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ETH Zurigo svela la fisica nascosta nella schiuma della birra

Uno studio dell’ETH rivela che la stabilità della schiuma nasce da meccanismi fisici complessi, diversi per ogni stile birrario.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 01/12/2025 alle 08:35

La notizia in un minuto

  • La stabilità della schiuma birraria dipende da meccanismi fisici diversi a seconda dello stile: nelle lager prevale la viscoelasticità superficiale proteica, mentre nelle birre belghe Tripel dominano gli stress di Marangoni generati da gradienti di tensione superficiale
  • Sette anni di ricerca del Politecnico di Zurigo hanno rivelato il ruolo della proteina LTP1 e dimostrato che nelle birre belghe le proteine formano strutture differenti – da particelle sferiche dense nelle Singel a membrane reticolate nelle Dubbel
  • Le scoperte trovano applicazioni industriali inaspettate: dalla destabilizzazione di schiume nei lubrificanti per veicoli elettrici allo sviluppo di tensioattivi ecologici senza fluoro o silicio

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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La schiuma della birra rappresenta molto più di un elemento estetico nella tradizione birraria: è un sistema colloidale complesso la cui stabilità racchiude meccanismi fisici sofisticati che la scienza dei materiali soffici sta solo ora iniziando a comprendere appieno. Un gruppo di ricerca del Politecnico federale di Zurigo (ETH Zurich), guidato dal professor Jan Vermant, ha dedicato sette anni allo studio sistematico delle forze e delle strutture molecolari responsabili della persistenza della schiuma della birra, giungendo a conclusioni che sfidano le teorie consolidate e aprono prospettive applicative inaspettate ben oltre il mondo della produzione alimentare.

L'indagine, pubblicata sulla rivista specializzata Physics of Fluids, è nata da un'osservazione apparentemente banale durante una conversazione con un mastro birraio belga. Alla domanda su come controllasse il processo di fermentazione, il produttore rispose semplicemente: "Osservando la schiuma". Questa risposta pragmatica ha innescato un percorso di ricerca che ha rivelato come la stabilità della schiuma dipenda da meccanismi fisici radicalmente diversi a seconda dello stile birrario, contraddicendo l'ipotesi prevalente secondo cui le proteine fossero l'unico fattore determinante.

Nel dettaglio metodologico, i ricercatori hanno analizzato diverse tipologie di birre belghe ad alta fermentazione e lager svizzere, studiando le proprietà fisiche delle interfacce gas-liquido che costituiscono le pareti delle bolle. Per decenni, la comunità scientifica aveva attribuito la tenuta della schiuma principalmente agli strati proteici ricchi di sostanze derivate dal malto d'orzo, che formano pellicole attorno a ciascuna bolla influenzandone la viscosità superficiale e la tensione interfacciale. Gli esperimenti condotti dall'équipe di Vermant hanno invece dimostrato che questa spiegazione è incompleta e che la realtà fisica è considerevolmente più articolata.

Nelle birre lager, effettivamente, la stabilità della schiuma è governata dalla viscoelasticità superficiale, una proprietà che dipende sia dalla concentrazione proteica sia dal grado di denaturazione delle proteine presenti. Concentrazioni proteiche elevate producono film più rigidi attorno alle bolle, prolungando la durata della schiuma. Tuttavia, nelle birre belghe di tipo "Tripel" – quelle con il contenuto alcolico più elevato e la fermentazione più intensa – questo meccanismo ha un'importanza marginale. La stabilità in questi casi deriva principalmente dagli stress di Marangoni, forze generate da gradienti locali di tensione superficiale che inducono movimenti fluidodinamici lungo l'interfaccia liquido-gas.

Il fenomeno di Marangoni può essere visualizzato semplicemente osservando foglie di tè galleggianti su acqua: l'aggiunta di una goccia di sapone genera improvvisamente correnti vorticose che disperdono le foglie verso l'esterno

L'analisi comparativa delle birre belghe ha rivelato una gerarchia precisa nella stabilità della schiuma: le Tripel producono le schiume più persistenti, seguite dalle Dubbel, mentre le Singel – caratterizzate da fermentazione più lieve e minor contenuto alcolico – generano schiume significativamente meno durevoli. Questa gradazione non è casuale ma riflette differenze strutturali fondamentali nelle pellicole proteiche che avvolgono le bolle.

Nelle birre Singel, le proteine si organizzano sulla superficie delle bolle come particelle sferiche densamente impacchettate, formando quello che i fisici definiscono una sospensione bidimensionale – essenzialmente una miscela di fase liquida e particelle solide finissime distribuite su una superficie curva. Nelle Dubbel, invece, le proteine costruiscono membrane reticolate che conferiscono maggiore resistenza meccanica. Le Tripel presentano un comportamento ancora diverso: le loro bolle mostrano dinamiche simili a quelle stabilizzate da tensioattivi sintetici semplici, molecole comunemente utilizzate nell'industria per la produzione di schiume e detergenti.

Un ruolo cruciale in queste differenze è svolto dalla proteina LTP1 (lipid transfer protein 1), la cui struttura tridimensionale e concentrazione nei campioni belgi sono state accuratamente caratterizzate dal team di Zurigo. Questa proteina appartiene alla famiglia delle proteine di trasferimento lipidico, molecole relativamente piccole ma capaci di modificare profondamente le proprietà interfacciali dei liquidi in cui sono disciolte. La sua presenza e conformazione variano significativamente tra gli stili birrari, contribuendo a spiegare le differenze osservate nella stabilità della schiuma.

Come sottolinea Vermant, la stabilità della schiuma non dipende dai singoli fattori in modo lineare o additivo. Un approccio semplicistico che preveda, ad esempio, l'aumento indiscriminato della concentrazione di tensioattivi per incrementare la viscosità superficiale può paradossalmente destabilizzare la schiuma interferendo con gli effetti di Marangoni. "La chiave consiste nell'agire su un meccanismo alla volta, non su diversi simultaneamente", precisa il ricercatore. "La birra, per natura, fa questo egregiamente."

La collaborazione con uno dei maggiori gruppi birrari mondiali ha permesso al team di tradurre queste conoscenze fondamentali in strategie operative concrete per migliorare la qualità della schiuma. "Ora conosciamo il meccanismo fisico preciso e siamo in grado di assistere il birrificio nel perfezionamento della schiuma delle loro produzioni", afferma Vermant. È interessante notare che l'analisi di due lager svizzere di grande distribuzione ha rivelato prestazioni molto variabili: mentre una raggiungeva stabilità comparabile alle ale belghe, l'altra mostrava risultati inferiori alle aspettative, confermando che "c'è ancora margine di miglioramento".

Le implicazioni di questa ricerca si estendono ben oltre l'industria birraria, entrando in settori industriali apparentemente distanti. Nei veicoli elettrici, ad esempio, i lubrificanti possono formare schiume indesiderate che rappresentano rischi significativi per il funzionamento dei sistemi di raffreddamento e trasmissione. Il gruppo di Vermant sta collaborando con Shell e altri partner industriali per comprendere come destabilizzare efficacemente queste schiume problematiche applicando i principi fisici identificati nello studio delle birre.

Un altro obiettivo strategico della ricerca riguarda lo sviluppo di tensioattivi ecologicamente sostenibili che non contengano fluoro o silicio, sostanze attualmente ampiamente utilizzate ma problematiche dal punto di vista ambientale. "Il nostro studio rappresenta un passo importante in questa direzione", evidenzia Vermant. Il team sta inoltre esplorando l'utilizzo di schiume come vettori per sistemi batterici nell'ambito di un progetto finanziato dall'Unione Europea, e collabora con Peter Fischer, ricercatore specializzato in scienza alimentare presso lo stesso ETH Zurich, per studiare come le proteine possano stabilizzare la schiuma del latte.

La ricerca evidenzia come fenomeni quotidiani apparentemente semplici – come la schiuma su un bicchiere di birra – nascondano in realtà dinamiche fisiche complesse che richiedono anni di indagine sistematica per essere comprese. La metodologia sviluppata dal gruppo di Zurigo combina tecniche di reologia interfacciale, microscopia avanzata e caratterizzazione molecolare, dimostrando come la scienza dei materiali soffici possa fornire strumenti sofisticati per decifrare i segreti della materia quotidiana e tradurli in innovazioni industriali concrete. Come conclude Vermant, "esistono molti ambiti in cui le conoscenze acquisite dallo studio della birra si stanno rivelando utili", confermando che la ricerca fondamentale, anche quando motivata da domande apparentemente futili, può generare ricadute applicative insospettate e di grande rilevanza pratica.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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