Area Expo 2015. Cingolani: un polo tecnologico che il mondo ci invidierà

Il professore Roberto Cingolani dell'IIT spiega in un'intervista a Tom's Hardware il progetto del polo di ricerca scientifica del dopo Expo. Al centro delle ricerche ci sarà l'essere umano.

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a cura di Elena Re Garbagnati

È ormai deciso, l'area dell'Expo milanese, ha detto il premier Matteo Renzi, diventerà un polo internazionale di ricerca e tecnologia applicata, "un centro che metta insieme discipline diverse, dall'alimentazione alla robotica allo studio dei genomi del cancro, dove al centro ci sia l'uomo". Tom's Hardware ha intervistato il regista dell'operazione, lo scienziato Roberto Cingolani, direttore dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) che ha sede a Genova.

Roberto Cingolani

Professore Cingolani, come questo polo di ricerca potrebbe migliorare la nostra qualità della vita?

"Mi riferisco in questo momento a quello che si può definire una visione, ovvero una traccia dell'idea. A ottobre mi è stato chiesto dallo Stato un contributo d'idee quindi ho messo giù un documento di visione che trae origine dal piano strategico scientifico del mio istituto. Ho iniziato a lavorare sul capitale di idee e di tecnologie che noi abbiamo, allargando la visione a qualcosa di molto più grande.

Il progetto preliminare ha incontrato un buon riscontro da parte dello Stato, quindi mi appresto a costruire una proposta molto più completa, che nella mia idea coinvolgerà non solo IIT ma molte altre entità, indispensabili perché noi andiamo a sposare tecnologie che normalmente si parlano poco. Da una parte c'è la parte di biologia molecolare e la genomica, dall'altra il software e modelli computazionali sui big data, e poi ancora nutrizione e cibo. Prima di tutto IIT non può fare tutto, quindi è un fatto di competenze, secondo è inusitato il fatto di cominciare a mettere insieme competenze e pianeti che non si sono mai parlati fra di loro o che si sono parlati molto poco.

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Il vero punto di forza di questa visione è quello di dire 'proviamo per la prima volta – lo posso dire anche per il mondo non solo l'Italia – a mettere insieme aree e gruppi di interesse scientifico che operano anche con tecnologie simili però in domini completamente diversi. Per esempio la genomica si fa sul calcolo ma si fa anche sul cibo; l'analisi di questi dati dovrebbe essere condotta con tecnologie abbastanza simili, ma ognuno ha il suo target in mente. A nessuno è venuto in mente di dire 'la piattaforma comune è questa, i metodi di analisi sono comuni, cominciamo a vedere come l'insieme di nutrizione, neurodegenerazione, sostenibilità di quello che mangiamo o dell'ambiente in cui viviamo impattano su certe tematiche più ampie che poi toccano la salute'.

Il puzzle è molto grosso, sarei veramente velleitario se le dicessi che ci mettiamo mille persone e lo facciamo. No, questa è una cosa globale e se riusciamo a farla come spero darà uno standard anche a livello mondiale che sarà nuovo, è una sfida altissima con un'alta possibilità di fallimento perché non stiamo parlando di replicare qualcosa che esiste già.

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Detto questo il documento di visione fondamentale è quello di dire che se si deve fare un progetto molto ambizioso, non una roba che deve andare a 4 o 5 anni ma che deve andare lontano, ci si deve chiedere come scienziato per chi lo faccio e per cosa.  L'idea di partenza è che il nostro vuole essere un paese leader in qualcosa fra vent'anni, siamo bravi in certe cose – per esempio sulla manifattura – e lì dobbiamo incrementare ma continueremo a crescere, noi siamo un laboratorio che fa molta tecnologia per manifattura e robotica quindi in quello diamo già un contributo.

Bisogna ampliare la visione a qualcos'altro, quindi l'idea è stata quella di dire che l'Italia fra 20-25 anni potrebbe essere il Paese in cui la tecnologia ci rende leader globali in una cosa: l'esistenza dell'essere umano, la più alta aspettativa di vita, il migliore invecchiamento, quindi il posto dove si vive di più – già siamo il secondo Paese nel mondo – il posto dove si invecchia meglio. Arrivare a 110 anni è importante ma bisogna arrivarci bene, facendo le maratone a 90, guidando la macchina, leggendo.

Tutte le tecnologie che servono alla previsione di ciò che ci accorcia la vita (tipicamente cancro, e neuro degenerazione che ci peggiora l'invecchiamento) più le tecnologie al servizio di ciò che c'è intorno per rendere questa vita migliore, quindi riabilitazione, riabilitazione robotica, cibo e nutrizione. Tutte queste cose vanno fatte con tecnologie molto complesse che vanno dalla cartella clinica elettronica (sembra una banalità ma intanto facciamola) all'analisi di dati genetici enormi che vanno analizzati con modelli matematici potentissimi; diciamo una specie di Google applicato ai nostri database. Non solo i dati genetici di quando siamo nati, ma gli elementi che hanno concorso a modificarli (dove vivo, cosa mangio). C'è veramente da fare un lavoro immenso e mettere al centro l'essere umano come tecnologia. 

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L'idea di 2040, ossia di una data a 25 anni da oggi non deve sembrare lunga perché la politica scientifica di alto livello non deve dire cosa vogliamo fare per domani ma cosa vogliamo fare per il futuro, per i nostri nipoti o anche di più.

L'idea si raccorda un po' a Expo per vari motivi, e se vogliamo è un investimento sul made in Italy nel senso che il nostro è il paese dove la qualità della vita è la migliore del mondo se ci decidiamo ad essere un po' più seri e quantitativi. Sono convinto che sia una cosa culturalmente adatta a noi, tecnologicamente fattibile con uno sforzo enorme che richiederà l'aiuto di tutti.

Il copyright io lo metto su questa idea e su alcune tecnologie che noi sviluppiamo, è ovvio che questa visione va fatta con gli ospedali, con le università. È una cosa talmente grossa che nemmeno Google la farebbe da sola. Mi rendo conto che può essere vista come una cosa calata dall'alto, ma è una cosa dell'Italia che va vista come un'enorme opportunità".