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Pro
- Buone ambientazioni
- Sistema di combattimento appagante
- L'idea della forgia è accattivante
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Contro
- Tante ingenuità sparse un po' ovunque
- Decisamente derivativo
- Tende a diventare ripetitivo
Il verdetto di Tom's Hardware
Informazioni sul prodotto

Blades of Fire
Per i combattenti più abili, si dice che l'arma diventi un'estensione del corpo, un prolungamento dell'arto con cui compiere imprese straordinarie. Se poi tali strumenti d'offesa sono forgiati dallo stesso utilizzatore, il legame si rafforza ulteriormente, dando vita a qualcosa di unico.
Tale affascinante simbiosi tra guerriero arma è il fulcro di Blades of Fire, l'action-RPG che Mercurysteam e 505 Games lanceranno il 22 maggio su PS5, Xbox Series e PC. Un'opera che, dopo l'acclamato Metroid Dread, vede il talentuoso team spagnolo ritornare al genere che ne decretò la fama con Castlevania: Lords of Shadow. Sarà Blades of Fire capace di ravvivare l'ardore del primo Lords of Shadow, o le memorie riaffiorate saranno quelle, meno liete, del suo successore?
Una malvagia regina e un potente sortilegio
Blades of Fire prende luogo in un mondo fantasy dove una malvagia regina ha lanciato un incantesimo che ha trasformato tutto l’acciaio in pietra. Un qualcosa che le ha permesso di ottenere in fretta e furia il potere, dato che ha disarmato in un colpo solo tutti i suoi avversari. Solo i suoi seguaci possiedono infatti armi di tale materiale, rendendo l'esercito della regina troppo forte per qualsivoglia oppositore.
L’unico barlume di speranza rimasto all’umanità è Aran De Lira, potente guerriero nonché vecchio compagno di giochi della regina che ha inaspettatamente ottenuto il potere degli antichi maestri forgiatori. Grazie a tale abilità può teletrasportarsi in una fucina leggendaria, dove plasmare l’acciaio e dare vita ad armi di qualsivoglia forma e tipologia. Ad accompagnarlo nella sua impresa è Adso, un giovane studioso dei tempi che furono, quando i forgiatori avevano creato una florida civiltà prima di scomparire in seguito a una sanguinosa guerra. Il suo intelletto sarà utile sia per decifrare le scritte degli antichi che per analizzare i vari avversari che si metteranno in mezzo al cammino di Aran, trovandone i punti deboli. L’obiettivo di entrambi è ovviamente quello di mettere fine al regno del terrore della regina e liberare tutto l’acciaio del mondo dal suo sortilegio.
Un canovaccio che non si discosta molto dai classici del genere e che va anzi a toccare buona parte dei luoghi comuni del fantasy. Per chi è cresciuto tra un Il Signore degli Anelli e un Eragon, la sinossi e l’ambientazione di Blades of Fire sapranno insomma di già visto, con anche il gameplay che richiama ampiamente quello dei principali GDR di una decina di anni fa.
Le nostre ore in compagnia dell’ultima fatica di Mercurysteam passeranno quindi tra chiavi da trovare, scrigni nascosti contenenti artefatti per potenziare vita e vigore e combattimenti contro scheletri, troll, soldati cattivi e, più in generale, tutto ciò che ci si aspetterebbe di incontrare in un’opera del genere. Sotto tale punto di vista, insomma, lo studio spagnolo non ha osato più di tanto e ha anzi optato per elementi e situazioni conosciute e collaudate.
Forgiare la propria sorte
Il cuore pulsante del sistema di gioco risiede difatti nell’antica forgia, dove Aran De Lira può dare libero sfogo a tutta la sua abilità e dare vita a potenti armi. Inizialmente le possibilità saranno poche e limitate, ma nel corso del tempo l’arsenale che potremmo forgiare crescerà notevolmente. Per sbloccare nuovi progetti basterà infatti abbattere un numero sufficiente di nemici e ottenere così l’accesso alla creazione del loro strumento di offesa. Dopo una manciata d’ore potremmo quindi creare spade, spadone, alabarde, pugnali, asce e molto altro ancora, con la varietà che crescerà sempre più andando avanti nel corso del gioco.
Una volta scelta l’arma da creare, si dà il via un processo che ci consentirà poi di poterla finalmente usare per liberare il mondo dal giogo della malvagia regina. Il primo passo consiste nel decidere varie caratteristiche dello strumento, come ad esempio la sua lunghezza, la tipologia di punta, il baricentro e altro ancora. Ogni modifica influisce sulle caratteristiche dell’arma e le dona specifiche differenti, con il ventaglio di scelta che risulta discretamente ampio. Dopo aver fatto ciò, è necessario scegliere i materiali, con anch'essi che conferiscono differenti bonus. Un buon legno dona ad esempio una maggiore resistenza, mentre un acciaio più pregiato maggiori danni da taglio e così via. Ovviamente bisogna anche stare attenti a quali usare, dato che non è sempre possibile creare le armi il più potente possibile ed è necessario di tanto in tanto anche preservare i materiali a propria disposizione per il futuro.
Un’altra cosa da tenere in grande considerazione è poi il tipo di danno fisico che si vuole arrecare. Esso può infatti essere da affondo, da impatto o, ancora, da taglio, con ognuna di queste tipologie che meglio si adatta a differenti nemici. Ogni avversario che incontreremo nel nostro cammino è infatti contraddistinto da un’aura colorata che ne evidenzia le debolezze, con il verde che mostra ad esempio come l’arma a nostra disposizione sia particolarmente efficace contro tale sfidante, mentre il rosso denota che molto probabilmente non riusciremmo neanche a scalfirlo con quanto stiamo utilizzando.
Dopo essersi districati tra tutte queste opzioni e aver deciso cosa creare, prende il via un minigioco nel quale dovremmo percuotere il pezzo d’acciaio per dargli una forma simile a quella desiderata. Un minigioco inizialmente confuso, ma sul quale prenderete la mano dopo qualche prova anche infelice. Ottenere un buon punteggio durante la forgiatura è in ogni caso cruciale, dato che consente di dotare la nostra arma di una vita più lunga. Maggiore è il nostro livello di accuratezza in tale minigioco, infatti, più volte potremmo riparare l’arma prima di doverla gettare. Soprattutto quando dovremmo utilizzare un grande numero di materiali diventa quindi fondamentale ottenere un risultato il più alto possibile.
One man army
Una volta forgiato il proprio arsenale è ovviamente l’ora di provarlo con mano contro una delle innumerevoli amenità al servizio delle forze del male. Il sistema di combattimento di Blades of Fire prevede in particolare la possibilità di attaccare in una delle quattro direzioni cardinali, sferrando quindi fendenti dall’alto, dal basso, da sinistra o da destra. Un qualcosa di fondamentale sia per colpire le parti meno corrazzata degli avversari che per evitare anche di vedere i propri colpi sbattere sul muro. In un corridoio gli assalti laterali sono insomma fortemente sconsigliati. Non mancano poi manco la possibilità di schivare e di bloccare, con il mantenimento della posa di difesa che ricarica anche velocemente il vigore di Aran De Lira.
Un sistema di combattimento non perfetto, e che deficita ad esempio di una buona lettura della finestra del parry, ma oltremodo fisico e appagante. Ogni colpo andato a segno è infatti una vera e propria goduria, con i pesanti fendenti che fanno tremare lo schermo e vengono assorbiti dai malcapitati nemici con un feedback assolutamente soddisfacente. Una spettacolarità resa ancora maggiore dalle mutilazioni, che avvengono quando riusciremo a sconfiggere un antagonista con un singolo colpo caricato.
Dall’altro lato della palizzata il bestiario è tutto sommato vasto, anche se sono diverse le variazioni del medesimo nemico di base. Ognuno riesce però tutto sommato a dire la sua e ad offrire un modo diverso per essere affrontato, donando quindi una discreta varietà a quelli che sono gli scontri.
Una nota di demerito deve però essere fatta ai boss, non tanto per la loro natura o il loro stile di combattimento, bensì per la loro gestione. Blades of Fire abusa infatti del riproporre più e più volte i medesimi scontri usando le più svariate scuse, a partire dal negromante che fugge per ricaricarsi la vita fino al potente spirito immortale che svanisce dopo la sconfitta salvo venirci a rincorrere poco dopo. Un qualcosa di inizialmente accettabile, ma che diventa eccessivo poco dopo e che rovina l’essenza stessa degli scontri con i boss.
Un bel viaggio, ma con qualche inciampo
Una cosa in cui il titolo di MercurySteam colpisce sono le ambientazioni, davvero molto carine per quanto comunque anch’esse ampiamente derivative dell’immaginario fantasy. Castelli, villaggi, foreste, catacombe e accampamenti: il viaggio di Aran De Lira ci porterà un po’ ovunque, regalandoci di tanto in tanto anche qualche scorcio niente male.
Ad arricchire il tutto, visto il curriculum della software house spagnola, sono delle meccaniche da metroidvania e un level design che punta molto sulla verticalità e le interconnessioni tra le diverse zone di gioco. Passaggi segreti, cancelli sbloccabili, muri da abbattere e molto altro ancora ci consentiranno infatti di aprire shortcut su shortcut e facilitarci così la navigazione all’interno della mappa di gioco.
Un qualcosa di sicuramente pregevole e interessante, ma che non colpisce sempre nel segno. Talvolta non è infatti chiaro dove andare e anche gli indicatori, vista la verticalità delle zone, non risultano più di tanto utili. Considerando anche delle meccaniche non riuscite al 100%, come quella delle rune da attivare, è purtroppo evidente come la navigazione in Blades of Fire richiami senza troppi patemi la più celebre citazione di Catullo.
A rendere particolarmente fastidiosa l’esplorazione sono in particolare alcuni NPC che ci accompagneranno in determinate zone. Essi, oltre a essere particolarmente fastidiosi in quanto ci riempiono di battute ripetute fino allo sfinimento, la rallentano sensibilmente. Per quanto una leva o un pulsante necessari per proseguire siano in bella vista, infatti, è necessario attendere il loro discorsetto per poterli attivare, portandoci così a perdere tempo inutilmente.
Aspetto tecnico
Spostandoci infine sul piano tecnico, l’ultima fatica di MercurySteam riesce sicuramente a offrire una resa visiva di livello su PS5, con apprezzabili effetti particellari e un buon livello di dettaglio. Certo, non stiamo parlando di un qualcosa in grado di combattere ad armi pari con un AAA su tale punto di vista, ma è indubbio come il risultato complessivo non sia per nulla male. Un qualcosa di possibile grazie soprattutto a degli ambienti mai troppo ampi e scarsamente interagibili. Molto buona, infine, la pulizia del codice, dato che non ci siamo praticamente mai imbattuti in grossi bug o imprecisioni tecniche varie.