Una nuova ricerca condotta dall'Università di Utrecht rivela come il collasso della calotta glaciale dell'Antartico occidentale possa, in determinate circostanze, impedire l'arresto completo della Circolazione Meridionale Atlantica (AMOC), quel sistema di correnti che trasporta verso l'Europa settentrionale l'equivalente energetico di un milione di centrali elettriche – precisamente 1,2 petawatt di calore. Lo studio, pubblicato dal gruppo di ricerca guidato da Sacha Sinet, analizza per la prima volta l'interazione tra lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia e in Antartico e il loro effetto combinato su questa vitale circolazione oceanica.
L'AMOC funziona come un gigantesco nastro trasportatore: porta acqua calda superficiale dai tropici verso il Nord Europa, dove si raffredda, diventa più densa e sprofonda, per poi scorrere verso sud fino all'Antartico. Senza questo meccanismo, città come Londra e Parigi avrebbero inverni paragonabili a quelli del Labrador o della Siberia alle stesse latitudini. La comunità scientifica internazionale ha da tempo identificato lo scioglimento della calotta groenlandese come la principale minaccia per questa circolazione: l'acqua dolce e leggera proveniente dai ghiacci in fusione ostacola l'affondamento dell'acqua salata e densa dell'AMOC, rallentando progressivamente l'intero sistema.
Le conseguenze di un eventuale collasso sarebbero drammatiche. Secondo le proiezioni climatiche, ondate di freddo invernale potrebbero raggiungere i -50°C nell'Europa settentrionale – una prospettiva che questa settimana ha portato l'Islanda a dichiarare l'arresto dell'AMOC una minaccia alla sicurezza "esistenziale". Gli effetti non si limiterebbero all'Europa: la costa orientale degli Stati Uniti vedrebbe un innalzamento significativo del livello del mare, mentre il continente africano subirebbe siccità sempre più severe. Ricerche recenti hanno stimato che anche raggiungendo emissioni nette zero entro il 2075 e iniziando successivamente a rimuovere CO₂ dall'atmosfera, il rischio di collasso dell'AMOC si attesterebbe comunque attorno al 25%.
Ciò che rende particolarmente innovativo lo studio di Sinet e colleghi è l'inclusione del fattore antartico nell'equazione. Mentre la maggior parte delle ricerche si è concentrata esclusivamente sulla Groenlandia, la calotta glaciale dell'Antartico occidentale sta accelerando il proprio scioglimento negli ultimi decenni, con alcuni studi che suggeriscono un possibile collasso completo. Fino ad ora, però, l'effetto di questo fenomeno sull'AMOC rimaneva poco chiaro. Le simulazioni condotte dal team olandese dimostrano che il fattore determinante è il tempismo relativo tra i due eventi di fusione.
I modelli mostrano scenari radicalmente diversi a seconda della sequenza temporale. Se un flusso prolungato di acqua di fusione antartica raggiunge l'Atlantico contemporaneamente allo scioglimento massiccio della Groenlandia, l'effetto è semplicemente cumulativo e accelera l'arresto dell'AMOC. Tuttavia, se l'acqua antartica arriva circa un millennio prima del picco groenlandese, la corrente si indebolisce per diverse centinaia di anni ma poi si riprende gradualmente nei successivi tremila anni. In tutti gli scenari analizzati l'AMOC alla fine si è ripresa, ma questa fusione antartica anticipata ne ha impedito il collasso totale e accelerato la rinascita.
Il meccanismo fisico sottostante sembra legato a uno spostamento geografico del punto di affondamento dell'acqua densa. Quando l'acqua dolce proveniente dallo scioglimento forma uno strato superficiale attorno alla Groenlandia, la zona in cui l'acqua salata dell'AMOC sprofonda si sposta verso sud. Successivamente, mentre diminuisce l'afflusso di acqua dolce dall'Antartico, la corrente riacquista gradualmente forza. "Tenderei a dire di non affrettarsi a concludere che l'AMOC collasserà", osserva Sinet, aggiungendo però un avvertimento importante: "Ma ciò che mostro qui non cambia molto quello che accadrà nel prossimo secolo. Probabilmente non sarete vivi per raccontare se l'AMOC è stata stabilizzata o meno dall'Antartico occidentale".
Louise Sime del British Antarctic Survey sottolinea la rilevanza di questi risultati: "Non credo sapessimo fino a questo studio che esistesse la possibilità che i cambiamenti in Antartico potessero potenzialmente modificare così tanto gli impatti dello scioglimento della calotta groenlandese sull'AMOC". Tuttavia, la ricercatrice evidenzia la necessità di verificare queste conclusioni con modelli più complessi che includano effetti di feedback come i cambiamenti nei pattern dei venti, capaci di influenzare l'espansione del ghiaccio marino antartico.
Stefan Rahmstorf dell'Università di Potsdam, in Germania, ricorda però che anche nello scenario più favorevole, l'AMOC subirebbe comunque un declino del 60% e richiederebbe tremila anni per il pieno recupero. Inoltre, uno scioglimento drastico dell'Antartico occidentale provocherebbe un innalzamento del livello marino fino a tre metri, con l'inevitabile inondazione delle città costiere di tutto il mondo. Come nota lo scienziato tedesco: "Sfortunatamente non è una consolazione se una catastrofe potrebbe forse ridurre il rischio di un'altra catastrofe".