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PC Engine Core Grafx Mini | Recensione: la fuoriserie delle console mini

Ecco la nostra recensione del PC Engine Core Grafx Mini, la mini-console di Konami che ci permette di rigiocare a vecchie glorie in alta qualità.

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a cura di Alberto Martinelli

Al momento della stesura di questa recensione, il PC Engine Core Grafx Mini risulta ancora senza data di uscita presso il suo rivenditore ufficiale, Amazon.it. Le cause sono da imputare alla crisi produttiva dovuta al Coronavirus, che hanno inevitabilmente fatto slittare il lancio inizialmente previsto per il 19 marzo 2020.

PC Engine Core Grafx Mini, la fuoriserie delle console mini

Comprendere l’evoluzione della famiglia PC Engine è tanto affascinante quanto complesso, al punto che non basterebbe un articolo dedicato per raccontarne l’intera esistenza. È oltretutto una sistema che ha avuto una fievole diffusione sul nostro territorio, motivo per il quale negli anni è divenuto un oggetto di culto tra collezionisti e sostenitori del retrogaming. Ad ogni buon conto, la sua storia ha inizio con la nascita della prima console a cartucce (HuCard) di NEC Home Electronics, concepita in collaborazione con la software house Hudson Soft (Adventure Island, Bomberman) e lanciata in Giappone nel lontano 30 ottobre del 1987 con il semplice nome di PC Engine; da quel giorno, le sue impronte nel mercato dell’home entertainment sono state un susseguirsi di aggiornamenti hardware, add-on e stravaganti politiche distributive e di marketing, che ne hanno decretato un rimarcabile successo in terra d’origine e una difficile espansione nei territori occidentali.

Proprio in Occidente la console mosse i suoi primi passi nell’agosto del 1989, con il lancio dell’edizione americana, denominata per l’occasione TurboGrafx-16 e totalmente stravolta dal punto di vista del design (al punto che i ritardi nella produzione della scocca fecero slittare il lancio previsto nel 1988). L’Europa, all’epoca considerata il fanalino di coda nel mercato dei videogame, si dovette accontentare in prima battuta dell’importazione parallela (e per questo dobbiamo ringraziare i francesi), salvo poi accogliere una versione Pal, lanciata in pochissimi territori e in piccolissime quantità a cavallo tra la fine del 1989 e i primi mesi del 1991. Anche in questa occasione,  design e nome furono stravolti, dando vita al PC Engine Core Grafx, un TurboGrafx-16 camuffato in grado di leggere i giochi americani (non esistono giochi PAL) ma con il necessario downgrade ai 50hz del segnale video europeo (uscita AV).

Fin qui, la storia di questa console non ha nulla di così diverso rispetto alle sue concorrenti dell’epoca, ma se allarghiamo gli orizzonti dal 1987 al 1994 (anno della sua fine), scopriamo l’esistenza di ben 17 (ripeto, 17) varianti del PC Engine, che spaziano dai nuovi design agli aggiornamenti hardware (in alcuni casi significativi), passando per le unità CD-Rom (prima console a introdurlo nel 1988), i moduli Arcade (card ad espansione di memoria per i moduli CD-Rom) e le edizioni portatili, come l’intramontabile GT (o Turbo Express in US), un PC Engine tascabile a tutti gli effetti con schermo active-matrix LCD a colori, il più avanzato dell’epoca. Insomma, una gioia per i collezionisti dei tempi moderni, un incubo per imporre un modello di business sostenibile al di fuori del mercato casalingo.

Ma il PC Engine è una console stravagante anche nella sua collocazione storica. C’è chi la definisce una console di quarta generazione (era 16-bit), mentre c’è chi preferisca collocarla nella generazione precedente (8-bit). La realtà è che si sta parlando di un sistema nato ufficialmente nella terza era, ma che sotto certi punti di vista fece da apripista alla generazione successiva (il Sega Mega Drive, ad esempio, uscì a sua volta nel 1989 negli Stati Uniti, anticipando il PC Engine di sole due settimane). Il tutto è facilmente riscontrabile nella sua architettura originaria: CPU a 8-bit, ma con BUS e chip grafici a 16-bit. Le GPU erano quindi in grado di elaborare 512 colori, per una gestione a schermo di 482 colori in simultanea, 241 per gli sprites in primo piano e 241 per le immagini di sfondo. Il risultato fu straordinario rispetto ai suoi reali competitor dell’epoca (Nes, Master System), al punto che ad oggi il PC Engine è ancora considerato un punto di riferimento per gli amanti del retrogame d’annata fatto di sprites, pixel e palette colore.

Proprio ai giorni nostri, Konami ha sapientemente deciso di cavalcare l’onda dell’effetto nostalgia, annunciando l’uscita di un’edizione Mini della storica console NEC. Perché Konami? Perché oltre ad essere stata una delle software house più attive nella release dei giochi per PC Engine, è l’azienda che acquistò Hudson Soft nel 2012. La buona notizia è che il mercato europeo non è stato snobbato, motivo per il quale possiamo finalmente metter mano su un’edizione europea della console, giustamente battezzata PC Engine Core Grafx Mini.

Per chi avesse avuto un PC Engine europeo o giapponese, il concetto di console Mini dovrebbe essere familiare. Non a caso questa nuove edizione ha perso veramente pochissimo volume rispetto alla sua controparte  originale, arrivando a misurare poco meno dei 14cm per lato della scocca retrodatata, ovvero, 12cm per lato a fronte di un’altezza di 33mm (il peso è irrisorio: 140g la console). Si sta quindi parlando di un oggetto veramente piccolo, che può essere collocato ovunque, favorendo così il suo possibile alloggiamento al fianco delle altre console di casa.

Per contro, il pad ha mantenuto le sue dimensioni originali (peso: 125g), così come tutte le sue caratteristiche dell’epoca, dalla croce direzionale con appoggio alle diagonali ai due tasti principali (concavi), senza tralasciare i due selettori (uno per bottone) della funzione Turbo, che consente di eseguire ripetutamente un’azione tenendo premuto il tasto I e/o il tasto II. Il regolatore, oltre alla base di partenza (spento), può essere spostato su Rapido o Molto Rapido. Nonostante il presente parli di controller tondi e senza spigoli, il controller di questo PC Engine è ancora perfetto per la tipologia di titoli che offre, dimostrando ancora una volta – come fece in passato - che rispetto a quello del NES Mini è un passo avanti in termini di funzionalità (croce direzionale perfetta) ed ergonomia. In aggiunta, i designer di questa edizione hanno optato per un cavo lungo ben 3 metri. Sembrerà una banalità ma questa è la prima vera console della generazione Mini a favorire una corretta distanza dal proprio televisore.

All’interno della confezione, oltre a console e pad, sono disponibili un Mini cavo USB per gestire l’alimentazione, un cavo HDMI per il segnale audio/video (720p, 480p e PCM lineare) e un immancabile libretto di istruzioni. Tocco di classe, l’ingresso video è nascosto da un’aletta posteriore removibile uguale all’originale, con tanto di scritta EXT BUS. Nel PC Engine originale, dietro a questa aletta si nasconde un connettore PIN 3x23, grazie al quale è possibile accedere alla memoria interna da 1 MB, al bus dati a 8 bit, alle varie uscite audio/video ed alcune funzionalità di sistema. In passato, fu utilizzato dall’azienda stessa per facilitare la connessione con alcuni elementi aggiunti, uno su tutti il lettore di CD-ROM. Inutile dirvi che al giorno d’oggi è diventato il mezzo più rapido per realizzare dei cavi audio/video che permettano il collegamento ai moderni televisori senza dover effettuare modifiche alla scocca o scomode saldature, per non parlare dell’emulazione dei giochi su CD-Rom tramite dei lettori di schede SD.

Per chi volesse organizzare delle sfide da veri retrogamer, il giorno di lancio saranno messi in commercio anche i pad aggiuntivi e un multitap per favorire le partite a cinque giocatori (qualcuno ha detto Bomberman?). Quest’ultimo, come è giusto che sia, sarà una replica del TurboTap uscito a fine anni ’80.

Il PC Engine è da sempre una console dall’animo arcade. NEC e Hudson Soft non hanno mai nascosto il loro voler andare controcorrente rispetto a Sega e Nintendo, credendo molto nelle conversioni dei titoli da bar e lavorando spesso e volentieri al fianco dei publisher per favorire delle conversioni il più fedele possibili ai titoli originali. Di conseguenza, per quanto il PC Engine Mini spazi su più fronti, è innegabile come il genere degli shoot’em up (sparatutto) sia al centro della sua line-up. Accesa la console, ci si può trovare di fronte a ben 57 titoli (+ 5), suddivisi in due categorie: 25 titoli per TurboGrafx-16, quindi le edizioni per il mercato americano e in lingua inglese, e 32 in edizione originale rigorosamente in giapponese. Cosa significa? Che se da un lato possiamo anche tentare di portare a termine qualche gioco, dall’altra ci sono dei titoli letteralmente ingiocabili per un’evidente barriera linguistica, a patto di masticare la lingua dei samurai. In uno sparatutto si può anche soprassedere, ma giocare a un JRPG o a una visual novel come Snatcher (opera di Hideo Kojima) a colpi di ideogrammi è alquanto improbabile. Snatcher che, tra l’altro, riporta giustamente la dicitura CD-Rom sulla cover, come l’edizione originale, trattandosi di uno di quei titoli che fu favorito dal lettore di dischi venduto separatamente (o da una delle versioni della console con lettore integrato).

Nell’insieme, però, non si possono non notare delle vere e proprie conversioni con i fiocchi dell’era arcade, come Raiden, Galaga 88, Space Harrier (di SEGA) o l’intramontabile R-Type. E in questa folta schiera di “Shmups”, i meno avvezzi al parco titoli PC Engine noteranno dei prodotti più commerciali ma non per questo meno importanti come Daimakaimura (Ghouls 'n Ghosts), Bomberman ’94, New Adventure Island e Akumajo Dracula X Chi no Rondo, decimo capitolo della saga Castlevania, nonché prequel di quella perla rara che risponde al nome di Castlevania Symphony of the Night.

Dal punto di vista delle assenze, il primo gioco che mi viene alla memoria è Street Fighter II Champion Edition, probabilmente scartato per motivi di accordi con Capcom o, più semplicemente, perché visto e rivisto in ogni dove. Ad ogni modo, si sta parlando della miglior conversione dell’epoca, quantomeno fino all’arrivo di Super Street Fighter II su Super Nes. Altro prodotto che potrebbe aver subito la medesima sorte per motivi di accordi è Strider, uscito nel 94 e a sua volta uno dei migliori porting dalla versione Arcade. Chiudo citando il quartetto di giochi SNK lanciati sempre nel 1994, ma con un Neo Geo Mini in commercio sarebbe stato un autogol da parte di Konami.

Tornando alla line-up della console, vi segnalo che il conteggio dei titoli presenti sale a 62 grazie a cinque giochi “segreti”. Premendo il tasto Select durante l’avvio di Gradius e Fantasy Zone, è infatti possibile avviare una versione pressoché identica alle controparti Arcade. La stessa procedura è valida per Soldier Blade, ma in questo caso si avvia un’edizione del gioco mai rilasciata prima, denominata Soldier Blade Special Caravan Stage, che permette di giocare in modalità Easy, Normal o affrontare una sezione di 2 minuti dove scopo ultimo è il Top Score. Ci sono poi due ulteriori giochi segreti come nell’edizione giapponese, ovvero, Force Gear e TwinBee di Konami (avviabili entrambi da Salamander, il primo premendo due volte Select, il secondo premendo tre volte).

Altra chicca, scoperta grazie al magico mondo di internet, Ninja Ryukenden (il primo Ninja Gaiden), può essere avviato anche in lingua Inglese (o in Cinese), in modo da avere delle scritte comprensibili nelle cut-scene. Per farlo è sufficiente caricare il titolo e tenere premuto i tasti 1 e 2 nella schermata iniziale, per poi premere Select e tramutare gli ideogrammi in lettere.

A favore di un gameplay talvolta punitivo (vi sfido a finire alcuni titoli utilizzando solo il sistema di salvataggio originale), Konami ha ben pensato di introdurre un’opzione di salvataggio “facile” con la semplice pressione dei tasti Run e Select in simultanea. In questo modo è possibile salvare in qualsiasi istante, anche durante i filmati, in uno dei 4 slot disponibili. Insomma, se come me negli anni ’90 non siete mai riusciti a terminare alcuni giochi, ora avrete una scusa in più (e un aiuto concreto) per farlo.

Per chi mai volesse acquistare altre versioni della console Mini, vi segnalo inoltre che questa edizione europea (come quella US) include Splatterhouse americano (quindi quello censurato), mentre l’edizione giapponese include quello originale senza tagli. Nel PC Engine nipponico sono inoltre inclusi Tokimeki Memorial e il GDR Tengai Makyo II: Manji Maru, ma è sprovvisto di Salamander.

A conti fatti, la selezione di videogiochi proposta in questo Core Grafx Mini è completa e variegata. Chiaramente non potrà mai accontentare tutti i fan del PC Engine, ma per chi avesse sempre desiderato questa console o volesse anche semplicemente tuffarsi nell’era 8-bit all’ennesima potenza, qui c’è da giocare per settimane a una vagonata di titoli che probabilmente non avrete mai provato in vita vostra o quantomeno non con questa qualità. C’è un chiaro scotto da pagare per tutte quelle conversioni fedeli dei titoli originali giapponesi, ma era in parte inevitabile, per quanto alcuni di questi giochi siano disponibili per altre console (non Mini, specifichiamo), in lingua Inglese.

Giochi a parte, la console offre una dashboard di facile consultazione, molto intuitiva e che favorisce la carrellata di selezione dei titoli. Il sistema ha inoltre differenti opzioni tra le quali scegliere, come la lingua, l’immagine di sfondo o lo stile grafico dei menu, variabile tra PC Engine giapponese e Core Grafx. Immancabile la possibilità di regolare il rapporto dell’immagine, che può variare dai canonici formati 4:3 fino ai 16:9, che non consiglierei nemmeno al mio peggior nemico visto che snatura la grafica originale. C’è poi un’opzione di visualizzazione dedicata al PC Engine portatile, il GT, tanto evocativa per i possessori di questo gioiello da collezione, quanto inutile su un televisore moderno. Ergo, provatela giusto per farvi un’idea di cosa voleva dire avere una console così potente rispetto ai sistemi portatili dell’epoca. Sempre nella stessa schermata si può selezionare il Filtro CRT, che attiva le tipiche scanalature dei televisori a tubo catodico. Utile, ma non indispensabile (consiglio di non attivarla). Altro omaggio per i fan della console, quando si inizia a giocare con un titolo concepito per CD-Rom2, il tutto inizia con la riproduzione fedele del tipico suono di caricamento del disco.

Ultima nota per la chiusura il comparto sonoro. C’è sempre stata una grande diatriba sulla qualità sonora del PC Engine. Trattandosi di una console a metà strada tra la terza e la quarta generazione, è normale che i giochi abbiano un comparto audio quasi sempre migliore rispetto a quanto offerto dalla line-up del NES Mini, ma in taluni casi inferiore a Super Nes o Mega Drive. Ho specificato taluni perché ci sono dei titoli che nella storia di questa console hanno dimostrato di saper sovrastare i mostri sacri dell’era 16-bit, merito dell’upgrade sonoro dovuto al supporto CD-Rom di una parte della line-up. Sono sicuro che i neofiti della console resteranno senza fiato con le colonne sonore di alcuni titoli.

Voto Recensione di PC Engine Core Grafx Mini


9.4

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Buona qualità dei componenti (console e pad)

  • - 57 (+5) giochi tra i quali scegliere, e che giochi!

  • - Sistema di emulazione valido

  • - Possibilità di giocare fino a 5 giocatori con l’acquisto del multitap

  • - Finalmente un pad con un cavo lungo 3 metri

  • - Modalità di salvataggio “facile” per i neofiti

  • - Attualmente la miglior mini console

Contro

  • - Alcuni titoli sono ingiocabili per via della sola lingua giapponese

  • - Non sono previsti contenuti software aggiuntivi da scaricare

  • - Il secondo pad è venduto a parte

  • - 110 euro non sono pochi

Commento

In definitiva, scrivere questa recensione è stato un po’ come fare un tuffo nelle sale giochi giapponesi di fine anni ‘90, molto più di quanto lo sia stato con le altre console della linea Mini, dal NES al recente Mega Drive, passando per il Super Nes e la PS1. I motivi sono molteplici e possono essere declinati sia a un fan della console in questione, come il sottoscritto, sia ai neofiti che l’hanno sempre invidiata o l’hanno sempre e solo sentita nominare. Inutile citare la storia quando si parla di un prodotto che strizza l’occhio al retrogame, ma a differenza di altri prodotti, questo PC Engine Core Grafx Mini ha una marcia in più, limando i difetti che hanno condizionato i suoi concorrenti diretti. Un “must buy” a tutti gli effetti, nonostante i suoi 110 euro di prezzo di vendita.

Informazioni sul prodotto

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PC Engine Core Grafx Mini