturale, con rischio di melanoma aumentato di 2,85 volte
  • Il danno molecolare si estende anche a zone normalmente protette dal sole come schiena e glutei, creando mutazioni precursori del melanoma persino in pelle apparentemente sana senza nei
  • L'OMS classifica i lettini abbronzanti come cancerogeni di classe 1 al pari di tabacco e amianto, con esperti che chiedono il divieto per i minori e avvertenze sanitarie obbligatorie

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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L'industria del tanning indoor ha vissuto negli ultimi anni una nuova stagione di popolarità, sostenendo che l'esposizione ai raggi ultravioletti artificiali non comporti rischi maggiori rispetto alla luce solare naturale. Una ricerca pubblicata su Science Advances il 12 dicembre demolisce definitivamente questa narrazione, dimostrando per la prima volta come i lettini abbronzanti causino danni al DNA su scala molecolare che si estendono praticamente all'intera superficie cutanea, ben oltre quanto prodotto dall'esposizione ordinaria al sole. Lo studio, condotto da ricercatori della Northwestern Medicine e dell'Università della California di San Francisco, rappresenta un punto di svolta nella comprensione dei meccanismi biologici che collegano l'abbronzatura artificiale al melanoma, la forma più letale di cancro della pelle responsabile di circa 11.000 decessi annui negli Stati Uniti.

Il progetto di ricerca è nato dall'osservazione clinica diretta del dottor Pedram Gerami, professore di ricerca sul cancro della pelle presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine e direttore del programma melanoma in dermatologia. Durante due decenni di pratica clinica, Gerami ha identificato un pattern ricorrente: un numero insolitamente elevato di donne sotto i 50 anni con diagnosi multiple di melanoma, tutte accomunate da una storia di utilizzo frequente di lettini abbronzanti. Questa osservazione ha innescato un'indagine sistematica su circa 6.000 cartelle cliniche, confrontando pazienti con storia di tanning indoor e individui di controllo mai esposti a questi dispositivi.

L'analisi epidemiologica ha rivelato dati inequivocabili: il 5,1% delle persone che avevano utilizzato lettini abbronzanti aveva ricevuto una diagnosi di melanoma, contro il 2,1% del gruppo di controllo. Anche dopo aver corretto statisticamente i risultati per età, sesso, storia di scottature solari e familiarità per melanoma, l'utilizzo di lettini abbronzanti risultava associato a un incremento del rischio di 2,85 volte. Un aspetto particolarmente significativo emerso dallo studio riguarda la localizzazione anatomica dei tumori: nei soggetti esposti a tanning artificiale, i melanomi si sviluppavano con maggiore frequenza in aree corporee normalmente protette dalla luce solare, come la parte bassa della schiena e i glutei, suggerendo un meccanismo di danno più pervasivo rispetto all'esposizione naturale.

Per comprendere i meccanismi molecolari alla base di questa maggiore cancerogenicità, i ricercatori hanno impiegato tecnologie avanzate di sequenziamento del DNA a singola cellula, analizzando 182 melanociti individuali – le cellule produttrici di pigmento da cui origina il melanoma – prelevati da biopsie cutanee di tre gruppi distinti. Il primo gruppo comprendeva 11 pazienti con lunga storia di tanning indoor, il secondo 9 individui mai esposti a questi dispositivi ma comparabili per età, sesso e rischio oncologico generale, mentre un terzo gruppo di controllo includeva campioni da 6 donatori cadavere. I risultati hanno mostrato che i melanociti dei frequentatori di lettini abbronzanti presentavano quasi il doppio delle mutazioni genetiche rispetto ai gruppi di controllo, con una probabilità significativamente maggiore di ospitare mutazioni specificamente associate allo sviluppo di melanoma.

Anche nella pelle apparentemente normale di chi usa lettini abbronzanti, in zone prive di nei, abbiamo trovato alterazioni del DNA che rappresentano mutazioni precursori predisponenti al melanoma

La scoperta più sorprendente riguarda la distribuzione spaziale del danno genetico. Come spiega Gerami, "nell'esposizione solare outdoor, forse il 20% della pelle subisce il danno maggiore. Negli utilizzatori di lettini abbronzanti, abbiamo osservato le stesse pericolose mutazioni su quasi l'intera superficie cutanea". Questa evidenza confuta direttamente gli argomenti dell'industria del tanning, dimostrando che l'esposizione controllata ai raggi UV artificiali non replica semplicemente gli effetti del sole, ma genera un campo di danno molecolare esteso a regioni corporee che in condizioni naturali rimarrebbero largamente preservate. Il dato più inquietante, secondo Gerami, è che "anche in pelle normale di pazienti che hanno utilizzato lettini abbronzanti, in aree dove non ci sono nei, abbiamo trovato cambiamenti nel DNA che sono mutazioni precursori che predispongono al melanoma. Questo non era mai stato dimostrato prima".

La componente umana della ricerca emerge con forza nella testimonianza di Heidi Tarr, 49 anni dell'area di Chicago, una delle pazienti che hanno donato biopsie cutanee per lo studio. Tarr ha utilizzato intensivamente lettini abbronzanti durante l'adolescenza – due o tre sessioni settimanali – spinta dalla pressione sociale e dai modelli estetici dell'epoca. Anni dopo, nella quarta decade di vita e ormai madre, ha scoperto un neo sospetto sulla schiena che si è rivelato essere melanoma. Da allora ha affrontato interventi chirurgici, anni di controlli regolari e oltre 15 biopsie aggiuntive man mano che nuovi nei apparivano. "Le biopsie possono essere dolorose, ma l'ansia mentale è peggiore", racconta. "Sei sempre in attesa della chiamata che ti dice che è di nuovo melanoma". La sua decisione di partecipare allo studio è stata immediata: "Valorizzo la scienza e volevo aiutare. Se quello che è successo alla mia pelle può aiutare altri a comprendere i rischi reali dei lettini abbronzanti, allora ha un significato".

Le implicazioni di questa ricerca vanno ben oltre la sfera scientifica, toccando questioni di salute pubblica e regolamentazione. Gerami sostiene con forza che l'utilizzo dei lettini abbronzanti dovrebbe essere illegale per i minori: "La maggior parte dei miei pazienti ha iniziato ad abbronzarsi quando era giovane, vulnerabile e non aveva lo stesso livello di conoscenza ed educazione che ha da adulta. Si sentono ingannate dall'industria e rimpiangono gli errori della loro gioventù". Il ricercatore propone inoltre che i dispositivi per il tanning indoor riportino avvertenze comparabili a quelle sui pacchetti di sigarette, ricordando che l'Organizzazione Mondiale della Sanità classifica i lettini abbronzanti come cancerogeni di classe 1, lo stesso livello del fumo di tabacco e dell'amianto.

Per chiunque abbia fatto uso frequente di lettini abbronzanti in passato, la raccomandazione clinica è chiara: programmare un esame completo della pelle con un dermatologo e discutere con il proprio medico la necessità di controlli cutanei periodici e continuativi, considerando che il danno molecolare può permanere per decenni dopo l'ultima esposizione.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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