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Shadow Corridor | Recensione, terrore imperfetto

Shadow Corridor incarna alla perfezione l'identità indie degli horror di stampo nipponico: basterà per il pubblico di Nintendo Switch?

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a cura di Pietro Spina

La paura può assumere molte forme, dalle più fragorose e soverchianti a quelle più subdole, striscianti, che stressano la nostra mente, portandola al limite. La paura può generarsi di fronte ad una terribile creatura mostruosa come può invadere ogni fibra del tuo corpo quando sei sospeso, in precario equilibrio, sul vuoto.

Secondo Shadow Corridor, la forma della paura è quella di una maschera Noh, caratteristica del teatro giapponese. Una maschera che cela le fattezze, l’espressività e la natura stessa di chi la indossa, e che in questo mondo digitale nasconde un potere enorme. O una maledizione.

La maschera tradizionale che Kazuki Shiroma (unico autore del gioco) ha scelto nel 2017 come scorciatoia per non modellare i volti dei suoi personaggi è il simbolo identificativo di uno dei titoli horror più curiosi e apprezzati tra quelli apparsi sulla scena indie nipponica negli ultimi anni. Oggi Shadow Corridor abbandona la sua natura di titolo gratuito per presentarsi in forma completa su console, grazie al supporto di NIS America, trasportando tutto il carico delle esperienze passate in un unico pacchetto completo.

Shadow Corridor si approccia al pubblico mostrando senza timore la sua natura di esperienza semplice, costruita sull’esplorazione di ambienti misteriosi (generati proceduralmente) in cui vagano creature dall’aspetto inquietante, pronte a porre fine alla vita di un giocatore alla costante ricerca della via d’uscita. Non c’è un reale incipit di trama in grado di spingere e motivare: si viene buttati dritti nella mischia, lasciando che i frammenti di narrazione seminati qua e là diano forma ad contesto altrimenti piuttosto conciso ed allineato alle dinamiche di gameplay. Non siamo di fronte ad un Silent Hill o un Fatal Frame, per capirci.

I primi momenti di gioco fungono da tutorial per questo titolo in prima persona: ci si muove attraverso le stradine di una cittadina giapponese tappezzata (curiosamente) da notizie preoccupanti in merito ad aggressioni e sparizioni, incappando in residenti ben poco felici di veder girare qualcuno nel proprio giardino. Nulla di eclatante, almeno fino a quando non entra in gioco un gatto nero con una campanella al collo. Il manuale dell’horror inviterebbe a starne alla larga, soprattutto se seguirne i passi conduce a tunnel senza luce, ma la tentazione è irresistibile.

L’ambientazione contemporanea cede il passo ad un mondo confinato nel passato, trasportando il protagonista in un luogo a lui totalmente sconosciuto in cui non sa come è arrivato e di cui non conosce la via di fuga. L’unica guida sono i messaggi di un misterioso individuo che si firma “K”, il quale svela che ogni livello può essere superato solo trovando tre pietre magatama da posare su un altare indicato dalla bussola, altro oggetto da trovare, così che venga aperta la via d’uscita.

Questo obiettivo all’apparenza semplice diventa una vera sfida a causa delle “apparitions”, creature spettrali che hanno l’unico compito di vagare per i corridoi alla nostra ricerca. Che si tratti di una dama che agita una campana o una terrificante creatura che si muove su una dozzina di braccia, lo scopo è non allertarli con rumori e luci, esplorando ogni stanza dell’edificio alla ricerca dei magatama o di oggetti utili alla nostra causa.

Inizialmente munito di un semplice accendino che gli consente di vedere qualcosa nelle sue immediate vicinanze, il giocatore deve imparare a muoversi e a orientarsi in ambienti generati randomicamente ad ogni partita, privato del supporto di una qualsivoglia mappa. Aprire ogni porta, stanza o cassetto non solo è vitale per trovare torce, chiavi o gli stessi magatama, ma è anche un modo per lasciare un segno riconoscibile del cammino compiuto - prima di trovare le pietre luminose, oggetti il cui scopo è essere poggiate a terra a memoria della strada già esplorata.

Ci si muove quindi con pazienza ed estrema attenzione, nascondendosi (magari in una cesta) ad ogni rumore percepito e riprendendo l’esplorazione solo quando il battito cardiaco si quieta, indicando che il pericolo è scampato. Pochi sono gli strumenti a disposizione per difendersi: i fuochi d’artificio distolgono per qualche tempo l’attenzione delle apparizioni, permettendo di muoversi alle loro spalle o guidarle verso stanze chiuse perché ne sfondino la porta, mentre le macchine fotografiche sono in grado di fermarle per un breve istante, consentendo la fuga. Purtroppo si trovano in numero molto ridotto, rappresentando quindi una soluzione estrema.

La tensione è estrema, asfissiante, e nessun soggetto agorafobico dovrebbe anche solo avvicinarsi a Shadow Corridor. Per coloro in grado di sostenere questa pressione, il gioco ha in serbo livelli che cambiano le carte in tavola, ideati sul concetto di fuga. In quei casi non è possibile aspettare anche all’infinito per venire a capo delle sfide, bisogna correre e leggere l’ambiente con rapidità, individuando elementi interattivi e strade che non conducano a trappole.

In questi frangenti il gioco cede un po’ a livello di presentazione, mostrando il fianco a livello tecnico. Se nelle situazioni più standard le atmosfere cupe e l’oscurità contribuiscono a rendere l’esperienza comunque intriganti, in queste occasioni invece l’enfasi sulle creature al nostro inseguimento espone i grossi limiti della produzione per ciò che concerne modellazione e animazione, per non parlare della feroce e a tratti ingiustificabile aggressione all’udito da parte delle urla delle apparizioni - ripetute ad alto volume in un loop della grazia pari a quella di chi suona il clacson in mezzo al traffico senza mai smettere. Tanta voglia di mettere il muto, non fosse che l’intensità delle grida è cruciale a determinare la vicinanza della creatura.

Tra corridoi silenziosi e roboanti (fin troppo) fughe, Shadow Corridor prova comunque a raccontarci una storia, usando delle cutscene molto semplici in cui i pochi personaggi (col volto coperto dalla maschera o comunque non visibile - regola aurea) gettano le basi per una fabula costruita tra dramma, incomprensione, redenzione e legami familiari, coinvolgendo il protagonista in modo sufficiente a farlo sentire parte attiva.

Si percepisce un po’ di scollamento tra gli eventi narrati e le dinamiche di gioco - in particolare perché la storia è stata scritta dopo la prima release gratuita - e anche i momenti che dovrebbero colpire di più il giocatore non vanno propriamente a segno per la mancanza di una vera e propria costruzione del contesto e cura del crescendo.

Shadow Corridor prova a rimediare con l’introduzione di una true ending che premia i più abili con maggiori dettagli sulla storia grazie ad un nuovo personaggio che altera sensibilmente gli eventi finali, trasformando e ampliando quella che è l’ultima sfida, anche a livello di gameplay.

Il risultato finale è comunque un po’ disconnesso dallo spirito centrale dell’esperienza, mostrando da un lato la voglia dell’autore di provare a far crescere la propria opera e dall’altro palesando le inevitabili difficoltà nel renderla coesa e coerente modificandola in corsa. La limitatezza tecnica, le imprecisioni grafiche e la rigidità delle meccaniche non aiutano quando si “esce dai corridoi” per fare qualcosa in più.

Il titolo nel complesso - e nella consapevolezza dei suoi limiti - è un’offerta comunque intrigante per i fan del genere, dipanandosi su più livelli di difficoltà (compreso uno più semplice che propone anche una mappa a schermo e nemici meno efficaci) per proporre tante sfide legate al completamento dei collezionabili o alla velocità con cui si completano i livelli. C’è tanto da fare e tante possibilità per migliorarsi con retry e nuove run.

Sagace a tratti nel mettere spalle al muro il giocatore, costringendolo a prendere scelte controintuitive come lanciarsi nel vuoto o attirare volutamente l’attenzione di un nemico, Shadow Corridor sfoggia orgogliosamente la sua anima indie in ogni momento, anche in modo inopportuno, a costo di allontanare il gamer occasionale - che potrebbe mal digerire le mancanze della produzione.

Voto Recensione di Shadow Corridor - Nintendo Switch


6

Voto Finale

Il Verdetto di Tom's Hardware

Pro

  • - Dannatamente inquietante

  • - Semplice ma efficacissimo

  • - Sfida impegnativa ricca di rigiocabilità

Contro

  • - Tecnicamente scadente

  • - Trama e gameplay a tratti disconnessi

  • - Estremamente di nicchia

Commento

Shadow Corridor arriva su Nintendo Switch sostenuto dalla reputazione di titolo molto amato nella sfera indie horror giapponese, presentandosi al pubblico occidentale in modo un po’ claudicante per via di limiti tecnici evidenti che purtroppo non sono compensati dal design di gioco. Le buone idee si ritrovano nei corridoi del concept originale, costruito sulla tensione asfissiante nell’esplorazione, mentre gli slanci di gameplay e narrativa - seppur stimolanti - mostrano troppo il fianco per essere considerati un plus nel disegno generale. Si tratta comunque di una produzione che è una chicca per gli appassionati dell’horror e al tempo stesso offre un’ottima sfida per gli hardcore gamer. Se il vostro affollato autunno da gamer ha uno spazio libero e la proposta vi intriga nonostante la sua poca raffinatezza, non ignoratela a prescindere.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Shadow Corridor - Nintendo Switch

Shadow Corridor - Nintendo Switch