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a cura di Michele Pintaudi

Editor

Ancora pochi mesi e ci accingeremo a dire piano piano addio a questa generazione di console: un periodo ricco di titoli in grado di emozionarci, di nuove tecnologie tutte da provare e di "transizione" verso quella che promette di essere una vera e propria rivoluzione in ambito videoludico. Un tema forse fin troppo ricorrente in questa generazione, così come del resto anche in quelle precedenti, è stato quello legato alla cosiddetta "console war": lo scambio di pareri e visioni non sempre corretto tra possessori di console diverse tra loro.

Nel 2019 è però arrivato il momento di chiudere tutte le polemiche inutili e concentrarsi soltanto su ciò che è davvero importante: giocare, e soprattutto giocare divertendosi. Un punto su cui spesso verte questo genere di discussione riguarda le esclusive, e oggi noi di Game Division vogliamo rispondere nella maniera più onesta possibile ad un quesito: ha ancora senso oggi parlare di esclusive?

Esclusive tra passato, presente e futuro.

Nell'iniziare questa riflessione è doveroso fare un grosso passo indietro, almeno fino agli anni Novanta: un decennio nel quale, grazie a tutta una serie di elementi che abbiamo già analizzato a più riprese, il mercato dei videogiochi incontrò un vero e proprio boom. Una crescita esponenziale che ci collega direttamente alla nostra tematica di oggi: possiamo infatti affermare che la cosiddetta console war, nella sua forma più primordiale, nasce proprio in quest'epoca.

In questo periodo troviamo infatti un'incredibile scelta in ambito console: da Sega Saturn al Nintendo 64, passando per l'Atari Jaguar e la primissima PlayStation. Senza scendere troppo nel dettaglio su quelle che erano le specifiche tecniche dei singoli prodotti che cosa differenziava una macchina da un'altra, almeno dagli occhi di un giocatore? Con tutta probabilità i titoli a disposizione, quelle che oggi chiamiamo comunemente esclusive.

Un utente in possesso di una console Nintendo non poteva, molto banalmente, fare una partita a Crash Bandicoot, mentre chi comprò PSOne lo fece sapendo di poter mai gareggiare con gli amici su Super Mario Kart. Ecco dunque che si vanno a formare, in maniera praticamente naturale, dei veri e propri gruppi di fan: nascono inevitabilmente anche le etichette che tanto spesso sentiamo oggi come "nintendaro" e altri appellativi del genere.

Va in ogni caso tenuto conto di come, un po' per l'assenza di un'importante rete internet su larga scala e un po' per una minor voglia di conflittualità di fondo, questa console war non importava così tanto ai giocatori. La sola cosa importante infatti, era giocare.

Con la diffusione dei forum e in seguito dei social network la situazione cambiò: oggi è infatti molto, molto facile imbattersi in discussioni dai toni non sempre pacati su quale console primeggi sulle altre. La risposta, siamo sinceri, non esiste. Né Sony, né Nintendo, né Microsoft sono a tutti gli effetti "il meglio" in assoluto: lo sono per coloro che decidono di investire tempo e denaro nei loro prodotti, non necessariamente per tutti gli altri.

Le esclusive sono elementi discriminanti?

Il discorso delle esclusive è comunque divenuto sempre più importante in primis per le aziende stesse. Non è infatti un mistero come esse puntino sempre di più sul distinguersi dalla concorrenza proprio offrendo, secondo le loro possibilità, prodotti che mirano ad essere il meglio sul mercato.

Ma le esclusive sono davvero l'elemento che spinge un giocatore ad acquistare una console piuttosto che un'altra? Sì e no, non possiamo dare una risposta certa e definitiva a questa domanda. Da una parte vale infatti il discorso appena citato, in quanto spesso un utente affezionato ad una particolare saga o ad un particolare autore preferirà una console che risponda alle sue esigenze. L'altra faccia della medaglia mostra però un quadro molto più ampio di quel si può immaginare, all'interno del quale è evidente come una console non sia solo i giochi che può offrire.

Concorrono difatti tantissimi altri fattori, ognuno importante e fondamentale per la porzione di pubblico di riferimento. Stiamo parlando ad esempio di elementi come la gestione dell'esperienza dell'utente, i vari servizi online proposti o anche alle caratteristiche proposte a livello hardware e software, dalla potenza alla possibilità di sfruttare o meno la retrocompatibilità. Le esclusive, dunque, vanno a fare parte di questo gruppo di fattori determinanti senza diventare l'elemento discriminante per eccellenza.

Parlare di esclusive ha perciò senso, ma non in maniera assoluta: dobbiamo immaginare l’offerta proposta da una console come un puzzle, dove i titoli in esclusiva non sono altri che un singolo pezzo dell’intero mosaico. È l’esperienza complessiva, però, quello che conta davvero.

L’importanza delle esclusive emerge nel momento in cui due dispositivi risultano, in termini di prestazioni e prodotto offerto, pressochè identici tra loro. In un caso come questo avrebbe sì senso preferire una console all’altra al netto dei titoli proposti: si tratta però di fatto di una situazione utopica, in quanto due esperienze non saranno mai davvero completamente uguali tra di loro.

In conclusione è comunque innegabile come le esclusive, e tutto il marketing che le circonda sin da mesi o anni prima della loro uscita, saranno al centro anche della prossima generazione di console. Servirà del tempo per vedere in che forma si evolverà la situazione ma, dal punto di vista dei giocatori, questo può con tutta probabilità portare ad un punto molto semplice ma da non sottovalutare: nel momento in cui un’azienda investe sulla creazione di proprietà intellettuali di qualità, i giocatori hanno soltanto da guadagnarci ed è in quel momento che la scelta può essere determinata anche dai titoli presentati.

Giocatori che, notando l’atteggiamento più innovativo di una parte piuttosto che dell’altra, potranno decidere su cosa investire anche in ottica futura: chi innova oggi, infatti, può star certo che raccoglierà grandissimi risultati in futuro. E noi, da videogiocatori, non vediamo l’ora.

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