Techland, casa di sviluppo polacca nota per la serie Dying Light, ha deciso di abbracciare una filosofia completamente diversa, puntando su progetti più contenuti e tempi di realizzazione drasticamente ridotti. La strategia emerge chiaramente dalle dichiarazioni rilasciate durante la Summer Game Fest 2025, dove il team ha illustrato la propria visione per il futuro.
La genesi di Dying Light: The Beast rappresenta un perfetto esempio di questa nuova direzione creativa. Quello che inizialmente doveva essere un semplice contenuto aggiuntivo per il secondo capitolo della serie si è evoluto organicamente in un progetto indipendente di dimensioni considerevoli. Il director Tymon Smektala non nasconde l'entusiasmo per questa trasformazione, sottolineando come il team si sia reso conto di avere tra le mani qualcosa di molto più ambizioso delle aspettative iniziali.
"Un giorno ci siamo resi conto di avere per le mani un nuovo gioco", spiega Smektala, descrivendo il momento in cui la portata del progetto è diventata evidente. Il ritorno di Kyle Crane, protagonista del primo Dying Light, ha catalizzato lo sviluppo verso dimensioni che hanno reso inevitabile la trasformazione da DLC a titolo standalone. La campagna promette di eguagliare in termini di contenuti e qualità i capitoli precedenti della serie, mantenendo l'essenza dell'esperienza horror-parkour che ha reso celebre il franchise.
L'aspetto più interessante della strategia di Techland riguarda la drastica riduzione dei cicli di sviluppo. Considerando che sia il primo che il secondo Dying Light hanno richiesto sette anni di lavorazione ciascuno, l'obiettivo di pubblicare nuovi titoli ogni tre o quattro anni rappresenta un cambiamento radicale nell'approccio produttivo. Questa accelerazione non deriva da una pressione commerciale, ma da una riflessione maturata sul campo riguardo all'efficienza e alla sostenibilità dello sviluppo.
La compagnia polacca ha identificato in una maggiore attenzione e in un approccio più mirato le chiavi per raggiungere questo ambizioso traguardo. Non si tratta semplicemente di lavorare più velocemente, ma di ottimizzare i processi creativi e produttivi per eliminare le inefficienze che spesso caratterizzano i progetti di lunga durata. Dying Light: The Beast viene presentato come il banco di prova di questa nuova filosofia, il primo passo concreto verso un futuro caratterizzato da rilasci più frequenti.
La difesa che Smektala fa del progetto rivela una consapevolezza delle possibili critiche da parte della community. "Capisco che alcuni giocatori possano pensare: 'Oh, è iniziato come un piccolo progetto e ora lo fanno pagare a prezzo pieno, vogliono solo venderlo come se fosse il prossimo gioco'", ammette il director, anticipando le obiezioni di chi potrebbe vedere nella trasformazione da DLC a gioco completo una mossa puramente commerciale. Tuttavia, le sue parole suggeriscono una convinzione genuina nella qualità del prodotto finale.
L'evoluzione organica del progetto solleva interrogativi interessanti sul futuro dell'industria videoludica. Se Techland riuscirà a mantenere il ritmo promesso, potrebbe ispirare altri sviluppatori a riconsiderare i propri approcci produttivi. La tendenza verso giochi sempre più grandi e complessi, che richiedono investimenti temporali ed economici enormi, potrebbe non essere l'unica strada percorribile per creare esperienze di qualità.
Resta da vedere se questa strategia si rivelerà sostenibile nel lungo periodo e quale impatto avrà sulla qualità complessiva dei prodotti. La riduzione dei tempi di sviluppo potrebbe comportare giochi più contenuti in termini di dimensioni e ambizioni, ma questo non necessariamente si traduce in un peggioramento dell'esperienza ludica. Anzi, come suggerito dallo stesso Techland, progetti più focalizzati e mirati potrebbero rappresentare il futuro di un'industria che negli ultimi anni ha spesso privilegiato la quantità sulla qualità, creando aspettative difficili da soddisfare sia per i giocatori che per gli sviluppatori.