Samsung sfrutta i lavoratori cinesi quasi quanto i fornitori

Un nuovo report pubblicato da China Labour Watch mostra come anche nelle fabbriche che Samsung possiede in Cina le condizioni di lavoro e gli abusi siano un problema molto rilevante. L'azienda sta lavorando per risolvere il problema.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

China Labour Watch ha esaminato sei fabbriche di Samsung e due dei suoi fornitori, individuando "gravi violazioni" sulle normative che regolano il lavoro di circa 24.000 persone. Otto stabilimenti in totale dove l'organizzazione non profit ha indagato per quattro mesi, proprio mentre Samsung verificava la condizioni di lavoro presso il proprio fornitore HEG Electronics, il primo ad essere finito sotto la lente di CLW.

Rispetto agli ormai numerosi precedenti questo nuovo report pubblicato da CLW presenta quindi una differenza rilevante: sei delle fabbriche esaminate appartengono direttamente a Samsung, che le possiede totalmente o con una quota di maggioranza assoluta. L'azienda coreana si trova così implicata in un modo molto più diretto di quanto fosse successo finora.

Dormitorio maschile di una fabbrica che fornisce Samsung

La lista degli abusi come sempre è lunga e angosciante: straordinari eccessivi e obbligatori, abusi fisici e verbali, fino a dodici ore in piedi (molte non pagate), discriminazioni per per età, sesso, provenienza e aspetto, la mancanza di sicurezza e così via. "Solo" in tre delle otto fabbriche China Labour Watch ha rilevato la presenza di lavoratori minorenni.

L'organizzazione ha riscontrato anche che in linea generale le condizioni di lavoro sono migliori presso le fabbriche possedute da Samsung che in quelle dei fornitori, dove per esempio si chiede agli operai di fabbricare un case per smartphone ogni 5 secondi, o dove si sceglie metodicamente di assumere donne perché le si paga meno. "La lista di violazioni illegali e inumane è lunga" si legge sul documento (PDF) pubblicato da China Labour Watch.

Un rappresentante di Samsung ha ammesso con Jung-Ah Lee (Wall Street Journal) che "a volte i lavoratori devono fare gli straordinari in alcuni stabilimenti, soprattutto quando introduciamo nuovi prodotti o costruiamo nuove linee produttive. Faremo una valutazione delle pratiche usate in quelle fabbriche". 

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Samsung come Apple ha quindi deciso di affrontare la questione, sebbene dopo essere finita sotto i riflettori. Come nel caso di Apple l'impressione (quasi certezza) è che l'obiettivo sia proteggere l'immagine aziendale, anche perché è difficile credere che una multinazionale abbia un qualche senso etico (di fatto è dimostrata la natura ossessivo-paranoica delle corporation).

In ogni caso, se il risultato sarà una vita migliore per chi produce smartphone e PC, ci si potrà dire soddisfatti, qualunque sia il guadagno che ne ottengano le aziende coinvolte. Il portavoce di CLW ricorda in ogni caso che gli abusi "non riguardano solo Samsung e sono un problema nell'industria elettronica". L'organizzazione ha cominciato da Apple per passare a Samsung, ma sulla sua agenda ci sono anche Dell, HP e Microsoft. Tutti i grandi nomi della tecnologia dovranno quindi affrontare prima o poi la questione, e possiamo solo sperare che gli altri si facciano furbi e la risolvano prima che arrivino gli investigatori di CLW.