Un gruppo di studiosi dell'Università del Colorado Boulder ha compiuto un passo significativo verso una nuova generazione di dispositivi per l'imaging ottico. La svolta arriva dall'utilizzo di un particolare tipo di prisma a base liquida, controllato elettricamente, capace di indirizzare fasci laser ad alta velocità senza ricorrere a componenti meccanici in movimento. Questa tecnologia potrebbe rivoluzionare non solo la microscopia, ma anche settori come le telecomunicazioni ottiche, i sistemi LiDAR e, soprattutto, lo studio del cervello umano in tempo reale.
Il cuore dell'innovazione risiede nei prismi elettrowetting, dispositivi che sfruttano uno strato sottile di fluido la cui superficie può essere modificata applicando una tensione elettrica. Darwin Quiroz, dottorando nel Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Informatica ed Energetica, insieme al collega Eduardo Miscles e al ricercatore senior Mo Zohrabi, ha dimostrato come questi prismi possano sostituire gli specchi meccanici tradizionalmente utilizzati per guidare i fasci laser nei microscopi di scansione.
La maggior parte dei sistemi attuali di scansione laser si affida a specchi mobili per dirigere la luce attraverso un campione, seguendo un percorso a griglia linea per linea. Sebbene questo metodo garantisca immagini ad alta risoluzione di cellule e neuroni, richiede un controllo estremamente preciso e rapido del fascio luminoso. I prismi a fluido rappresentano un'alternativa radicalmente diversa: modificando la forma del liquido attraverso impulsi elettrici, è possibile piegare e direzionare la luce senza alcun movimento fisico di parti solide.
Fino a oggi, questa tecnologia aveva mostrato limiti significativi in termini di velocità e capacità di scansione, restando confinata a movimenti unidimensionali o a frequenze troppo basse per applicazioni pratiche. Il team di Boulder ha superato questi ostacoli raggiungendo scansioni bidimensionali a velocità comprese tra 25 e 75 Hz, un traguardo che avvicina sensibilmente questi dispositivi all'utilizzo concreto in ambito clinico e di ricerca.
Una delle sfide principali, come ha spiegato Quiroz, è stata comprendere come pilotare il dispositivo per ottenere scansioni lineari e prevedibili, evitando distorsioni. La scoperta chiave è arrivata dall'identificazione di modi risonanti all'interno del prisma, simili a onde stazionarie, che possono essere sfruttati per incrementare ulteriormente la velocità di scansione. Questa intuizione ha aperto prospettive inaspettate per l'ottimizzazione del sistema.
Le applicazioni potenziali di questa tecnologia vanno ben oltre i laboratori di ricerca. Grazie alle dimensioni ridotte e all'efficienza energetica dei prismi elettrowetting, diventa concepibile l'integrazione in microscopi miniaturizzati abbastanza leggeri da poter essere montati sulla testa di un topo da laboratorio. Questo permetterebbe di monitorare l'attività cerebrale in tempo reale mentre l'animale si muove liberamente, aprendo scenari completamente nuovi nello studio di patologie neurologiche come il disturbo post-traumatico da stress o l'Alzheimer.
Il percorso che ha portato a questi risultati affonda le radici in ricerche precedenti condotte nei laboratori Gopinath e Bright, dove l'ex dottorando Omkar Supekar aveva inizialmente integrato un prisma elettrowetting in un sistema microscopico per scansioni unidimensionali. Quiroz e Miscles hanno esteso quella tecnica, sviluppando un protocollo completo per la calibrazione e caratterizzazione di questi scanner in molteplici contesti applicativi.
Il lavoro, pubblicato sulla rivista Optics Express, rappresenta un esempio significativo di come l'integrazione tra fisica e ingegneria possa generare soluzioni innovative a problemi complessi. Per Quiroz, che ha iniziato a lavorare con l'ottica durante gli studi universitari sviluppando magnetometri atomici, questa ricerca rappresenta l'evoluzione naturale di una curiosità sempre crescente verso l'interazione tra luce e materia.
Le prospettive future includono il perfezionamento di questi sistemi di imaging e l'apertura a collaborazioni interdisciplinari. L'obiettivo ultimo, secondo i ricercatori, è costruire strumenti che permettano di osservare e comprendere il cervello con modalità finora inaccessibili, trasformando radicalmente il nostro approccio alle neuroscienze e alla medicina diagnostica.