Aggiornamento del 30/07/2025 alle ore 14:37 - Un portavoce di Meta ha voluto condividere con noi e con tutti voi lettori una dichiarazione ufficiale dell'azienda in merito alla questione:
“Offrire accesso gratuito alle nostre funzionalità di intelligenza artificiale su WhatsApp dà a milioni di italiani la possibilità di scegliere di usare l'IA in un ambiente che già conoscono, di cui si fidano e che comprendono. Stiamo collaborando pienamente con l'Autorità italiana garante della concorrenza”.
Di seguito la notizia originale
L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha scatenato una tempesta normativa contro Meta, accusando il colosso tecnologico di sfruttare illegalmente la propria posizione dominante nel mercato delle app di messaggistica per imporre il proprio servizio di intelligenza artificiale agli utenti di WhatsApp. La mossa dell'azienda di Mark Zuckerberg, che ha pre-installato Meta AI direttamente nell'app senza il consenso esplicito degli utenti, è finita nel mirino degli ispettori antitrust, culminando ieri con perquisizioni negli uffici italiani del gruppo. Si tratta di un caso che potrebbe ridefinire i confetti tra innovazione tecnologica e pratiche commerciali sleali nell'era dell'intelligenza artificiale.
L'offensiva dell'Antitrust: quattro società sotto inchiesta
Il procedimento istruttorio lanciato dall'AGCM colpisce quattro entità del gruppo Meta: Meta Platforms Inc., Meta Platforms Ireland Limited, WhatsApp Ireland Limited e Facebook Italy S.r.l. L'accusa è pesante e si basa sulla violazione dell'articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, quello che disciplina gli abusi di posizione dominante. La Guardia di Finanza, attraverso il Nucleo Speciale Antitrust, ha condotto ispezioni negli uffici di Facebook Italy S.r.l., raccogliendo documentazione che sarà cruciale per l'indagine.
La cooperazione con gli uffici della Commissione Europea sottolinea la dimensione transnazionale della vicenda. Non si tratta infatti di una questione limitata al mercato italiano, ma di una strategia globale che potrebbe influenzare la concorrenza in tutto il continente europeo.
Meta AI: assistente virtuale o cavallo di Troia?
Il cuore della controversia riguarda le modalità con cui Meta ha introdotto il proprio servizio di intelligenza artificiale. Da marzo 2025, Meta AI è stato pre-installato su WhatsApp senza richiesta degli utenti, posizionato in modo prominente nella schermata principale e integrato direttamente nella barra di ricerca. Questa scelta progettuale non è casuale: costringe gli utenti a confrontarsi quotidianamente con il servizio, anche quando non ne hanno bisogno.
Meta AI funziona come un chatbot generalista, capace di rispondere a domande di varia natura e di comportarsi come un assistente virtuale. La sua forza risiede nell'apprendimento continuo: più informazioni raccoglie dagli utenti, più le sue risposte diventano precise e personalizzate. Proprio questa caratteristica, secondo l'Autorità, rappresenta un rischio per la concorrenza, poiché gli utenti potrebbero rimanerne "funzionalmente dipendenti".
Il pericolo dell'effetto lock-in nel mercato dell'IA
L'Autorità Garante paventa uno scenario preoccupante per la libera concorrenza. Sfruttando la propria posizione dominante nel mercato delle app di comunicazione, Meta starebbe "trainando" artificialmente la propria base utenti verso il nuovo mercato dell'intelligenza artificiale. Non attraverso una concorrenza basata sui meriti del servizio, ma imponendo de facto l'utilizzo di Meta AI a milioni di utenti che usano WhatsApp per comunicare.
Il rischio principale identificato dall'AGCM è quello del cosiddetto "lock-in effect": una volta che gli utenti iniziano a utilizzare Meta AI e il sistema apprende le loro preferenze e abitudini, diventa sempre più difficile abbandonarlo per servizi concorrenti. Questo meccanismo potrebbe soffocare sul nascere la concorrenza in un settore, quello dell'intelligenza artificiale conversazionale, che rappresenta una delle frontiere più promettenti dell'innovazione tecnologica.
Una strategia che mette a rischio l'innovazione
La vicenda solleva interrogativi fondamentali sul futuro della concorrenza nel settore tecnologico. Se confermata, l'accusa dimostrerebbe come le Big Tech possano sfruttare la propria posizione consolidata in un mercato per conquistare illegalmente nuovi segmenti, danneggiando potenziali concorrenti che magari offrono servizi superiori ma non hanno accesso a una base utenti così vasta.
L'integrazione forzosa di Meta AI in WhatsApp rappresenterebbe quindi un caso paradigmatico di come l'innovazione possa essere distorta da pratiche commerciali sleali. Invece di competere ad armi pari con altri fornitori di servizi AI, Meta avrebbe scelto la scorciatoia dell'imposizione, sfruttando il fatto che WhatsApp è diventato uno strumento di comunicazione pressoché indispensabile per milioni di italiani ed europei.