48mila aziende tracciano un singolo individuo, incubo privacy

Un nuovo studio di Consumer Reports ha gettato luce sull'intricato scenario dei dati personali. Sapete dove vanno a finire? Chi li utilizza?

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a cura di Andrea Riviera

Managing Editor

Facebook ha da tempo rappresentato un rifugio digitale per condivisione di notizie personali. Ma quanto sappiamo davvero su chi accede ai nostri dati e in che misura? Un nuovo studio di Consumer Reports ha gettato luce su questo scenario, svelando un flusso enorme di informazioni provenienti da migliaia di aziende.

I dati emersi dallo studio rivelano che, in media, ogni utente contribuisce involontariamente a una rete di 2.230 aziende differenti attraverso Facebook. L'indagine coinvolgeva 709 volontari, e uno degli esempi più estremi mostrava che un singolo utente era legato a ben 48.000 imprese attraverso la piattaforma di Mark Zuckerberg. In totale, gli archivi di dati di Facebook annoveravano contributi da parte di 186.892 aziende, un panorama impressionante e, a tratti, preoccupante.

La metodologia dello studio coinvolgeva volontari che, con l'ausilio di The Markup, hanno estratto i propri dati utilizzando lo strumento "Download Your Information" di Facebook. Questi dati sono stati quindi condivisi con i ricercatori, che hanno rivelato come le informazioni personali e le abitudini d'acquisto degli utenti vengano utilizzate da aziende di ogni dimensione per servire annunci mirati sulla piattaforma.

Il cuore del processo risiede nell'utilizzo della piattaforma pubblicitaria di Meta (precedentemente nota come Facebook), dove le aziende caricano i dati dei clienti per ottimizzare le campagne pubblicitarie. La facilità di "microtargeting" ha portato a un dato sorprendente: su 96.000 aziende coinvolte, ben il 96% stava concentrando la propria attenzione su un singolo volontario.

Il rapporto ha rivelato che non si trattava solo di broker di dati, ma anche di giganti del retail come The Home Depot, Walmart e Amazon. Inoltre, sorprendentemente, aziende di dimensioni più ridotte, come una concessionaria automobilistica in una cittadina del Texas, erano altrettanto ben rappresentate, coprendo addirittura il 10% dei volontari dello studio.

Il 96% degli archivi dei partecipanti conteneva informazioni condivise da un importante broker di dati chiamato LiveRamp. Mentre la maggior parte delle aziende rimaneva anonima dietro combinazioni di caratteri senza senso, il controllo completo del consumatore da parte di LiveRamp solleva interrogativi sulla privacy e sulla portata globale di questa pratica.

C'è bisogno di una riflessione su come bilanciare la comodità dei social media con la protezione della nostra privacy digitale. Resta da vedere se questo report avrà impatti significativi sulle politiche di condivisione dati di Facebook e se gli utenti inizieranno a esigere maggiore trasparenza e controllo sulla propria privacy online. Ma onestamente ne dubitiamo.