Videogiochi meglio dei farmaci: più specifici e senza danni

Il fondatore della Neuroscience Imaging Center dell'Università della California sta lavorando per creare videogiochi che possano sostituire i farmaci. Fra i lati positivi l'assenza di effetti collaterali e la possibilità di concentrarsi su specifiche aree del cervello.

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a cura di Roberto Caccia

I videogiochi possono sostituire una determinata categoria di farmaci. Questa è la tesi di Adam Gazzaley, fondatore della Neuroscience Imaging Center dell'Università della California, a San Francisco.

Adam Gazzaley

Il ricercatore, che la settimana scorsa è intervenuto alla GPU Technology Conference di Nvidia, spiega che il suo centro non vuole estendere la durata della vita, ma arricchirla con migliori abilità cognitive. Per raggiungere questo scopo il centro sta usando videogiochi concepiti appositamente per essere indirizzati a specifiche aree del cervello, sostituendo i farmaci che oltre a colpire tutta la massa cerebrale provocano anche effetti collaterali.

"Sappiamo che i videogiochi hanno una grossa influenza sul comportamento. È ovvio. La domanda è: possono avere un impatto positivo? Possiamo pensare ai videogiochi oltre al semplice intrattenimento?", si domanda Gazzaley, convinto che i giochi d'azione complessi, coinvolgenti e divertenti possano essere strumenti in grado di modificare il modo in cui funziona il cervello.

Per questo motivo cinque anni fa il centro fondato da Gazzaley ha cominciato a collaborare con LucasArts per dare vita a Neuroracer, un gioco indirizzato a una delle maggiori debolezze dei più anziani: la capacità di gestire molteplici flussi d'informazioni in un ambiente ricco di distrazioni.

Una delle versioni preliminari di questo gioco richiedeva di guidare su una strada tortuosa, cercando di memorizzare i segnali da abbinare l'uno con l'altro senza uscire dalla carreggiata, con un livello di difficoltà che si adattava alla bravura del giocatore.

I videogiochi possono sostiture le medicine?

Tuttavia questa è stata solo la base di partenza che ha permesso di creare una startup, con la collaborazione di alcuni ex sviluppatori di LucasArts, e un obbiettivo: creare il primo videogioco mobile certificato dalla U.S. Food and Drug Administration. In parole povere: il primo gioco con prescrizione terapeutica.

"Oggi, nel 2014, se qualcuno ha un problema con la memoria si deve prendere una pillola che influenza tutto il cervello. Quello che spero di vedere entro il 2019 è di poter usare un numero sempre maggiore di videogiochi per attivare circuiti neurali con deficit, prendere i dati elettroencefalografici, darli in pasto al gioco e reintrodurli nel sistema per sfidare il cervello a lavorare in modo molto selettivo su specifiche protesi neurali", sostiene il ricercatore. Fantascienza o realtà? La risposta potrebbe arrivare prima di quanto immaginiamo.